9. Darkness

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Il mio mondo mi era crollato addosso.
La felicità che credevo mi spettasse di diritto mi aveva tradito, lasciandomi in balia dell'oscurità.

Lacrime.
Lacrime su lacrime.
Mi rigavano continuamente le guance, ricordandomi ciò che avevo perso, ciò che in realtà non avevo mai avuto.

Ciò che mai avrei potuto avere, perché l'amore nello sguardo di San mi era parso così splendido, così reale, così puro.

Ciò di cui mi ero ingenuamente illuso.
Ero sempre stato lì davanti a lui e lui aveva sempre guardato altrove, senza mai vedere niente in me.

O forse era colpa mia?
Forse con il mio essere impacciato l'avevo scoraggiato, forse ero stato troppo preso dal nascondere i miei sentimenti da non capire che probabilmente avrei dovuto mostrarglieli, forse non gli avevo dato abbastanza.

O forse lui non mi aveva mai visto in quel modo, forse per lui ero sempre stato solo un amico.
Ma allora perché arrossiva alle mie parole?
Perché aveva ricambiato il mio bacio?

Non avevo nessuna risposta.
Solo tristezza.
E tanto, tanto dolore.

Ciò che rimaneva del mio cuore, quei piccoli frammenti, giorno dopo giorno, respiro dopo respiro, si laceravano ulteriormente.
E io non potevo fare altro che gridare e piangere.
Piangere fino a cadere in un sonno profondo.

Un sonno doloroso quanto la realtà, perché in esso San mi apparteneva, potevo sentire il suo calore, potevo stringerlo tra le mie braccia.
E quando mi svegliavo non c'era nessuno. Solo io, il mio cuore frantumato e il freddo.

Quel tipo di freddo che deriva dalla solitudine e dalla desolazione, un senso di abbandono e di perdita che non dimenticherò mai, che mi faceva tremare violentemente e piangere ancora più forte.

Ma il mio dolore non aveva ripercussioni solo su di me, e ciò rendeva tutto ancora più straziante.
Yeosang era dilaniato dal senso di colpa. Si riteneva responsabile della mia sofferenza, si incolpava per avermi illuso che San mi amasse.

Tuttavia sbagliare è umano, così come Yeosang.

Non ero arrabbiato con lui, ma non volevo vederlo. Non ero pronto ad affrontare il resto del mondo. L'oscurità mi aveva reso suo prigioniero, e la mia mente distrutta la vedeva come un rifugio.
Un rifugio dove potevo gridare tutto il mio dolore.

Yeosang però insisteva, bussava su quella dannata porta come se ne andasse della propria vita. Io gli urlavo di andarsene e non gli permettevo di entrare, e lui rimaneva lì, fuori dalla porta, gridando che gli dispiaceva, che era tutta colpa sua.

Stava lì delle ore intere, tutti i giorni.
Il suo pianto disperato faceva male, così male che avrei tanto voluto smettere di respirare per sempre pur di non sentirlo.
Piangeva a causa mia, e io non ero abbastanza forte per andare là fuori e abbracciarlo, rassicurarlo.
Sentivo il rumore del suo cuore che lentamente si spezzava, ma non potevo farci niente.

E quest'impotenza mi faceva sentire inutile e debole come mai mi ero sentito.

Un giorno però udii un pianto diverso fuori dalla porta di casa mia.

Non capivo. Yeosang se n'era andato da un po', eppure c'era qualcuno che lì fuori piangeva.
Placai i miei singhiozzi e rimasi in ascolto, poi la realizzazione piombò inesorabile su di me.

Smisi di respirare.
Il mio cuore perse un battito.
Era San.
Ne ero più che sicuro.

E il mio cuore martoriato mi spinse ad agire al richiamo di quella voce. Barcollando mi diressi verso la porta e l'aprii.

Lacrime calde mi rigarono le guance.
San era proprio lì, davanti a me.
Il mio sole, il mio tutto, il mio amore, era lì, gli occhi felini straziati dal pianto e un odore di alcool che non gli apparteneva, che non era da lui.

Faceva male vederlo in quello stato, così tanto male che la mia sofferenza passò in secondo piano.

"W-wooyoung i-io so che non dovrei essere qui m-ma t-tu sei l'unico e-" Lo strinsi in un abbraccio infinito, carico di dolore e nostalgia.

Il mio abbraccio si fece più stretto quando San scoppiò in lacrime fra le mie braccia, aggrappandosi alla mia maglia come se fosse l'unica cosa ad impedirgli di sprofondare in una voragine fatta di sofferenza.

E io in quel momento riuscii a pensare solo al fatto che finalmente San era di nuovo lì, tra le mia braccia, esattamente dove volevo che fosse.

Eri stato tu. La causa delle sue lacrime eri tu. Ti odiai come non avevo mai odiato nessuno. Con quale diritto lo avevi fatto soffrire, con quale coraggio?

San era l'essere più puro su questa terra, l'unico a non meritarsi niente di male, e tu lo avevi comunque fatto piangere.

Ero furente. Furente e avvilito.
Avvilito perché se solo San avesse scelto me sicuramente non avrebbe mai più versato una lacrima.

Eppure aveva scelto te, e ora eccolo lì, scosso dai singhiozzi e tremante tra le mie braccia.

Sapevo che non era giusto nei miei confronti, che mi stavo solo facendo ancora più male, ma come potevo lasciare l'amore della mia vita da solo in balia del suo dolore?

Semplicemente non potevo. Amavo troppo San.

E il suo pianto mi intossicava, impedendomi di pensare lucidamente.

Accadde tutto velocemente.
Baci improvvisi, lacrime che si mescolavano, vestiti che cadevano a terra.
Ed ecco che in poco tempo San era nudo sotto di me, che piangeva e mi pregava di distrarlo da quel dolore, di aiutarlo a dimenticare la sua sofferenza.

E io ero così inebriato da quelle sensazioni che avevo tanto bramato, dal sentire nuovamente la sua soffice pelle contro la mia, dal essere di nuovo con lui, che ignorai la voce nella mia testa che mi diceva di non farlo, ed entrai in lui con una spinta carica di passione. Avevo perso il controllo del mio corpo.

Tra una spinta e l'altra lo baciai di nuovo, soffocando i suoi gemiti, e piansi.

Piansi perché quello mi sapeva tanto di addio.

Please Love Him || WooSan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora