Capitolo 6

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Finalmente era tempo di gite scolastiche.
Quest'anno la scuola proponeva un escursione in montagna.
Come ogni anno tutte le classi prime, accompagnate dai professori, erano costrette a subire ore di camminata sotto il sole cuocente o, peggio ancora, investiti dai venti freddi del nord.

Fortunatamente ci capitò una giornata soleggiata e non troppo calda.

Non mi dispiacevano le gite in montagna. La natura da sempre mi affascinava.
Sapeva mostrare le sue bellezze e contemporaneamente i suoi pericoli.

L itinerario della giornata prevedeva una camminata di un'ora e mezza/due fino al raggiungimento di una baita dove si sarebbe consumato il pasto.
A proseguire, per chi se la sarebbe sentita, ci sarebbe stata l'opportunità di raggiungere la vetta, mentre il resto del gruppo avrebbe aspettato alla baita.

Partimmo vogliosi di raggiungere la baita, ma sinceramente dopo 100metri mi sentii già esausto.
Praticavo calcio, è vero, ma la pigrizia prendeva sempre il sopravvento su tutto, tranne inseguire il pallone, quella era una grande passione.

«Che fai? Già stanco?» disse Giorgia vedendomi senza fiato.
«No no, macché.» ribattei «È che non voglio umiliare gli altri, mi fingo stanco per non superarli.»
Giorgia mi guardò perplessa dopodiché scoppiò a ridere.
Percorse quei pochi metri che ci separavano, prese il mio viso fra le sue mani e mi stampo un bacio sulle labbra.

Oh..La amo.

Finalmente arrivammo.
Le gambe facevano male.
Anche tutti gli altri compagni erano abbastanza provati dopo la lunga camminata.

La baita non era niente male.
Si trovava su un piccolo promontorio che dava sulla valle. Da li si poteva ammirare tutto il paesaggio.
Fortunatamente, prima di uscire di casa mi ricordai la Reflex che mi regalò mamma per il compleanno ed immortalai quel magnifico panorama.

«Questa la farò incorniciare.» dissi mostrandola a Giorgia e al resto della classe.

Modestamente me la cavavo con le foto. Sapevo quasi sempre cogliere l'attimo giusto. Mamma diceva che se non avessi sfondato come calciatore avrei potuto dedicarmi alla fotografia, ma ciò che serve oltre al talento è la passione, ed era proprio ciò che mancava a me.

Dopo averci concesso un po di libertà i professori ci radunarono tutti quanti attorno a loro per decidere chi sarebbe rimasto alla baita e chi sarebbe andato fino in cima alla montagna.

Io optai per rimanere alla baita, non me la sentivo di affrontare un'altra camminata.
Giorgia, invece, insieme ad Anna presero parte al gruppo che avrebbe raggiunto la vetta.

Con me alla baita rimare Diego a farmi compagnia, con lui il divertimento era assicurato.
Ci allontanammo leggermente dal rifugio per andare in un piccolo boschetto li vicino.
Ci venne la brillante idea ti arrampicarci su un albero per osservare meglio dall'alto tutto il panorama, ma quando, inconsciamente, sbagliai ad appoggiare il piede su di un ramo la situazione degenerò.

Mi svegliai sdraiato su un lettino dell'ospedale con la gamba ed il braccio destro entrambe ingessate.

«Ehi, buonasera dormiglione.» una voce femminile accolse il mio risveglio.
Era Giorgia, dai vestiti che portava capii che non era tornata a casa.
«Hai dormito tanto.» disse sorridendo.

«C-che cosa è successo?» dissi ancora un po' frastornato dagli effetti dei medicinali.

Giorgia chiuse la rivista che stava leggendo, si alzò dalla sedia e si avvicinò.

«Non ricordi proprio nulla?»
«Ricordo che io e Diego stavamo per raggiungere un boschetto, poi dopo non ricordo più nulla.» dissi.
«Diego ha detto che, nel salire l'albero, hai poggiato male il piede e se caduto giù, fortunatamente non eravate ancora così alti.» Sospirò «Mi hai fatto preoccupare tantissimo. Non sai quanto ho pianto quando tornando dalla cima della montagna la professoressa mi disse che ti avevano portato in ospedale in elicottero e che avevi perso conoscenza.»
«Non volevo farti preoccupare..» il viso di Giorgia si riempì di lacrime.
Non rispose. Si alzò e si sdraiò accanto a me sul lettino, mi baciò la fronte e finimmo per addormentarci entrambi li sul lettino.

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