Capitolo 6

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Ben tornati e grazie per essere qui a leggere la mia storia, se vorrete lasciarmi un commento sarà bene accetto. In copertina la prestavolto per Penny Haywood. Vi lascio al sesto capitolo, a presto e come al solito "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni"

Daniela E.

Capitolo 6

Un timido raggio di sole stava debolmente illuminando il paesaggio che circondava il castello, era tenue ma riusciva comunque ad estendersi sulle acque del Lago Nero fino ai primi alberi della Foresta e soprattutto a scaldare gli animi dei giovani adolescenti che quel pomeriggio di inizio Marzo avevano lasciato di buon grado i freddi corridoi e i libri scolastici per godere dei primi raggi di un sole ormai quasi primaverile. Tutti tranne Elanor Blair. Era sbucata fuori dai sotterranei come un serpente dalla propria buca e con l'umore nero si era avviata verso il campo di Quidditch pronta per l'allenamento, trascinandosi dietro il borsone e maledicendosi per avere inesorabilmente sempre un peso eccessivo da trasportare in giro per la scuola. Il pessimo umore di quel pomeriggio era dovuto al poco riposo di cui riusciva a godere nelle ore notturne a causa di quella maledetta foglia di Mandragola con la quale era costretta a dormire e che con il passare del tempo diventava sempre più noiosa, non permettendole di dormire bene e procurandole, di conseguenza, un possente mal di testa, oltretutto man mano che la scadenza dei trenta giorni si avvicinava Elanor aveva sempre più paura che la foglia scappasse in qualche modo al controllo della sua bocca, costringendola a ricominciare tutto d'accapo. Sbuffò sonoramente sperando di liberarsi al più presto di quella preoccupazione e potersi finalmente trasformare in animagus; si ritrovò distrattamente a pensare a come sarebbe stato trasformarsi in un uccello e volare libera nel cielo, magari in compagnia di Talbott, a quel pensiero le guancie si imporporarono, ma si costrinse ad assopire l'emozione che le attanagliava lo stomaco ogni volta che pensava al corvonero: se era vero che piaceva a Penny e che lui ricambiava, doveva toglierselo dalla testa. Il suo cattivo umore peggiorò ulteriormente quando in lontananza intravide un'esile figura ad attenderla sotto le arcate dell'ingresso del campo. Corpo esile, pelle bianca come la porcellana, lunghissime trecce nero corvino, un falso sorriso ad aleggiarle sul viso, la divisa perfettamente in ordine e soprattutto... cravatta rosso e oro e lo stemma dei Grifondoro bellamente in mostra sul mantello. Non ricordava mai il nome di quella ragazza, ma aveva perfettamente memoria della sua vocina acuta e fastidiosa.
«Ciao Blair!»
Appunto.
«Ciao... »
«Medison!»
«Medison, certo!»
«Ti aiuto a portare la borsa? Ti vedo affaticata» disse indicando l'enorme borsone che pendeva dalla spalla di Elanor.
«No, grazie! Ce la faccio da sola!» era certa che il mal di testa le sarebbe aumentato a dismisura.
«Bella giornata oggi, vero?»
Appunto.
«Perfetto per vedere un'allenamento di Quidditch!» la grifondoro aumentò l'estensione del suo falso sorriso, ma Elanor sapeva perfettamente quali erano le reali intenzioni della ragazza.
«Oggi si allena Serpeverde, tu sei una grifondoro»
«Appunto!» altro sorriso falso, forse anche con un pizzico di malizia.
«Devo andare, farò tardi all'allenamento! Buona visione... »
«Medison!»
«Medison, si!»
La ragazza stava per aggiungere altro, ma Elanor si fiondò all'interno del campo con la testa bassa e a passo di marcia.
La maggior parte dei suoi compagni erano già nel centro del campo, qualcuno chiacchierava, altri si passavano svogliatamente la pluffa; diede una veloce occhiata agli spalti, sapendo già cosa avrebbe visto: decine di ragazze di case diverse confabulavano tra sussulti e risatine giulive, erano lì per lo steso motivo della grifondoro Medison, e poco c'entravano le sorti nel campionato della casata verde/argento, tutte volevano la stessa esatta cosa; e quel qualcosa, o qualcuno, era mollemente adagiato con la schiena sulle travi di legno accanto all'entrata degli spogliatoi, le braccia incrociate sul petto e l'attenzione rivolta alla cercatrice davanti a lui tutta presa in una discussione su qualche tattica di Quidditch, visto il modo in cui lui annuiva pensieroso, le gambe, anch'esse incrociate, poggiavano sulla scopa che fluttuava ad un metro dal suolo, la solita espressione serena e rassicurante, le labbra corpose sollevate in un leggero sorriso e circondate da una leggera peluria, i capelli lunghi e scuri si muovevano delicati con la leggera brezza. Elanor sorrise osservando l'amico, anche al buio, anche in una tempesta, la sua aura avrebbe comunque brillato, era provvisto di una luce propria che andava ben oltre l'aspetto fisico, la sua personalità avrebbe potuto offuscare chiunque, le ragazze facevano follie per il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, Orion Amari.
Lui intercettò lo sguardo di Elanor e sorrise maggiormente, lei ricambiò ma mentre si avvicinava si ricordò della ragazza incontrata all'esterno: «Orion, quella ragazza con le trecce di grinfondoro, mi ha fermata ancora!»
«Medison?»
«Si!» non sapeva se la infastidiva il fatto che lui ricordasse il nome di tutte le sue spasimanti, il che significava ricordarsi di quasi tutte le ragazze di Hogwarts, o che lui fosse sempre perennemente tranquillo, in qualunque situazione, mentre lei non lo era affatto: non le importava della vita privata e sentimentale di Orion, ma lui aveva la "cattiva" abitudine di cedere di tanto in tanto alle avance delle fanciulle e che queste diventassero particolarmente appiccicose e tentassero continuamente di approcciare qualunque membro della squadra che potesse in qualche modo farle nuovamente avvicinare al Capitano, di tanto in tanto qualcuna si lasciava anche andare a scenate isteriche; il peggio si era raggiunto un mese prima, quando una ragazza di Tassorosso del quinto anno aveva minacciato di gettarsi dagli spalti del campo da Quidditch al termine di una partita, perché Orion era l'amore della sua vita ma proprio non lo capiva. Elanor decisamente non voleva ripetere l'esperienza, anche perché se tutte le ragazze che lui circuiva con il suo fascino e poi mollava, volevano uccidersi per lui, la popolazione femminile di Hogwarts si sarebbe decisamente dimezzata.
«Le parlerò, non preoccuparti!» esordì Orion con la sua voce melliflua. Elanor sbuffò, indecisa se la cosa fosse positiva o potesse solo peggiorare la situazione. Si avviò all'interno degli spogliatoi sperando che la giornata passasse alla svelta, il mal di testa stava peggiorando sempre più, ovviamente non aveva ancora incontrato Skye Parkin. Sembrava la stesse aspettando, seduta su una panchina con indosso la divisa da Quidditch, si alzò di scatto quando la vide entrare e senza neanche salutarla andò dritta al punto: «Devo parlarti!» e quando Skye esordiva così c'era decisamente da preoccuparsi, voleva dire che il danno era ormai fatto ed era irrimediabile.
«Sarò diretta, senza fare troppo giri inutili di parole!»
Elanor sbuffò ancora una volta e iniziò a massaggiarsi le tempie.
«La Rath ha scoperto delle voci che giravano su di lei e sul fatto che sospettavamo che avesse rubato la Comet»
«Tu, sospettavi di lei!» precisò Elanor.
«Si, ma lei questo non lo sa. Crede... crede che sia stata tu!» Sky parve perdere un po' della sua freddezza e per qualche secondo abbassò lo sguardo, poi lo riportò velocemente sulla compagna: «Ha detto, parole sue, che vuole staccarti la testa con un bolide. Oggi pare l'abbiamo vista allenarsi a fare a pezzi i manichini di allenamento!»
A furia di sbuffare le sarebbe andata via tutta l'aria dai polmoni, possibile che in quella scuola non si potesse avere un attimo di pace?!

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