Adrien

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Solitamente, gli eventi mondani a cui mio padre mi costringeva a presenziare in sua vece, non mi facevano né caldo né freddo.
Anzi, mi annoiavo parecchio, quando ci andavo.
Ogni volta era la stessa minestra: strette di mano, qualche foto qui e là con tizio e caio, e moltissimi sorrisi di proforma.
A furia di quelli, a fine serata dovevo mettere la faccia nel freezer, tanto era indolenzita.
Molti, a quelle feste, mi giudicavano un giovanotto distinto e ben educato.
Se sapessero quante volte li avevo mandati a quel paese, mentalmente...
Però, quella volta, invece, mentre mi infilavo nel mio solito completo scuro da occasione formale, mi sentivo stranamente di buon umore.
Anzi ottimo, direi.
Fischiettavo, perfino, allacciandomi la cravatta. E io detestavo, quelle trappole infernali.
"Siamo allegri, oggi, tanto per cambiare?" Mi fece notare Plagg, osservandomi mentre mi vestivo davanti allo specchio.
"Non dovrei? Stasera, la mia migliore amica debutterà ufficialmente in società! Finalmente, il mondo della moda metterà gli occhi sul suo enorme talento, e vedrai come finirà. Mio padre dovrà azzuffarsi come un gatto in un vicolo, per tenersela stretta. Se tutto va bene, le farà fare uno stage estivo in atelier non appena inizieranno le vacanze scolastiche."
Plagg emise un verso scettico. Io schioccai la lingua, un po' esasperato.
"Che conti non tornano, a vostra malevolenza, adesso?"
"Vuoi davvero sapere cosa penso del tuo piano?" Chiese.
"Se te l'ho chiesto... " risposi io, lucidando uno dei bottoni del mio panciotto.
"Bene. Dal tuo punto di vista, stai dando una mano alla tua amica più cara a realizzare il suo sogno, presentandole le più stimate teste coronate del mondo della moda. Da mio punto di vista... stai lanciando una tenera e succosa polpettina di carne in una vasca piena di squali famelici."
Inarcai le sopracciglia, allibito.
"Allora... punto numero uno: Marinette non è una polpettina, sa difendersi benissimo, se serve, vista io con i miei occhi. Punto numero due: io, con quegli squali nuoto quotidianamente, quindi so come comportarmi. Non permetterò a nessuno di loro, di approfittarsi della mia polpetti... della mia amica!"
"Si, conosco la tua mania del cavaliere senza macchia e senza paura. Ti dico solo questo: Tieni alta la guardia. Tu sei un veterano, dell'ambiente, conosci i tuoi polli. Quella ragazza, invece, è come cappuccetto rosso che vaga senza meta nel bosco."
"Non preoccuparti, terrò io il lupo cattivo lontano. E, a proposito di lupi, e squali affamati... è sottinteso che farai il bravo bambino, stasera, vero?"
"Tu ogni tanto fatti scivolare qualcosa di buono nelle tasche, e nessuno si farà male."
"Ottimo... e anche stasera mi toccherà sviare l'attenzione dal fatto che, per colpa tua, ho preso il vizio di taccheggiare i buffet alle feste. Ah, che pazienza... "
Controllai l'ora. Meno dieci alle 8. Ok, era il momento di andare in scena.
Un ultimo alito di profumo sul collo e sui polsi, una controllata generale e via, ero in macchina.
Che paranoie inutili, pensai, rivolto ai pensieri di Plagg.
Non ero certo un pivellino, sapevo bene che il mondo della moda era pieno di insidie, se uno ci si buttava al buio, senza sapere a cosa andava incontro.
Avrei sì, lasciato che gli amici di papà incontrassero Marinette, e che costatassero quanto era brava nel suo lavoro, ma non senza di me. Non mi sarei perso nemmeno mezza parola, uscita dalla bocca di quei tipi.
E al primo sentore di qualcosa che non mi sconfinferava, saluti e baci.
Nessuno avrebbe fatto male alla mia polpe... a Marinette!
Accidenti a Plagg, e alle sue metafore!
Arrivai a destinazione, spaccando il minuto.
Presi il telefono, e le scrissi che ero sotto casa sua. Lei rispose che era pronta, e che sarebbe scesa subito.
Scesi dalla macchina e feci il giro, per essere comodo ad aprirle lo sportello. Era una principessa, e andava trattata come tale.
Un attimo dopo, vostra maestà apparve sulla soglia... e del famoso cavaliere senza macchia e senza paura, rimase si e no la macchia.
E non ero sicuro nemmeno di quella.
Vedendo Marinette venire verso di me, mi prese un colpo. Stentai quasi a riconoscerla.
L'alto conciglio, stavolta, aveva decisamente superato sé stesso.
Indossava un meraviglioso abito, palesemente di sua creazione, color rosa confetto. I tacchi alti slanciavano la sua sottile figura, valorizzandola come non mai.
Aveva lasciato i capelli sciolti, cosa che già normalmente mi piaceva da impazzire, e li aveva fatti un po' mossi fissandoli ai lati con dei fermagli, ed era leggermente più truccata del solito.
Sembrava una bambola di porcellana. Era... una visione in rosa.
Non l'avevo mai vista così. Ero... senza parole.
E sfortunatamente, costatai che non era una metafora, la mia.
Già, perché quando Marinette mi raggiunse e mi salutò, scoprì di non avere neanche mezza goccia di saliva, in bocca. La mia lingua era una felpa!
"Ciao!" Mi disse lei dolcemente, sorridendomi.
Oddio. Ma aveva sempre avuto, quel sorriso meraviglioso?
Cercai di rispondere, ma non mi uscì un solo suono. Me ne stavo lì a bocca aperta, come un merluzzo.
Dannazione... che cavolo mi stava succedendo?!
Perlomeno, mi riuscì di aspirle la portiera, e di farla salire in macchina. Passandomi accanto, respirai nell'aria il suo profumo. E quel poco del mio cervello ancora attivo, mi salutò per sempre.
Era una fragranza dolce, ma delicata. Mi annebbiò quasi del tutto la mente.
Per tutto il tragitto, maledettamente lungo, tra l'altro, visto che il festeggiato abitava in una villa un po' fuori città, cercai in tutti i modi di scambiare due chiacchiere.
Niente, nessun segnale.
Ero ancorato alla maniglia della mia portiera, a sudare come un gelato all'equatore, con quella splendida creatura seduta di fianco a guardarmi, un leggero imbarazzo in viso.
Mi sarei preso a calci da solo, giuro.
L'unica cosa che parevo in grado di fare, era schiarirmi la gola di tanto in tanto. Cosa che peggiorò la situazione, ovviamente, a un certo punto.
"Ti fa male la gola? Forse è colpa del mio profumo... " chiese lei ad un tratto, un po' allarmata.
"No! Per carità, il tuo profumo... va bene. Ho... solo caldo, credo. "
Oh, ben svegliato, cervello! Vuoi un caffè?
"Ah, meno male. Me lo ha mandato mia nonna da Shangai, è essenza di gelsomino, fatta in casa da lei. Ad alcuni dà un po' fastidio, è piuttosto forte, come fragranza. "
A me proprio no, era buonissimo. Stava riempendo l'abitacolo, e mi inebriava fino all'anima. Sembrava di stare in uno di quei favolosi giardini cinesi, con le fontanelle di bambù, e il laghetto con le carpe. Ci avrei passato il resto della vita, a respirare quel dolce profumo in un posto così.
Io adoravo l'Asia. Avevo preso da mia madre.
Ecco... e questo, perché accidenti non glie l'avevo detto?
"No, va bene. "
Invece di questo, magari.
Lei annuì, tranquillizzata, ma ancora molto tesa.
Io ero meravigliato da me stesso. Non mi ero mai comportato così, in vita mia. Che cavolo! neanche da piccolo, avevo fatto mai scena muta in quella maniera! Calcavo le passerelle, rilasciavo interviste, facevo servizi fotografici come fosse niente... e d' un tratto, non mi riusciva di parlare ad una mia amica? Una ragazza che vedo praticamente ogni santo giorno? Perché, miseriaccia ladra, perché?!
Mi sentii salire una rabbia bestiale. Lei, ovviamente, se ne accorse quasi subito.
"Adrien... ti senti bene? Sembri nervoso."
"Non preoccuparti, sto benissimo."
Sbottai.
Non fu necessario, vederla trasalire. L'avevo sentito da me, il mio orrendo e brusco tono di voce.
Persino il mio silenzioso e scimmiesco autista, mi scoccò un un'occhiataccia dallo specchietto retrovisore.
Mi portai una mano alla testa, e mi picchiai la fronte.
Che vergogna tremenda. Dio, non mi riconoscevo più!
E a Marinette, davanti a tutto questo, cosa venne in mente? L'impensabile.
Estrasse dai miei capelli arruffati la mia mano, e la strinse tra le sue. La sua pelle era sempre stata così morbida e calda? Sembrava velluto.
"Adrien... cosa c'è che non va? Mia nonna, direbbe che sembra che qualcuno ti stia camminando sulla tomba."
"Magari fossi morto, almeno farei meno danni... " le risposi. Poi, mi voltai a guardarla... e mi sentii male come non mai.
Avevo appena detto ad una sensibilissima ragazza profondamente innamorata di me... che avrei voluto essere morto.
Complimenti, genio del male!
Trassi un profondo respiro, e mi ancorai a quella piccola mano tiepida stretta alla mia, come fosse un ancora di salvezza.
"Ti prego... se puoi, perdonami. L'unica cosa che volevo fare, era dirti quanto fossi incredibilmente bella, stasera, e quanto mi piace il tuo profumo. E invece... mi sono comportato da idiota. Forse sì, sono un po' nervoso, in effetti."
Un attimo dopo aver detto questo, provai un enorme sollievo dentro di me. D'altro canto, Marinette divenne di un bel rosso peperone. Mi strappò una risata.
"Ok, siamo nervosi tutti e due, benone!" Ridacchiai. Stavolta, la risata glie la strappa io.
"Io sono giustificata, però. Sto per imbarcarmi in un un'avventura non indifferente. Non so cosa mi aspetta, e non so cosa mi succederà. Tu che scusa hai?"
"Non hai motivo di avere paura, io resterò lì con te, tutta la serata. So perfettamente cosa ti succederà e che fine farai, perché amministrerò il tutto personalmente. Quindi tranquilla, ti proteggerò io."
La guardai arrossire di nuovo. Era ancora più bella, quando arrossiva.
Il resto del viaggio, passò decisamente meglio. Lei parlò poco, era ancora molto rossa in viso, ma io perlomeno parevo aver riacquistato il mio autocontrollo. La breve vacanza del mio cervello, era finita, grazie a Dio!
Restava però il quesito: che mi era capitato?
Arrivati alla villa, scesi per primo dall'auto, e andai ad aprire la portiera di Marinette. Stavolta per bene, niente lingue felpate. Le diedi il braccio, e lei lo prese timidamente. La sentii distintamente tremare.
"Non fargli vedere che hai paura. Lo sentono... " scherzai, posando la mia mano sulla sua aggrappata al mio braccio.
"Allora rimettimi in macchina... " rispose lei, agitata.
"Non ti faranno niente, se rimani vicino a me. Hanno tutti paura di mio padre, non avranno mai il coraggio di indispettirlo, mancandoti di rispetto."
"Perché? Neanche sanno chi sono. "
Vero, non ci avevo pensato!
Sicuramente, mi avrebbero chiesto di presentarla, e non potevo farlo in modo troppo vago, o l'avrei resa una facile preda. Dovevo fare in modo che risultasse un intoccabile, un frutto proibito...
Trovato!
Entrammo nell'enorme ingresso di villa de tulips. Lì, un maggiordomo molto elegante ci chiese l'invito. Glie lo porsi, e lui lo studiò con aria circospetta. Mancava solo che lo guardasse in controluce, per cercarne la filigrana.
Appurato che non era falso, mi sorrise falsamente, e si voltò verso Marinette.
"Ben arrivato, signor Agreste. Mademoiselle ha l'invito?"
Ovviamente, aveva alzato di proposito la voce, pronunciando il mio nome. Ordini del suo padrone, c'era da scommetterci.
"Mademoiselle è con me." Risposi io tranquillamente. Lui fece un breve cenno. Ero certo che gli occhi di tutti fossero su di noi. Marinette era rigida come un palo.
"E come devo annunciare mademoiselle, se posso chiedere?"
"È la mia fidanzata." Risposi io, senza indugio, e mi voltai per dirigermi nel salone.
Marinette mi scivolò letteralmente via dalle mani, e per poco non andò lunga distesa. La riacchiappai al volo, prima che atterrasse sul pavimento .
"Ehi, tutto ok? Sei inciampata nel tappeto?
"Co... cosa hai detto che sono?" Biascicò, agitata.
D'un tratto, mi resi conto di quello che avevo appena detto, e del fatto che non l'avessi preparata affatto alla cosa.
"Ah... scusa, me ne ero scordato. Di solito, a queste feste, c'è sempre il figlio idiota di qualche riccone che importuna le ragazze. Ho pensato di ovviare la cosa così. E poi, il tutto torna con il discorso di prima. Nessuno oserà fare passi falsi, con la... beh, la potenziale futura nuora di Gabriel Agreste."
Marinette era decisamente sul punto di svenire. L'annuncio ufficiale del maggiordomo non fu d'aiuto.
"Il signor Adrien Agreste e la sua fidanzata, miss Marinette Doupeng- Cheng."
Afferrai saldamente le mani di Marinette appese al mio braccio. Praticamente ce la trascinai di peso, nel salone.
La gente già arrivata ci fissò con insistenza, al nostro passaggio.
Io non feci una piega. Marinette era di un delicato color ramarro.
"Calma... " le mormorai, accarezzando il dorso della sua mano. Le sue dita erano così strette al mio braccio da bloccarmi leggermente la circolazione del sangue.
Individuai il padrone di casa tra la folla.
"Renee! Buon compleanno!"
Renee Lamorlier si girò lentamente verso di noi.
Era un ometto piccolo e panciuto, con dei buffi baffi a manubrio, e una testa pelata lucida come una palla da bowling. Me lo ricordavo così fin da quando ero piccolo. Chissà se era mai stato giovane, quello.
"Oh, baby Agreste, che piacere!"
Mi si indurì leggermente la mascella. Mi chiamava così da sempre: baby Agreste. Non lo sopportavo, e lui lo sapeva benissimo.
Mi guardò per un istante, dopodiché piantò i suoi occhietti porcini su Marinette. Le fece letteralmente la radiografia completa.
"E lei sarebbe, mademoiselle... "
"Lei è Marinette, Renee. È la mia fidanzata."
Lamorlier cambiò faccia in un nanosecondo. Io decidi di rincarare la dose. Mi voltai verso Marinette, mi avvicinai a lei, e sfiorai la sua guancia con le labbra. Vidi la pelle d'oca affiorare sulle sue braccia.
"Non mostrare debolezza..." le sussurrai all'orecchio.
La vidi inpettirsi, e sostenne con fierezza lo sguardo di Lamorlier.
"Buon compleanno, messier Lamorlier." Gli disse in tono gentile, permettendogli di farle il baciamano.
E brava la mia ragazza!
Lamorliere la guardò in modo viscido. Marinette nascose a fatica una smorfia di disgusto. Io finsi di sistemarmi il fazzoletto nel taschino, per evitare di guardarlo e di farmi tentare a dargli un pugno in testa.
"Pensa un po'... non è un po' presto per una fidanzata? Hai solo 12 anni, sei ancora un bambino. "
"Veramente ne ha 14, se non le dispiace, messier Lamorliere. Non è affatto un bambino."
Marinette ora fissava con decisione Lamorliere. Ogni ombra di timidezza in lei, era svanita nel nulla. Nel vederla difendermi con così tanta determinazione, e con più coraggio di quanto realmente avesse in corpo in quel momento, mi lusingò immensamente.
Le cinsi la vita con il braccio, accarezzandole il fianco con la mano.
"Non arrabbiarti, mia cara. La memoria di Renee invecchia con lui, non è più quella di un tempo. Vieni, prendiamoci da bere."
La sospinsi delicatamente lontano dalla linea di fuoco. Arrivati al buffet, Marinette era ancora piuttosto irritata.
"Non bastasse già il fatto che come stilista fa schifo... è pure un imbecille!"
Le tesi un bicchiere di punch alla frutta analcolico, che lei fece sparire in un secondo.
"Amore, fa' piano, è ghiacciato. " le dissi, porgendole una tartina.
"Sì,sì..." borbottò lei sbuffando, e afferrò la tartina.
Mordendola furiosamente, però, parve recepire cosa le avevo appena detto. E divenne dello stesso colore del pomodorino sulla sua tartina.
"Co... cosa? co... come?" Chiese, a bocca piena. Scoppiai a ridere.
"Bene, ho di nuovo la tua attenzione. Non prendertela, le frecciatine velenose, in questo ambiente, sono all'ordine del giorno, basta non farci caso. Renee, poi, non mi lascia mai in pace. Odia mio padre, quindi colpisce suo figlio per indispettirlo. Ragionamento logico. "
"Ragionamento del cavolo!" Protestò Marinette, togliendomi il bicchiere dalle mani, e bevendo tutto il mio drink.
"Ok... che dici se andiamo a fare due salti? Magari riesco a farti rilassare, prima che tu riesca ad ubriacarti persino col punch alla frutta analcolico."
Lei respirò profondamente, ma annuì. La presi per mano, e raggiunsi il centro del salone. L'orchestra suonava un bel walzer.
Avvicinai Marinette a me, la misi in posizione, e cominciammo a danzare. Marinette si lasciò prendere dalla musica, e finalmente iniziò a rilassarsi, e a godersi la festa.
Mentre ballavamo, mi persi nel suo sguardo.
"Cosa c'è, ho qualcosa sul viso?" Mi chiese, accorgendosi che la guardavo fisso.
"No... sei perfetta." Risposi, e le feci fare una piroetta. La gonna del suo vestito roteò leggermente, e i suoi capelli neri svolazzarono per aria.
Era assolutamente incantevole. Avrei voluto poter danzare così con lei per sempre.
"Oh, Adrien, che piacere!"
Mi sentii posare una mano sulla spalla, e strappare via dal mio bel sogno.
Mi voltai, quasi stizzito.
A chiamarmi, era stata una donna che veniva sempre alle sfilate di papà. Non ricordavo il suo nome.
"Oh, buonasera!" Salutai. Marinette le fece un cenno cordiale con la testa. La donna ricambiò il gesto.
"Perdona l'interruzione, caro, ma non ho potuto fare a meno di notare la tua splendida dama. Lasciami dire... Che creatura assolutamente deliziosa! Hai lo stesso buon gusto di tuo padre, in fatto di donne."
Stavolta arrossimmo entrambi, non solo Marinette.
"Oh, lei mi confonde, madame... " mormorò Marinette.
"Figurati cara, ho solo detto il vero. Sei appena arrivato, caro?" Chiese la donna, rivolgendosi poi a me. Io annuì.
"Meno di mezz'ora fa."
"Buffo... " commentò lei, meditabonda. "Avrei giurato di averti visto circa un un'ora fa, però con una ragazza diversa. Mah, probabilmente, mi sono sbagliata. Beh, buona serata, tesori. "
"A lei, signora... che strana affermazione, non trovi?" Dissi, e
ripresi Marinette, per ricominciare a ballare.
"Si, davvero, a dir poco assurda, direi... oddio, no!"
La vidi sgranare gli occhi, lo sguardo rivolto a un punto imprecisato dietro di me. Un istante dopo, fu ben chiaro cosa l'avesse sconvolta tanto.
Sentii un' altra mano posarsi sulla mia spalla. E quando mi voltai, la strana frase di quella donna, ebbe ufficialmente un significato.
Voltandomi, vidi chi mi aveva posato la mano alla spalla. E vidi anche chi lo accompagnava.
"Buonasera, mio caro cugino."
"Ciao, Adrien. "
Marinette strinse forte la mia mano nella sua. Io feci lo stesso.
"Felix, ma che sorpresa! E tu come stai... Lila?"

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