Marinette

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Rimasi distesa nel letto per una manciata di secondi, incapace di capire se stavo sognando, o se invece ero sveglia.
Mi mossi appena, e qualcosa si intrecciò alle mie dita, e io inavvertitamente la strinsi.
In quel momento, Chat noir si voltò a guardarmi.
Persi il mio sguardo nelle sue strabilianti iridi feline, verdi e lucenti come la corazza degli scarabei.
Poi, la cosa che stringevo tra le dita si mosse. I miei occhi abbandonarono i suoi per vedere cos'era. E vidi, con imbarazzo, che stavo stringendo la sua mano. E lui stringeva la mia.
Lasciai andare bruscamente la presa. Lui osservò il tutto, senza fare una piega. Si limitò a stendere un angolo della bocca, e a voltarsi per guardare la luna.
E mentre scuotevo via il torpore del sonno dalla mia mente, iniziando a farmi domande sul perché lui fosse lì in quel momento, o sul come fosse entrato, Chat noir interruppe il filo dei miei pensieri, mormorando:
"Hai preso la mia mano nel sonno. L'ho lasciata lì solo per non rischiare di svegliarti. "
Inarcai le sopracciglia, sorpresa.
"Non fa nulla." risposi. Notai che evitava accuratamente di guardarmi.
L'avevo forse ferito, scansando la mia mano dalla sua a quel modo?
O forse... temeva che fossi arrabbiata con lui, perché era entrato in casa senza chiedere il permesso?
Il campanellino a vento appeso al tetto del mio terrazzo tintinno'.
Alzammo entrambi la testa. Notai che la botola sopra il mio letto era aperta.
Ah, ecco spiegato com'era entrato. Dovevo aver lasciato aperto il passaggio per far entrare un po' d'aria. Lo facevo spesso, in estate.
Bene, ora il come ce l'avevo. Restava da trovare il perché.
"Come mai da queste parti? Emergenza, o insonnia?" Chiesi tranquilla, mettendomi seduta a gambe incrociate sul letto.
Lui mi guardò, e vidi un bagliore di serenità nel suo sguardo. Pareva aver capito che non ero in collera con lui. E mi tranquillizzai molto anch'io, sapendo di non averlo ferito col mio gesto brusco.
Lo vidi stendere le braccia dietro la schiena puntellandosi sui gomiti, le gambe penzoloni dal letto. In quella posizione, era praticamente sdraiato accanto a me.
Non mi disturbo' affatto, la cosa. Mi fidavo di lui, ciecamente.
"Ai gatti piace bighellonare di notte, non lo sapevi?" Ridacchiò.
"E entrano anche nelle case altrui, se hanno fame. Devo darti un po' di latte, dunque? o preferisci un paio di sardine?"
Chat noir fece una smorfia.
"Odio le sardine! Sono un gatto solo fino a un certo punto, temo."
Risi di gusto.
"Lo sei abbastanza per latte al miele, e biscotti al cioccolato e menta fatti in casa?"
Gli si illuminò il viso.
"Per un menù così, sono felino fino al midollo, mia cara!"
Lo lasciai solo nella mia stanza per qualche minuto, per scendere in cucina. Tornai poco dopo, con un vassoio carico di fragranti biscotti ripieni di cioccolato aromatizzato alla menta, e due bei tazzoni di latte caldo profumato al miele di tiglio, il rimedio di mia madre contro l'insonnia. O in questo caso, al bighellonare notturno.
Osservare Chat noir dar fondo al suo spuntino notturno, era una gioia per gli occhi. Di rado, avevo visto qualcuno mangiare così di gusto un semplice pasto di latte e biscotti.
Mentre mangiava, sembrava felice come un bambino.
Pensai che fosse assolutamente adorabile!
"Sai, se vivessi qui, diventerei il gatto più ciccione della storia! Amo i dolci in generale, ma quelli di tuo padre mi mandano in estasi!"
"Grazie dei complimenti." Sorrisi, respirando il profumo di tiglio sprigionato dalla mia tazza. Lui fece sparite l'ultimo morso di biscotto con aria soddisfatta, bevve un lungo sorso di latte, e raccolse dal fondo della tazza i rimasugli di miele con un cucchiaino. Poi, come se niente fosse, mi guardò e disse con disinvoltura: "Ora, dimmi chi ti rende tanto triste. Lo disintegrerò stanotte stessa."
Mi andò di traverso un sorso di latte.
"Che?" Gracchiai, tossendo.
"Lo sai che i miei splendidi occhi smeraldini vedono sempre tutto. A me non sfugge niente, di quello che succede nella mia bella Parigi. E si da il caso che tu, mia principessa profumata di miele e cioccolato, sia la mia protetta favorita."
"Oh, quale onore!" Ridacchiai, fingendomi lusingata.
Sul serio? Ma su quale tipo di donna, potevano fare effetto, simili smancerie?
"Lo so, non dovrei fare favoritismi. Beh, basta che resti tra noi, giusto? Non sia mai che tutto ciò arrivi all'orecchio di milady, poi! Sai, la mia signora è tremendamente gelosa."
"Ma pensa... " Sibilai a denti stretti.
Che sia legale cucinare carne di gatto, in Francia?
"Scherzi a parte, Marinette... ti va di raccontarmi che c'è che non va?"
Posai la tazza sul comodino.
Dirmi stupita del fatto che Chat noir si fosse accorto che stavo male, sarebbe stato ipocrita, da parte mia.
La sua ipersensibilità e la sua straordinaria empatia davanti ai malesseri altrui, era cosa ben nota, ai miei occhi.
Anzi, dovevo ammettere che come metteva ordine lui, nel caos dentro la mia testa, nessuno mai.
Mi domandavo spesso, che ne sarebbe mai stato di me, se me lo avessero portato via.
E me lo chiedevo ancora più sovente, dopo il fattaccio di chat blanc.
Però, in borghese, ultimamente lo avevo visto ben poco. Come aveva fatto, ad accorgersi che stavo male?
Possibile che... mi tenesse davvero d'occhio come diceva?
"Vieni su nella terrazza, ho bisogno di aria fresca per certi discorsi." gli risposi.
Lui annuì, e ci arrampiammo attraverso la botola che conduceva al mio piccolo, ma grazioso terrazzo sul tetto.
Lì, mi appoggiai alla ringhiera del balcone. Lui ci si sedette sopra, accanto a me. Sentivo il suo sguardo addosso, come se ne avvertissi il peso.
"Cari vecchi tempi, eh?" Commentai, voltandomi a guardarlo. Lui mi sorrise, amabile.
"Eh si. Tu, io, una notte stellata a far da cornice, e un peso nel cuore da esternare."
Mi strappò un sorriso.
"Solo che ora tocca a me, farmi psicanalizzare, pare."
Lui annuì, e mi sfiorò la guancia con un dito dall'artiglio affilato e guantato di pelle nera. La sua mano odorava di biscotti, e il suo tocco sulla mia pelle fu delicato come un batuffolo di cotone.
"Dimmi tutto. Perché stai così male?"
Mi lasciai rapire nuovamente da quelle sue iridi verdastre. Aveva un espressione molto seria. Non ricordavo di avergliela mai vista, prima.
Lo guardai, mentre cercavo le parole giuste da dire.
Magari era colpa del fatto che in genere aveva sempre un espressione puerile e sciocca, ma... ora che mi guardava con quell'aria così seria, dovetti ammettere che era...davvero molto bello.
Accorgendomi di un indesiderato rossore in faccia, distolsi lo sguardo. Ovviamente, mi mossi troppo bruscamente, perché la mia rinomata imbranataggine non dicesse la sua.
E infatti, girandomi per non guardarlo più, inciampai nei vasetti di terra cotta accanto alla ringhiera, e per poco non voltai giù dal pergolo.
Ma i riflessi felini di chat noir, grazie al cielo, arrivarono prima dell'impatto.
Mi afferrò al volo per la vita, e mi prese tra le braccia. Affondai il viso nella sua spalla, mentre lui si ritraeva bruscamente dalla ringhiera.
"C'è mancato poco! " mi disse tenendomi stretta a sé, e la sua voce rimbombò nel mio orecchio posato sul suo petto. "Ti sei fatta male?"
Alzai la testa. Mi ritrovai così vicina al suo viso, da potergli contare le ciglia. Il suo respiro profumava di miele al tiglio e menta.
"Sempre. " risposi, e le mie dita si strinsero attorno alle sue spalle. "Io mi faccio sempre male, in tutto quello che faccio. Se esiste la possibilità che io possa farmi del male, nella vita, sta sicuro che lo faccio. "
Senza rendermene conto, lacrime tiepide iniziarono a corrermi giù dalle guance.
Chat noir osservò il mio viso, un po allarmato.
"Oddio, ti sei fatta tanto male da piangere? Aspetta, fammi vedere... "
Si inginocchiò sul pavimento, con me ancora in braccio, e mi fece sedere sulle sue gambe, per poi iniziare a ispezionarmi con cura, a caccia di tagli o contusioni.
"Io mi faccio sempre male da piangere. E questo perché sono stupida... " piagnucolai.
Lui rise piano, controllando le mie caviglie.
"Non sei affatto stupida, sei solo un po' goffa, nient'altro. Tra l'altro, è un lato di te che ho sempre trovato molto tenero. Sei come un dolce pulcino imbranato."
Io lo guardai, e prima di riuscire a frenare la lingua, me ne uscì dicendo: "Certo, mi trovi tenera, un pulcno imbranato... però non mi ami."
Lo vidi diventare bianco come un lenzuolo, e sbarrare gli occhi. Io dal canto mio, mi chiedevo di chi fosse figlia, quella frase. Da dove caspiterina mi era uscita?
Poi però, mi si fecero strada nella mente dei pensieri ancora più strani. E la mia lingua perse di nuovo la retta via.
"Non ti biasimo, tranquillo. Anzi, posso dire che ti capisco benissimo. Nessuno potrebbe mai amarmi. Non ho classe, non ho carisma. Non sono neanche questa gran bellezza. Passo inosservata, tra la folla. E nonostante questo... ho avuto il coraggio di innamorarmi. E non di uno qualsiasi, eh no. Mi dovevo innamorare di qualcuno che mai, nella vita, mi degnerà del suo amore. Io sono Icaro, Chat noir... e mi sono innamorata del sole."
Ormai, le mie lacrime non avevano più freni. Piangevo senza sosta, irrefrenabilmente. Chat noir poteva solo guardare impotente, quel il mio pianto incessante.
Poi, però, successe l'impensabile.
Lo sentii afferrarmi per le spalle, e voltarmi verso di lui, bruscamente. Mi fissò intensamente per qualche secondo, prima di parlare.
"Non hai alcun diritto di parlare così di te stessa, e solo perché un idiota come me non ti vuole, poi!" Sbottò.
La totale insensatezza di quella frase, mi riscosse dalla mia disperazione. Che accidenti stava dicendo, ora?
"Se non riesci a vedere il tuo reale potenziale, lascia che te lo dica io, chi sei veramente. Tu sei un angelo, Marinette, la persona più dolce e meravigliosa al mondo. E credimi, quanto dico che non ti rendi nemmeno conto di quanto tu sia straordinariamente bella."
Era talmente serio, mentre diceva tutto quelle cose, che il mio cuore fu scosso da un fremito.
Che strano. Mi diceva costantemente cose simili. Perché ora, tutt'a un tratto... mi faceva tanto effetto, sentirlo parlarmi così?
"Non osare più, perciò, degradarti a quel modo per uno come me che, per pura idiozia, non ricambia i tuoi sentimenti. Non gettarti nello sconforto, solo per questo. Credimi, quello che tu chiami sole, caro Icaro, è a stento una lampadina... "
"Ok, si può sapere di cosa accidenti stai parlando, gatto?"
Non ce l'avevo più fatta. Quel mare di assurdità, mi aveva sopraffatto.
"Parlo del fatto, che a causa del mio rifiuto, tu stai ancora malissimo! Parlo del fatto, che hai ridotto la tua  autostima ad un tappo, per colpa mia! Parlo del fatto, che stai soffrendo perché sei ancora innamorata di me!"
"Io non sono affatto innamorata di te, salame felino!"
Chat noir prese l'aria di uno a cui avevano appena scaraventato in testa un secchio di acqua ghiacciata. Io sbuffai come un toro. Dio, ma che ego smisurato aveva?! Come minimo, lo si vedeva dallo spazio...
Lato positivo: con le sue sciocchezze, aveva calmato i fremiti insoliti del mio cuore. Che diavolo mi era preso, poi...
"Come no?" Se ne uscì dopo un po', vagamente allibito. "Me lo hai detto tu stessa, che mi ami!"
Girai gli occhi al cielo, evocando pazienza.
"Mi è passata come è venuta, quella sbandata, caro mio. È stato un grosso abbaglio, niente di più. Io amo un'altra persona. È lui che mi fa stare male, non tu... "
Cadde il silenzio per circa un minuto. Poi, Chat noir mi prese tra le braccia, e mi strinse forte. Nell'aria, si sentì il sinistro scricchiolio delle mie costole.
"Oh, Marinette, non sai che sollievo mi hai dato. Giuro, mi volevo ammazzare al pensiero di essere io, la fonte dei tuoi dispiaceri... "
"No, macché, tu non hai nessuna colpa. Anzi, con le tue idiozie, mi hai aiutato a sfogarmi, e di questo ti ringrazio!"
Era la pura verità. Quel bel piantino liberatorio, era proprio quello che aveva ordinato il dottore. Mi sentivo così leggera, sollevata. Anzi, forse ora ero finalmente in grado di dire quel nome...
"Adrien." Pronunciai, così, al vento.
Chat noir si voltò così velocemente verso di me, che credetti di vedere la sua testa fare un giro completo su se stessa, come quella di certi gufi. Lo guardai, confusa.
"Che hai?" Chiesi.
"Da dove ti esce quel nome, ora?" Mi chiese, massaggiandosi la nuca.
"Da dentro di me, credo. Era da un po', che mi portavo questo peso, ma ora me ne sono liberata. E tutto grazie a te, micetto."
Lo afferrai, e me lo strinsi forte tra le braccia.
Si, più passava il tempo, più ne ero cosciente: sarei stata persa, senza di lui. Guai a chi me lo toccava!
"Grazie a te, che mi hai fatta sfogare, ora posso andare avanti con la mia vita. Ora sì che ti posso lasciare andare, Adrien Agreste. "
"Scusa, ma non capisco... "
Chat noir mi allontanò da lui, e mi scrutò, interrogativo.
"Che c'entro i... cioè, cosa c'entra Adrien Agreste, con le tue sofferenze amorose? Cosa vuol dire che lo lasci andare? Eri... eri forse in collera con lui?"
Io gli sorrisi dolcemente.
"No, affatto, anzi." gli risposi. "Io lo amo. È di Adrien Agreste, che sono innamorata, Chat noir."



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