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Il giardino è immenso e ben tenuto, mi perdo ad osservare tutti i fiori che costeggiano il vialetto di ciottoli che conduce alla porta d'ingresso. Le pareti della Villa sono color bianco sporco, si vede che è stata restaurata, ma non ha perso il suo fascino.

«Nina ti manca solo la macchina fotografica e sei il perfetto esempio di turista giapponese» mi dice Esme scocciata per il mio atteggiamento.
Non faccio in tempo a risponderle che una voce, fin troppo famigliare, ci interrompe.

«Le mie bambine, finalmente!»
Mi giro verso mio papà con un sorriso tirato. L'uomo davanti a me è sempre lo stesso, non invecchia mai. Indossa un abito elegante, i suoi capelli sono ben rasati ai lati e più lunghi sopra.
Enea si passa una mano tra i capelli color rame e sospira, mentre si mette in marcia per venire verso di noi.

«Ti sei sistemato bene» nella mia mente usavo un tono molto più gentile, ma ora mi è uscito soltanto una sorta di lamento.
Stupida Nina.

«Non mi lamento, com'è andato il viaggio?» ci chiede guardando verso Esme, che non l'ha considerato minimamente.
Mia sorella alza lo sguardo, per incontrare il viso di mio papà, è come vedere due pezzi di ghiaccio a confronto, nessuna emozione trapela dai loro volti.

«Bene, siamo arrivate ieri sera» dico cercando di distrarli da un possibile litigio «perché non ci mostri la casa?» gli chiedo gentilmente e lui sembra riprendersi.

«La vedrete più tardi. Ora andate a prepararvi per il pranzo.»
Si gira verso la porta e prosegue attraverso il vialetto che porta in casa, lo seguiamo entrambe senza aprir bocca, ma lui è già sparito.
Ci fermiamo sulla soglia della porta, non è casa nostra e come nonna Matilde ci ha insegnato, dobbiamo restare dove ci troviamo fino a quando il padrone di casa ci dice che possiamo accomodarci. 
Restiamo immobili ad aspettare e dopo qualche minuto una donna in tenuta da colf viene verso di noi.

«Buongiorno, io sono Alma e sono la governante di questa casa» ci saluta sorridendo.

«Buongiorno» rispondiamo in coro io ed Esme ricambiando il saluto e presentandoci.

«Vi mostro la vostra stanza, così potrete riposare e cambiarvi per il pranzo» inizia a camminare a passo svelto «Vi aspettavamo da un po' e siete in ritardo, gli invitati saranno qui tra un'ora» finisce di dirci, spalancando una porta.

«Grazie mille Alma, ci vediamo tra un'ora» la salutiamo.

Alma fa un cenno con la testa, mentre Esme entra nella stanza con la bocca spalancata.
Una volta dentro chiudo la porta per contemplare la nostra nuova camera da letto.

La stanza è immensa, sembra quasi che siano due camere messe insieme, le pareti sono ricoperte da una carta da parati color azzurro pastello e in argento sono raffigurati dei fiori, ai lati della stanza ci sono due letti da una piazza e mezza, con affianco una scrivania, un computer e un armadio, sembra quasi che la parte sinistra della stanza si rifletta con quella destra, come se ci fosse uno specchio.

Mi faccio una doccia per distendere i nervi e per prepararmi psicologicamente al pranzo che mi aspetta.
Conoscerò la nuova famiglia di mio papà e questo mi mette in agitazione, non sono tanto il genere di persona a cui piace fare nuove conoscenze.
Esco dal bagno, che si trova in un piccolo corridoio collegato soltanto alla nostra camera e, do il cambio ad Esme per darsi una sistemata.
L'armadio accanto al mio letto è pieno zeppo di vestiti, sembra abbiano svaligiato un negozio, ne prendo uno senza farmi mille paranoie su come possa starmi e lo indosso, è un abito lungo e abbastanza stretto sui fianchi e sul seno, è di un color nero mi lascia le spalle scoperte, facendo partire le maniche appena più sotto delle spalle, mi piace l'effetto che fa, si notano anche tutti i miei piccoli tatuaggi che mi ricoprono le braccia.
Mi sistemo i capelli, che mi arrivano appena sopra le spalle come meglio posso e poi mi metto un filo di mascara ed eyeliner.

«Esme, io sono pronta» le urlo dal corto corridoio che ci separa.
Mi specchio e stranamente mi piaccio, molto stranamente.

«Anch'io Nina. Come sto?» apre la porta con fare teatrale e mi fa una sorta di sfilata per mostrarmi l'abito da lei scelto.
Le sta davvero bene e risalta le sue curve, è un abito bianco che le arriva appena sopra le ginocchia. Il colore del vestito le fa risaltare la sua carnagione olivastra. 
Anche io vorrei avere una carnagione come la sua, ma madre natura non è stata dalla mia parte, io a differenza di Esme e di mio fratello Kevin, ho la pelle bianca, quasi come un cadavere, ma in compenso ho qualche lentiggine che mi colora il volto.

Bussano alla porta e sento il nervosismo impossessarsi del mio corpo.
Odio stare al centro dell'attenzione, soprattutto se so che le persone con cui dovrò avere a che fare sono degli sconosciuti che fanno, ormai, parte della mia famiglia.

«Signorine, gli ospiti stanno aspettando» dice Alma, aprendo leggermente la porta.

«Arriviamo subito, dacci due minuti» le risponde Esme, guardandomi con un sorriso dolce.
Alma chiude la porta ed Esme si avvicina a me per rassicurarmi.

«Nina, non succederà di nuovo. Non può più succedere» mi rassicura e la mia mente inizia a compiere un viaggio nel tempo, tra i ricordi più remoti.

Avevo dieci anni quando è successo, quando ho iniziato ad avere l'ansia alla consapevolezza di conoscere persone nuove, soprattutto se addestrate e che lavorano per mio papà. Avevo dieci anni quando durante un ricevimento d'affari, organizzato in casa mia, ho trovato mia mamma impiccata in camera da letto.
Ed è da quando ho dieci anni che cerco di non perdere di vista nulla, neanche un singolo, minuscolo particolare di quello che ho attorno.

«Hai ragione, non può più succedere, perché lei non c'è più» rispondo a mia sorella e mi dirigo verso la porta, prendendo un lungo respiro. 

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Ciao a tutti,
spero che il capitolo vi piaccia, se vi va votatelo. 


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