Capitolo 3

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La mattina dopo, come da copione, sia io che Giorgia ci ritrovavamo nei rispettivi letti ammalati.

«Siete fortunati!» disse mamma entrando in camera con una pezza bagnata «Poteva andarvi peggio.»

Mi mise la pezza bagnata sulla fronte.
Aveva ragione, eravamo stati fortunati.
Entrambi ci ritrovammo con la febbre a 39, la tosse e il raffreddore.
Ma ne era valsa la pena.

Passai tutta la giornata a letto tra un colpo di tosse e i brividi causati dalla febbre alta. Ma aspettavo anche un suo messaggio.
Controllavo ogni due secondi quel fottuto telefono sperando di trovare il suo nome sul blocco schermo.

Nulla.

Passai i successi tre giorni rinchiuso a casa.
Iniziavo a guarire, ma i pensieri che invadevano la mia testa mi torturavano giorno e notte.
Sapevo che tra me e Giorgia, dopo quel bacio, sarebbe cambiato tutto.
Avevo quasi paura a rivederla.
La mattina dopo, con un po' di timore, misi lo zaino sulle spalle ed andai a scuola.
Non sapevo se vederla sarebbe stato un bene o un male, ma corsi il rischio.
La lezione iniziò ma di Giorgia nessuna traccia, probabilmente era ancora ammalata.

Passai le sei ore di scuola a fissare quel banco vuoto accanto al mio immaginandomi che su quella sedia ci fosse lei. Con quei suoi capelli profumati, quei lineamenti che la rendevano perfetta e quel suo sorriso sempre sul viso.

Ah! Il suo sorriso.
Splenderebbe anche nella notte più buia.

Finite le lezioni decisi di farmi coraggio ed andare a trovarla a casa.
Suonai il campanello.
Sentii dei passi avvicinarsi.

«Ciao Alex» disse la madre di Giorgia
«Giorgia è in casa? Dovrei parlarle.»
«No mi spiace, è uscita giusto qualche minuto fa, non so dove possa essere andata.»
Salutai la signora Moser e mi diressi verso a casa.

Ero triste, deluso ed anche un po' arrabbiato. Volevo vederla, mi mancava.

Arrivai a casa e il mio cuore smise per un attimo di battere.

Giorgia era li.
In piedi con le spalle contro il muro accanto alla porta.

«Finalmente sei tornato da scuola.» disse sorridendo.
Si staccò dal muro e si avvicinò a me.

Un forte calore invase il mio corpo.
Mi abbracciò.
Sentii qualcosa di diverso in quell'abbraccio.
Non erano come gli altri.

«Scusa.» le sussurrai.
«Di cosa?» disse staccandosi dall'abbraccio.

«Di cosa?
Di tutto.
Di averti baciata.
Di aver probabilmente, con quel bacio, rovinato un'amicizia che amavo.
Ma io amo te.
Ti amo Giorgia.
E questo l'ho capito da quando la sera mi addormentavo col sorriso e con te come mio ultimo pensiero.
Quando eri te la prima persona alla quale volevo raccontare quello che mi era successo.
Quando era da te, solo da te, che volevo essere abbracciato.
Quando capii che un giorno senza te non valeva la pena di esser vissuto.» Qualche lacrima scese rigandomi il viso.

Non potevo crederci di aver detto quelle cose.
Non era da me.
Ora però mi sentivo più libero. Mi ero levato di un peso che portavo dentro da tempo.

Giorgia rimase immobile davanti a me.
Anche lei sorpresa di questa mia uscita.
Il suo silenzio faceva male, così male che fece scendere altre lacrime.
La superai e iniziai a salire i gradini che conducevano all'entrata di casa.

«Anche io.»
Quelle sue parole mi pietrificarono.
«Anche io cosa?»
«Anche io ti amo.» disse.

Oltre i confini dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora