The red rose ¥ sequel The red hole

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17 Gennaio 2019

Lecco svogliatamente il dito che mi sono appena sporcata di sugo con lo sguardo perso nella pentola nella quale sto mischiando il contenuto col mestolo.
Sono tre giorni che ho ripreso a mangiare, ho perso due chilogrammi in soli cinque giorni.
Sono già passati cinque giorni dall'incidente al Central Park, anche se ad essere onesta, il tempo sembra essere trascorso così lentamente, come una lama trafitta ogni minuto sempre più in profondità nel petto. Mi sono lasciata andare al dolore chiudendomi in me stessa e devo dire che mi sono resa conto prima di quanto avessi immaginato di dover rialzarmi pian piano e proseguire con la mia vita.
Continuo a necessitare di un lavoro.

Havana ha chiesto sia al suo ufficio che in quelli di alcuni suoi avvocati conoscenti, ma nulla da fare, nessuno di loro assume personale al momento.
Nick nemmeno può aiutarmi con la polizia e George con i bar è un concreto no, mi da come l'impressione del Hole, anche se non è per niente la stessa cosa. Non ho comunque voglia di essere squadrata in continuazione ed occhiata in bene o male da qualsiasi passante o cliente.

Da ieri mi è tornato in mente Axel. Lui ha una propria attività qui a New York e potrei anche fare un tentativo chiedendo se conosce qualcuno che voglia assumermi come segretaria o qualcosa del genere. Quel che mi frena è il modo in cui l'ho appeso ad un palo, senza dare più segni di vita. Non gli ho più nemmeno risposto a quel messaggio.
Eppure sono così disperata al momento. Mi sono rimasti veramente pochi spiccioli e non voglio essere cacciata via dal mio monolocale, la vita per strada non fa veramente per me. E nemmeno dovermi trasferire del tutto a Marblehead.

Dopo essermi bruciata un piccolo lembo di pelle della mano con la pentola ed aver maledetto ogni cosa che mia sia passata per la mente, mi spalmo un po' di crema di Aloe Vera sulla ferita e soffio mentre con l'altra tengo il telefono tremante all'orecchio aspettando che il continuo squillo cessi e risponda.
Risponderà? Meriterei il contrario.

"Pronto?" ha risposto. Rimango per un po' in silenzio, presa alla sprovvista dalla sua risposta, dimenticandomi anche il motivo per il quale l'ho disturbato "Daiana, lo so che sei tu"

"Scu—scusami" balbetto schiarendomi la gola "è che non mi aspettavo mi rispondessi onestamente"

"Era quella l'intenzione, ma non sono riuscito a trattenermi" rimango ancora una volta in silenzio osservando i fiocchi di neve che si ridimensionano "perché hai chiamato?"

" Ho bisogno del tuo aiuto. So che non ne ho per niente il diritto e se non vorrai aiutarmi capirò benissimo e non ti biasimerò"

"Di cosa si tratta?" okay, non mi aspettavo nemmeno questo. Non prova più rancore come un tempo.

"Sto disperatamente cercando lavoro. Conosci qualcuno in cerca di una segretaria o qualsiasi cosa? Tranne barista o cameriera, per favore"

"Vieni tra un'ora al Monet Restaurant, è proprio accanto alla mia palazzina. Vedo cosa posso fare"

Non mi da nemmeno il tempo di ringraziarlo o salutarlo, riattacca immediatamente. Come già detto, me lo merito.
Mi devo sbrigare a prepararmi. Mi sono persino cucinata il sugo per la pasta, non mi resta altro che lasciarlo per questa sera.
Ho perso velocità di organizzazione in questi giorni di pigrizia e depressione e ci metto più del dovuto per prepararmi, spero solo la metro non sia affollata.
E invece è più che affollata ed impiego un'ora e mezza ad arrivare, spintonando a volte le persone, per sbaglio, ma senza far cadere nessuno, per fortuna.

L'hotel è meraviglioso e capisco perché prende il nome dell'artista Monet, è tutto in suo stile. I paesaggi in tema Impressionista che decorano i muri dell'entrata da ambo i lati, quasi ti catapultano nell'epoca in cui lo stesso Monet li ha creati. Conosco molta storia dell'arte grazie a mia madre e Monet è sempre stato uno dei miei preferiti. Molte persone dovrebbero imparare ad apprezzare di più l'arte, ma purtroppo o per fortuna non è per tutti.