Fantasmi

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Sul tardi abbiamo avuto modo di mangiare qualcosa, ognuno nella propria stanza seduto sopra il proprio letto. Non c'era spazio per poter far sedere più di venti persone tutte assieme; penso che nessuna casa abbia lo spazio per fare una cosa del genere, ad eccezione di qualche riccone pieno di soldi. Ma ormai c'è stata una guerra, e se lo stato del resto del mondo è come qui ora quei soldi sono andati sprecati, così come l'ipotetica sontuosa sala da pranzo per oltre venti persone.

L'atmosfera era un po' deprimente ma almeno nella mia stanza ci sono solo io, gli altri letti sono vuoti, quindi se non altro ho modo di stare in privato senza nessuno che mi disturbi. Courtney mi ha raccontato che c'erano altre due persone qui dentro, ma sono state uccise durante uno scontro con un gruppo di razziatori che si atteggiano da mafiosi. Il pasto in se era modesto: della carne di coniglio, delle erbe che non so riconoscere e del sugo di qualche giorno prima. Non era male e a detta loro noi siamo tra i più fortunati, quindi è meglio esserne grati anche avesse fatto schifo.

Il letto in compenso è piuttosto comodo, estremamente banale esteticamente con le sue lenzuola e cuscino bianchi, ma fa il suo dovere. Tutto sommato ho dormito bene, senza dubbio meglio di dormire fuori all'aperto: niente vento, freddo o animali selvatici.

Ora che ci penso, non ho idea di che giorno sia o che mese. È normale che ci sia caldo? Siamo quindi in estate? O le conseguenze della guerra hanno talmente stravolto il clima da rendere le stagioni irriconoscibili? In ogni caso, ho tempo per scoprirlo.

Stanotte ho fatto un sogno. Era da un po' che non ne facevo. Non era un altro di quegli strani sogni pieni di lettere e numeri, ma era un sogno più normale: il cielo era limpido e il sole riscaldava anche l'animo, mi trovavo in una montagna ricca di cespugli secchi in contrasto con dell'erba verde sotto i miei piedi, e in fondo ad un sentiero sterrato davanti a me si vedeva il bordo di una scogliera e un uomo era lì in piedi a fissare l'orizzonte.

Decido di avvicinarmi per vedere cosa guarda con tanta concentrazione. Era un uomo dai capelli neri corti, dal volto raffinato e coerente coi vestiti eleganti che indossava, per niente adatti a dove si trovava: indossava una camicia amaranto e un doppiopetto nero, abbinato ad una cravatta nera, e un paio di pantaloni color tabacco, il tutto coperto da una giacca grigia. Mi chiese cosa ci facessi io li, e io gli chiesi la stessa cosa.

"Ammiro la spiaggia" disse lui, così guardai la spiaggia: La spiaggia era ricoperta di cadaveri, ben distanti l'uno dall'altro come per lasciare spazio alle altre persone che le danzavano attorno. Ogni tanto si sentiva un'esplosione, e con la sabbia dorata e fine volavano anche le povere vittime, facendo piovere sangue ovunque fino ad essere catturato dal mare o assorbito dal terreno. C'era chi perdeva un braccio o una gamba, o chi moriva sul colpo, i più fortunati. Sembrava una scena di guerra, ma nessuno stava combattendo, bensì stavano tutti cercando di raggiungere il bagnasciuga per raggiungere un albero da frutto in mezzo al mare, a una decina di metri di distanza. Lo spettacolo era raccapricciante, eppure non ero in grado di distogliere lo sguardo dalla sofferenza e tenacia di quelle persone. Chiesi confusamente all'uomo chi erano quelle persone e cosa stava succedendo. "Quelle sono persone. Niente di più, niente di meno" rispose lui. "E quelle persone vogliono raggiungere quell'albero. Vogliono sapere che frutti da, che sapore hanno. Sperano così di diventare parte di esso", continua l'uomo. La risposta è alquanto semplice, ma ho comunque avuto bisogno di qualche minuto per rendermi conto di quanto avessi appena sentito. Apro la bocca per cercare di parlare, ma in quel momento i miei occhi cadono sul soffitto del bunker dove sono stato accolto. Il ritorno al mondo reale.

Non so nemmeno che ore siano, ma mi alzo lo stesso, tanto non ho sonno. Uscito dalla stanza, faccio fatica ad orientarmi e a trovare un cesso e un lavandino; la doccia è un lusso che mi hanno detto non si possono permettere, quindi usano un secchio da cantiere a testa come riferimento, con acqua rigorosamente fredda. Avevano provato una volta a riscaldare l'acqua prima usando i fornelli, ma ci voleva troppo tempo e temevano di consumare tutta l'energia raccolta, così hanno deciso per usarla come esce, fredda. Dopo un paio di direzioni sbagliate finalmente raggiungo il bagno, o almeno quello che si può dedurre esserlo. C'erano giusto un lavandino, un gabinetto e una doccia, ma quest'ultima viene usata per lavarsi col secchio come stanza, usando gli sportelli come pareti evitando di bagnare il pavimento in mattonelle biancastre.

Umbra - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora