Quel figlio di... mia zia!
Che diavolo gli era preso, si era forse bevuto il cervello?!
Buon per lui, che eravamo in pubblico, e che Marinette si fosse messa in mezzo, altrimenti a quest'ora avrei ridotto il mio caro cuginetto a un quadro astratto!
Mi stava benissimo che sfogasse su di me la sua frustrazione per la perdita di suo padre, ci stava.
Ma non si doveva azzardare a toccare Marinette, neanche col pensiero!
Dio, che nervi...
Che poi... ma perché mi sentivo così furioso?
Tanto da minacciare di cambiare i connotati a mio cugino!
Non era da me, un simile atteggiamento.
Non era da me, reagire così male.
Perché.... perché mi ero infuriato così?
Ero stato strano tutta la sera, a essere onesti. Il mio scatto d'ira era stato solo il connubio di una serata assurda.
Cosa mi stava succedendo?
"Tesoro, stai strangolando il mio flute di cristallo di Boemia."
La voce di Ivette Lamorliere mi strappò dai recessi della mia mente.
Guardai la mia mano. Le mie dita stringevano con eccessiva forza, il sottile bicchiere di punch alla frutta che stavo bevendo.
"Oh... chiedo scusa." Bofonchiai, posando il bicchiere su un tavolino. Madame Lamorliere mi squadrò, la mano al mento. Poi mi sorrise.
"Non farti il sangue amaro, Adrien, non ne vale la pena. Non c'è una guerra da combattere, quindi ritira pure il tuo plotone. "
La guardai, confuso.
"Non credo di capire, madame Lamorliere."
Lei mi prese per mano, e mi tirò vicino a sé. Era una donna piuttosto carina, sebbene esagerasse col trucco e fosse un po' avanti con gli anni. I suoi capelli erano lunghi, biondi e immobilizzati da almeno una cisterna di lacca.
"Io sono un'attenta osservatrice del mondo, da sempre. Amo stare dietro le quinte, a guardarlo muoversi. Per questo, lascio che mio marito si goda le luci della ribalta. A me non piacciono per niente."
Spostò, per quanto possibile, una ciocca di capelli laccati via dalla spalla.
"Osservo il mondo da tanto tempo, e lo conosco piuttosto bene, ormai. E conosco le persone. Guardavo la tua giovane metà danzare con te, stasera. Eravate incantevoli, se posso dire."
Arrossii un po'. Marinette, più che altro, lo era...
"E poi, l'ho osservata ancora danzare con il tuo aspro cugino. E credi a me... "
Mi diede un colpetto sulla punta del naso con un dito dall'unghia laccata di rosso fuoco.
"... lei non guardava Felix come guarda te. Lei non guarda nessuno, come guarda te, caro."
Le sue labbra carnose dello stesso rosso dello smalto, si allargarono in un sorriso.
Io ero basito. Non ci avevo mai fatto caso. Marinette... mi guardava davvero in modo diverso dal resto del mondo, come diceva Ivette?
Beh, ormai sapevo che mi amava, quindi era probabile che, in effetti, avesse ragione.
Santo cielo... possibile che non mi fossi mai accorto neanche di questo?
E io cosa pensavo, arrivati a questo punto, di tutta la faccenda?
Il filo dei miei pensieri, però, fu spezzato prima che ne trovassi il bandolo.
Infatti, dal salone vennero dei rumori piuttosto strani, e anche qualche urlo.
Insospettito, andai a vedere. E i miei sospetti trovarono conferma.
Nel salone, regnava il caos.
La gente correva qua e là, come un branco di pecore impaurite, e ben presto individuai la fonte del loro allarmismo.
Renee Lamorlier era più brutto che mai. Sembrava reduce da un intervento di chirurgia plastica fatto da un chirurgo ubriaco.
Sulla sua testa lustra e pelata, erano cresciuti soffici boccoli biondi simili a stelle filanti.
Indossava pantaloncini alla zuava e una t-shirt, troppo piccoli per coprire il suo tondo pancione peloso e il suo disgustoso sederone.
L'insieme, dava a Renee Lamorliere l'aspetto di un grottesco bambino dall'aria squilibrata.
Saltellava per la stanza come un invasato, parlando a vanvera come un bimbetto dell'asilo. Avrebbe fatto quasi ridere, non fosse che era terribilmente pericoloso.
Ivette entrò nel salone. Non appena vide il marito, invece di spaventarsi, sbuffò esasperata.
"Oh, Renee, arrivare addirittura a questo, pur di non invecchiare... "
Lamorliere non le diede retta. Salì su un tavolo, da dove si lanciò come un tuffatore, atterrando sui presenti.
Con orrore, vidi che le persone che venivano toccate da Lamorliere, diventavano loro stessi degli strani bambini pazzoidi.
Approfittando del panico, mi infilai non visto dietro una delle tende di velluto blu appese sopra le finestre, e mi trasformai.
Uscì sul balcone, e simulai un entrata scenica. Se vedevano che ero entrato dalla finestra, non avrebbero sospettato che ero già presente.
"Bene, sei qui, micetto."
Mi voltai. Ladybug stava entrando nel salone dalla porta principale.
"No chat noir, no party, milady!" Le risposi, raggiungendola. "Passavo di qua, e ho sentito queste persone strilla...oh mio Dio! "
Mi venne un colpo, e mi guardai intorno febbrilmente.
Marinette... dov'era finita Marinette?
"Che ti prende?" Chiese ladybug, osservando la folla di persone "bambinizzate" distruggere il tavolo del buffet.
"Niente... " risposi distrattamente.
E se Lamorliere l'avesse presa? Oddio, no... poteva essere diventata uno di quei "bambinizzati" che ora scorrazzava per il salone, in preda al delirio?
Maledizione, era compito mio tenerla al sicuro, glie l'avevo promesso...
"Chat noir, ci sei? Mi serve una mano qui!" Sbraitò ladybug, schivando un gruppetto di "bambinizzati" che l'aveva attaccata. "Devi tenere a bada questi cosi, sennò come faccio a capire dove si è infilata l'akuma!"
Ladybug aveva ragione. Da sola, non poteva riuscire a tenere a bada quella marmaglia, e a scovare il loro untore.
Non potevo comunque fare niente per Marinette, se era finita tra quei tizi. L'unica, era fermare l'akumizzato 1. Dopodiché, il miraculous ladybug avrebbe messo ordine, come sempre.
Calma e sangue freddo, vecchio mio. È la prassi, in fin dei conti.
Buon dio... ma perché ero tanto agitato!? Sembravo un novellino, santo cielo!
Mi riscossi praticamente di violenza dal mio torpore, e mi gettai nella mischia. Dopo un po', però, mi sentii ripiombare nel baratro.
Lottavamo aspramente contro Lamorliere e i suoi bravi da un'ora, ormai, senza alcun risultato.
Lamorliere menava colpi a destra e a manca, infoltendo sempre di più le sue fila.
Dell'oggetto akumizzato, neanche l'ombra. E nemmeno di Marinette. Maledizione... maledizione!
"Gattino, mi dici che hai, stasera? Mi sembri poco concentrato."
"Come non l'hai trovato tu, l'oggetto akumizzato, non l'ho trovato io, quindi non rompere... "
Ladybug mi guardò, scioccata.
Mai quanto me.
Era la prima volta, che le parlavo in quel modo.
"Ahm... scusate... "
Ivette Lamorliere era sbucata da sotto un tavolino, e ci fece cenno di avvicinarci. Ladybug si inginocchiò accanto a lei, ancora un po' basita dalla mia reazione, mentre io feci scudo per proteggerle.
"L'orologio da taschino!" Disse madame Lamorliere.
"Madame?" Chiese ladybug, confusa.
Ivette Lamorliere prese le sue mani, enfaticamente.
"I nostri amici hanno fatto realizzare per Renee un orologio da taschino d'oro. Si è infuriato, quando lo ha visto, perché c'era incisa la sua età, 50 anni. Ne ha fatto una tragedia. Lui detesta, l'idea di invecchiare."
"Questo spiega perché l'età media in sala, è diventata dai sei anni in giù!" Sbottai, bastonando in testa un pupo gigante, che cercava di tirarmi la coda. Archiviato il prezioso indizio, ladybug e il suo occhio di lince scesero in campo, e tra la folla individuarono baby Lamorliere, intendo a mutare un gruppetto di persone che si erano nascoste in bagno.
Il fantomatico cipollotto sbucava dal taschino dei suoi pantaloncini.
Senza menare tanto il can per l'aia, ladybug evocò il suo lucky charme, che si rivelò essere un boomerang, e lo lanciò con maestria dritto sul sederone di Lamorliere.
Il bersaglio fu colpito e affondato.
La farfalla nera usci leggera dalla tasca di Lamorliere, e ladybug la prese al volo. Fine dei giochi.
Un paio di minuti dopo, evocato il miraculous ladybug, la sala era tornata in ordine, ed era piena di gente un po' scossa, ma perfettamente normale. Ladybug tirò un sospiro di sollievo.
"Lavoretto un po' prolisso, ma in fondo abbastanza semplice, per fortuna. Non hai nemmeno usato il tua cata... oh, mi vuoi spiegare cosa ti succede, chat noir? Sei strano!"
Ah, cara mia, non sai quanto hai ragione, e quanto vorrei saperlo pure io, che mi prende, stasera...
"Non ho niente, non preoccuparti. Sono solo stanco, credo. Vai, adesso, il tuo miraculous lampeggia da un po'. "
Lei annuì, ma non si mosse.
"Posso davvero stare tranquilla?" Mi chiese, porgendomi il pugno come al solito. Io le sorrisi appena.
"Sì, sì... tranquilla. " risposi, e battei distrattamente il suo pugno.
Lei non aggiunse altro, e sparì lanciandosi fuori dalla finestra.
No, ok, rendiamoci conto!
Prima l'avevo apostrofata, poi ignorata... e ora, sebbene fosse visibilmente preoccupata per me, la liquidavo!
Eppure tutto ciò, che normalmente mi avrebbe spinto a punirmi con un cilicio e un paio di frustate, mi passò invece attraverso come il fumo.
C'era un solo pensiero che abitava la mia mente, in quel momento: Marinette.
Sopra ogni cosa, sopra ogni altro.
Mi guardai ancora intorno, sempre più angosciato. Dov'era finita, dannazione!
Era uscita? Si era nascosta nel parco della villa?
Marinette... dove sei?!
"Chat noir! Meno male che siete arrivati! Che paura teenenda!"
Mi girai, avvertendo al suono fi quella voce un profondo sollievo. Marinette stava venendo svelta verso di me. Usciva da uno dei bagni. Si era nascosta lì, dunque. Non era mai stata in pericolo. Dio, ti ringrazio!
Non appena mi raggiunse, spontaneamente, la strinsi forte a me.
"Grazie al cielo, stai bene! Mi hai spaventato a morte, non riuscivo a trovarti! " le mormorai.
"Come? sapevi che ero qui?" Chiese lei, stupita.
Panico. Mi ero lasciato prendere dall'entusiasmo, e mi ero scordato di essere ancora trasformato.
"A... Adrien!" Mi uscì di getto. "È scappato con un gruppo di persone. Mi ha detto che ti aveva cercato, ma non era riuscito a trovarti. Gli ho detto che ti avrei portata a casa io."
Lei sorrise, seppure un po' malinconicamente.
"Va bene... " rispose. "Adrien ha detto che potevo restare da lui, se facevamo tardi, stasera. È passata mezzanotte. Accompagnami pure a villa Agreste, dunque. Lui credo sia già là, ormai, e probabilmente mi aspetta."
Già, accompagnarla a casa.
E come, a piedi? Non potevo certo usare il mio autista. Quello, in teoria, se n'era già andato con Adrien, stando a ciò che avevo appena detto.
Ivette Lamorliere arrivò subito in soccorso.
"Usate pure la mia macchina. Dirò a Cesaer di riportarvi a casa. È il minimo che posso fare per te, Chat noir... "
Le lanciai un sorrisetto accattivante, e baciai la sua mano ingioiellata.
"Lei è troppo gentile, madame Lamorliere. "
"Oh beh... Ivette per te, caro!" Ridacchiò madame Lamorliere, giuliva.
Oddio, ma dai! potrebbe essere mia madre!
Se non addirittura mia nonna...
Per tutto il tragitto di ritorno, Marinette non disse una sola parola. Sembrava stanca, ma anche stranamente afflitta. Arrivati davanti casa... beh sì, mia, non potevo certo entrare dalla porta principale.
Presi dunque Marinette tra le braccia, e usai il mio bastone per raggiungere la finestra della mia stanza.
In casa c'era un silenzio tombale. Entrammo in camera mia, silenziosi come gatti.
Beh, a me venne naturale, ma Marinette si sfilò le scarpe, per evitare che i tacchi facessero rumore sul pavimento.
"Adrien non aembra essere ancora arrivato." commentò, guardandosi intorno. Io feci spallucce, e mi appoggiai al vetro della finestra.
"Starà per arrivare, tranquilla. Bene, la damigella è al sicuro, il mio lavoro è... Marinette, è tutto a posto?"
Non avevo potuto più evitare di chiedere. Quel suo faccino abbacchiato mi spezzava il cuore. Lei sospirò, e mi sorrise. Il sorriso più triste di tutti i tempi.
"Certo che a te non posso nascondere davvero niente, eh?" Mi rispose, venendomi un po' più vicino. Le posai una mano sulla testa, e accarezzai i suoi bei capelli corvini.
"Non devi, più che altro. Su, dimmi che succede."
Lei mi sorrise di nuovo. Persino quella smorfia malinconica... era tremendamente carina.
"Niente di che, non sono in arrivo crisi di pianto, tranquillo. Anzi, devo dire che mi sento molto felice. "
"Quel broncetto travestito da sorriso dice il contrario... " commentai, sfiorando il suo naso con la punta del dito. Le rise piano.
"Sto bene, ti giuro. Ho passato una serata meravigliosa, neanche Cenerentola può eguagliare. Ho riso, ho ballato, e ho passato del tempo meraviglioso con l'amore della mia vita. E anche se solo per una sera, e solo per finta, io sono stata l'amore della sua. Quello che ho provato stasera, vestendi i panni della fidanzata di Adrien, mi basterà a rendermi felice per il resto della mia vita. Quello che provo adesso... credo sia solo un po' di rassegnazione. Dopo stasera, ho deciso che lo lascerò andare per sempre, Chat noir, come avevo detto."
Mi calò un macigno nello stomaco. Che cos'era, d'un tratto, quella sgradevole sensazione?
"Cosa intendi?" Chiesi. Lei mi sorrise, ancora in quel modo triste ma adorabile.
"Desidero essere la fidanzata di Adrien fin dal giorno in cui ci siamo conosciuti, il giorno in cui sotto la pioggia mi regalò il suo ombrello. L'ho amato con ogni fibra del mio essere fin da quel momento. E stasera, finalmente, ho potuto sentire l'emozione che poteva darmi esserlo, anche se niente era reale. Ma sono pienamente cosciente che le cose andranno diversamente, da domani in poi.
Lui ama, e per davvero, un'altra ragazza, non me. Ed è a lei, che lui appartiene, ed è giusto che io mi faccia da parte. So che sarà dura... "
Prese una delle mie mani tra le sue.
"... ma posso dire di amarlo talmente tanto, da volerlo nella mia vita in ogni modo mi sia concesso. Se non sarà il mio fidanzato, piuttosto di perderlo lo terrò con me come il mio più caro amico."
Non una lacrima, non un tremolio nella voce o nelle mani che stringevano la mia. Era calma, decisa.
Io, dal canto mio, fremevo. Fuori e dentro.
"Chat noir, stai bene? Stai tremando... "
Alzai lo sguardo sul suo. Mille stelle brillarono, nel cielo blu dei suoi occhi. Mi guardava, come solo lei poteva guardarti. Mi tornarono in mente Ivette Lamorliere e le sue parole:
Lei non guarda nessuno, come guarda te.
E perso in quello sguardo, in quegli occhi pieni di un amore che, come uno stolto, non avevo saputo vedere... persi ogni controllo. E senza rendermi conto del come e del quando, afferrai il suo viso tra le mani, lo tirai verso il mio, e la baciai.
La mia bocca si fuse con la sua, meravigliosamente. Il sapore delle sue labbra, mi diede alla testa. Sapeva forse di fragole, o lamponi, non sapevo dirlo. Era il sapore più buono che avessi mai sentito.
Marinette, però, posò una mano sul mio petto, e mi diede un colpetto.
Quel gesto, mi riportò alla realtà. La lasciai andare, più sconvolto di lei da quel mio gesto avventato.
Marinette mi guardò, tutta rossa in faccia. Io pure, mi sentivo il viso bruciare, e ringraziai di indossare una maschera che lo celava.
"Giuro... " Bofonchiai, il sapore di quel bacio ancora a inebetirmi. "Che non ho idea... del perché l'ho fatto. Mi...mi dispiace!"
Lei mi guardò in silenzio, fisso. Respirava affannosamente, mordicchiandosi le labbra.
Oddio... era arrabbiata?
"Ok, io... io andrei, adesso. E... scusami ancora. Buonanotte. "
Feci per voltarmi e uscire, ma lei non me lo permise. Mi afferrò un braccio, mi fece voltare e... stavolta fu lei, a baciare me.
La strinsi forte, quasi sollevandola di peso, e lei mi accarezzò piano il viso.
Il secondo bacio mi portò lontano.
Persi cognizione di tempo e spazio.
Al mondo, ormai, esistevamo solo lei e io.
Lei, poi, si separò da me, com mio totale disappunto.
"Adrien... " mormorò, si e no a un centimetro dal mio viso.
"Che c'è... " risposi.
Lei rise.
"Come, che c'è? Adrien... starà arrivando, no?"
"Eh? ma sono qui, che... "
Grazie a dio, tornai lucido prima di rovinarmi del tutto...
"... che imbarazzo, se entrasse adesso! Meglio levare le tende!"
La lasciai malvolentieri andare, e mi arrampicai fuori dalla finestra. Prima di lanciarmi nel buio, mi voltai a guardarla. Mi sorrideva.
Dio, quant'era bella...
"Buonanotte, principessa." Sussurrai.
"Buonanotte, mio principe." Mi rispose lei. Io risi.
"Sì è mai visto, un principe vestito da gatto?"
E godendomi la sua dolce risata, mi lasciai cadere nel vuoto, inghiottito dalla notte.
STAI LEGGENDO
Sei solo tu
Fanfictionil destino ti aspetta in fondo al sentiero intrapreso per sfuggirgli. Non importa quello che si fa, se una cosa è destinata a succedere, succederà. È se un amore è destinato a nascere, nulla potrà impedirlo ❤