Adrien

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Seduto dentro l'ascensore, la schiena posata contro il vetro freddo, mi chiedevo... come può esistere, tutto questo?
Come può essere tutto reale? E soprattutto... come posso accettarlo?
Come potevo trovare la forza di capire e prendere atto di tutto ciò che avevo visto?
Come potevo... perdonare mio padre per tutto quello che aveva fatto?
Mio padre...
Mi prese un morso di rabbia alla bocca dello stomaco.
Mio padre, che come una mammetta isterica, mi rinchiudeva in casa perché stessi lontano dalla vita che, a detta sua, poteva essere troppo pericolosa per me...
Mio padre, che reputava cattive compagnie ogni essere umano con cui mi capitava di interagire...
Mio padre, sua perfezione suprema... era niente meno che papillon, il male in persona.
E come se ciò non bastasse... aveva fatto... sa dio cosa a mia madre!
La rabbia mi fece venire i brividi in tutto il corpo.
Mamma...
Che cosa aveva fatto a mia madre!?
Le porte dell' ascensore si spalancano, proprio nello studio di mio padre.
Lui era là, dove lo avevo lasciato, seduto per terra, gli occhiali in mano, a fissare il vuoto con aria assente.
La furia che mi pervadeva, non perse il passo.
Caricai a bestia su di lui, come mai avevo fatto in vita mia.
Lo afferrai per la giacca, e lo costrinsi a guardarmi. Lui mi fissò incredulo, stupito da questa mia ira. Non cedetti:
"CHE COSA HAI FATTO?" gli urlai con foga. "LA MAMMA... CHE COSA LE HAI FATTO?!"
Lui mi fissò sbalordito ancora un attimo. Poi, assunse il suo solito cipiglio severo, e afferrò i miei polsi.
Nel momento esatto in cui il suo tocco sfiorò la mia pelle, scattai come una molla.
"NON MI TOCCARE!" gridai, scansandomi. "NON TI AZZARDARE A TOCCARMI! E RISPONDIMI... VOGLIO SAPERE COS'HAI FATTO A MIA MADRE!"
"FINISCILA!" esplose lui, e mi afferrò di peso per le braccia, alzandomi da terra, per poi darmi uno scossone. Dimenticavo sempre quanto fosse forte. "Finiscila di urlare! ti spiegherò ogni cosa... "
Mi ricacciò a terra, e tornò a sedersi sul pavimento. Ancora piuttosto furioso, mi ci sedetti anch'io.
"Mi sembra ovvio urlare, no? Ti aspettavi, forse, che prendessi tutto quello che ho visto là sotto con diplomazia?!"
"Non ho mai avuto simili pretese. Più tempo passava, più ero sicuro che avresti reagito male. Ma se gridi in quel modo, ti rovinerai la gola... "
Strabuzzai gli occhi.
Ok, ora lo picchio...
"La go... la gola? Mia madre è sotto questo pavimento, in una stramaledetta teca di vetro! Un anno, che la piango morta, ed era qui sotto! Come può importarmi, adesso... DELLA MIA DANNATA GOLA?!"
"Finiscila, ho detto!" Sbottò di nuovo lui. "Dubito fortemente, arrivati a questo punto, che ti importi minimamente, ma... sappi, che non c'è stato un giorno, nell'ultimo anno e mezzo, in cui i sensi di colpa non abbiano roso la mia coscienza, come un ingordo tarlo. Ho sofferto le pene dell'inferno, credimi. Mai avrei voluto accadesse nulla di ciò che è successo. Lo giuro... sulla tua vita, la cosa più cara che ho."
Mi sentii in potere di sbuffare.
"Dubito che qualcosa, che non sei tu, ti sia cara... "
Lui mi afferrò con veemenza.
"Non osare mai più dire una cosa del genere! Tu e tua madre siete la ragione della mia vita! Io vi amo più di ogni altra cosa al mondo... "
"Tu non puoi amare niente! Un essere spietato che tormenta le vite di uomini, donne... bambini! Ecco quello che sei! Hai akumizzato mezza città, seminando distruzione e panico! Sei... solo un mostro!"
Lu sospirò, chiudendo gli occhi, con aria sofferente.
"So di aver commesso crimini indicibili, ne sono cosciente..."
"E allora perché l'hai fatto?!" Esclamai, afferrandolo di nuovo. "Perché ti sei spinto fino a questo punto? Fino... a ridurre la mamma... in quello stato!?"
Avvertì un nodo in gola, ma mi imposi fermamente di non mostrare debolezza.
Per una volta, nella vita, ero io che mettevo mio padre spalle al muro, e non viceversa.
"No! Adrien... dio mi è testimone, non sono stato io a ridurre tua madre in quelle condizioni! Io... ho cercato di salvarla! Devi credimi! Io... io non le avrei mai fatto del male..."
Lo osservai fissare il vuoto, perso in chissà quale tremendo ricordo, lo sguardo malinconico ed assente.
Ok, i matti vanno assecondati, mi dissi. Fargli domande alla rinfusa, serviva solo a mandare in crisi lui, e a far imbestialire me.
Bisognava procedere per gradi, se volevo delle risposte concrete. Non avevo tutto il tempo del mondo, lo sapevo, milady aveva bisogno di me il prima possibile.
Ma sentivo che, senza risposte, la mia mente avrebbe vagato senza meta, privandomi della giusta concentrazione. Avevo bisogno di sapere, era troppo importante...
"Così non andiamo da nessuna parte, e io ho i minuti contati, devo tornare là sotto... " gli dissi, dunque. "Quindi non perdiamo tempo in futili chiacchiere. Allora, andiamo in ordine... primo: Dove li hai presi, quei miraculous?"
Lui prese fiato e deglutì, prima di rispondere.
"Tua madre è sempre stata diversa da me, lo sai. Io amo la pace e la tranquillità delle mura domestiche. Lei, era un uccelletto selvatico, sempre pronto a prendere il volo.
Però io l'amavo così com'era, e lei amava me, così com'ero.
Quando ci siamo sposati, io sapevo che lei desiderava un viaggio di nozze, ma non aveva osato chiedere, sapendo che a me l'idea di spostarmi, non piaceva affatto. Così, senza dire niente, organizzai tutto in gran segreto, per farle una sorpresa. Ma la sorpresa la fece lei a me. Il giorno che le dissi del viaggio, lei mi disse... "
"Che aspettava me... " conclusi io. Conoscevo quella storia. Me l'aveva raccontata la mamma...
"Esatto. Ovviamente, non potevamo intraprende viaggi troppo stancanti, nei primi mesi della gravidanza. Così decidemmo, all'unanimità, di posticipare."
Respirò a fondo.
"Tu venisti al mondo nove mesi dopo, e per noi fu la gioia terrena più pura. Tua madre è innamorata di te, alla follia... e io come lei."
Distolsi lo sguardo da quegli occhi pieni d'amore, che mi guardavano.
Non volevo permettergli di intenerirmi.
"Credevo che col tuo arrivo, la sete di avventura in tua madre si fosse placata. Fare la mamma, le piaceva più di ogni altra cosa, e pensavo le bastasse.
Ma il suo sogno, invece, anni dopo, tornò a bussare alla sua porta.
E lei, candidamente, me lo disse.
E io, che per quella donna, camminerei scalzo tra le braci dell'inferno, acconsentì ad esaudirla.
E un anno e mezzo fa, Emilie poté finalmente coronare il suo sogno: vedere il suo amato... Tibet."
Mio padre prese fiato.
"Tua madre amava tutto, di quella terra. Usi, costumi e cultura. Divorava libri su libri.
E in uno di questi, aveva letto di un antico tempio su una montagna, sparito misteriosamente un centinaio di anni prima, in cui si diceva vivessero dei monaci... custodi di strani gioielli dotati di poteri magici. Fu lì che ci dirigemmo, come prima tappa. Tua madre voleva sapere se quel tempio era leggenda... o realtà."
Realtà, pensai io.
Mamma cercava il tempio dei guardiani dei miraculous, finito nella pancia di quell'ingordo demone creato in errore da maestro Fu.
"Ovviamente, non trovammo nulla, se non un pugno di leggende. Tua madre restò un po' delusa, ma fu comunque felice di aver potuto vedere tutto coi suoi stessi occhi. Il giorno dopo, saremmo dovuti partire per tornare a casa. Ma accadde qualcosa di imprevisto... "
Vidi mio padre rabbuiarsi. Io annuì.
"L'incidente... " dissi io. "L'incidente in cui la mamma... "
Feci una smorfia irritata.
"Beh, almeno, questo è quello che mi hai propinato tu. La verità, invece, qual'e?"
Lui strofinò con le dita i suoi occhi grigi.
"Non lo so... " rispose. "Sei libero di non credermi, ma è la pura verità.
Tua madre fece un giro nel bazar locale, per prendere dei souvenir. Quando tornò, mi mostrò delle spille che un mercante le aveva venduto su una bancarella, insieme a un antico grimorio. Una spilla era a forma di farfalla, una sembrava la coda di un pavone. Lei adorava quest'ultima, e decide di appuntarla alla sua sciarpa. Ma nell'istante in cui la mise... "
Mio padre afferrò la sua testa tra le mani, tremando.
"Non so cosa sia successo, lo giuro! So solo che tua madre è stata invasa da una luce, e quando quest'ultima è svanita... lei era lì, davanti a me, per terra... in quello stato... "
"È stata la spilla... " dissi io. "Era... un miraculous."
Lui annuì.
"Si. L'antico libro che tua madre aveva acquistato con quelle maledette spille, spiegava tutto. E lo fece anche la creatura che apparve una volta che ebbi indossato la mia, di spilla... "
Nooro, il kwami della farfalla, pensai.
"Scoprii da lui, che la leggenda dei gioielli magici era vera. Quei monaci custodivano davvero, un segreto millenario. Il segreto di un potere superiore, che poteva cambiare le sorti del mondo."
"Perché non hai portato la mamma in ospedale?" chiesi.
Lui scosse la testa.
"Mi avrebbero chiesto cosa le era capitato. E dato che, come mi aveva spiegato la creatura uscita dalla mia spilla, non si poteva fare parola dell'esistenza dei miraculous con nessuno, mantenni il silenzio.
Con un aereo privato, feci ritorno con tua madre in Francia. E comunicai al mondo e... beh, a te, che avevo perduto mia moglie in un incidente in montagna, durante un viaggio in Tibet. Ti mandai da tua zia e tuo cugino in Inghilterra, con la scusa di farti riprendere dallo shock. E in quel lasso di tempo... feci costruire sotto la nostra casa... la stanza che hai visto.
Lì, nascosi tua madre e il suo segreto, in attesa di trovare il modo di riportarla tra noi. Non diramai mai la notizia della sua morte. Dissi che era dispersa, così quando avrei trovato il modo di riaverla, il mondo l'avrebbe visto come nient'altro che un miracoloso ritorno a casa... "
"E nel frattempo, ti sei trovato un passatempo: diventare il pazzo che terrorizza Parigi con le sue akuma!" Sbottai.
La storia che avevo appena sentito era incredibile. Ma per me, che in quel mentre sfioravo furtivo con un dito proprio uno dei più potenti tra i magici gioielli citati da mio padre nel suo racconto, era più che sensata.
"Ma che diavolo, papà... quello che hai fatto, non mi sembra un modo per aiutare la mamma! Era davvero necessario diventare... un mostro?"
Mio padre mi guardò furente.
"Sebbene io sia cosciente di aver sbagliato, non ho alcun rimpianto. Avrei corrotto ogni lembo della mia anima, pur di riavere tua madre... "
"E sentiamo, da dove ti è nata, l'idea di papillon? Te l'ha detto la creatura della spilla, o il grimorio antico?"
"L'uno e l'altro. La creatura della spilla, mi ha parlato dei vari miraculous, compreso il mio e quello... di tua madre. Poi, ha parlato dei due gioielli sovrani, i più forti in assoluto. Il grimorio, poi, mi ha mostrato il loro aspetto: gli orecchini della coccinella, il miraculous della creazione, e l'anello del gatto nero, il miraculous della distruzione.
Unendo quei due miraculous, avrei ottenuto il potere di esaudire ogni mio desiderio. Anche quello... di poter riavere tua madre. Non esistevano limiti... "
Tutta roba già sentita. Maestro Fu, mi aveva fatto uno spiegone infinito sul mio anello, e anche sugli orecchini della mia signora.
"Quindi... è per questo che davi il tormento a tutta Parigi, e davi la caccia a ladybug e chat noir come fossero prede da pelle? Volevi i loro miraculous... solo per guarire la mamma?"
Lui mi guardò, e tese incerto una mano verso di me. Sebbene un po' esasperato, gli permise di toccarmi.
"So che forse ora non mi capisci... " disse.
"Sì, che capisco. Non hai cresciuto un un'idiota. Non condivido, certo, ma capisco... "
"Un giorno, quando sarai piu grande, e il tuo cuore conoscerà il dolce oblio dell'amore vero, saprai comprendere meglio ciò che ho fatto. Perché per amore, figlio mio... non esiste niente, che non si possa fare."
Io annuì, e mi alzai in piedi.
"Bene, ho avuto le risposte che mi occorrevano. Ora, se vuoi scusarmi, ho un impegno urgente al piano di sotto... a proposito, ultima domanda... "
Lui annuì.
"Come ha fatto quella peste di Lila, a rubarti da sotto il naso i miraculous?"
Mio padre sbarrò due occhi grandi come fanali.
"Lila? Intendi Lila Rossi? Ma come... è stata quella canaglia di tuo cugino Felix, a tramortire me e Ladybug, e a rubare i miei miraculous e il suo. Beh... almeno credeva di averli tutti e tre. Quella coccinella malefica è più scaltra di una faina... "
"Piano coi botti, ladybug non si tocca!" Protestai, scaldandomi. "E come ha fatto il mio caro cuginetto, a entrare qui? Non ci posso entrare nemmeno io... "
"Ha detto che voleva parlarmi. Si trattava di un furtarello che mi aveva fatto tempo fa, quando è venuto a trovarci con sua madre. Per scherzo... mi aveva sottratto la fede nuziale dalla mano."
Sempre il solito, pensai.
"Ingenuamente, lo ammetto, gli ho permesso di entrare nel mio studio. Poco dopo... è arrivata lei, Marinette... "
Lo fissai intensamente.
"Tu sapevi che Marinette era Ladybug. È per questo che le hai permesso di restare, altro che temporale. Dovevo immaginare, che il tuo non poteva essere uno slancio di generosità... "
Lui stirò appena un angolo della bocca.
"Che sottile ironia possiede, a volte, il fato. Cerco quella ragazza da quasi un anno, senza esito alcuno. E guarda un po' che va ad accadere: mio figlio invita un'amica ad un ricevimento, e poi le da ospitalità per la notte.
Lei, nottetempo, esce dalla sua stanza e, guarda caso... si imbatte proprio nella creatura uscita dalla mia spilla. Fortunatamente ha visto solo lui, e non me. Ergo, non ha capito subito che quella creatura, apparteneva al sottoscritto... "
Ecco spiegato cosa guardava Marinette, accucciata nell'ombra dietro quel vaso, la scorsa notte.
"Ma quello che è un caso ancora più incedibile, è che io ho visto sia lei... sia la creatura che la accompagnava.
Un esserino rosso fuoco con dei puntini neri. Lo stesso che avevo visto nel mio grimorio... accanto agli orecchini della coccinella."
"Così, furbescamente, il giorno dopo, l'hai invitata a restare in casa, con in pretesto del maltempo. Sapevi che si sarebbe presto fatta due conti... e che alla fine, sarebbe arrivata a te."
"Hai perfettamente ragione. Mai sottovalutare l'astuzia dei nemici. Conosco l'acume, di quella ragazza... "
Tsè... è quello era niente!
"Sfortunatamente per me, covavo inconsciamente una serpe in seno. Tuo cugino, pare, alla festa di ieri sera, a detta sua, aveva involontariamente visto la tua amica tornare normale, dopo essersi trasformata.
E non appena l'ha vista entrare nel mio studio, ha capito ogni cosa anche su di me. Ha dunque attaccato lei, per prima. Ha usato una tecnica insolita, debbo dire: le ha sfiorato la guancia con un bacio. E lei, immediatamente dopo, è svenuta. Prima che potessi impedirgli di fare lo stesso con me, ha fatto qualcosa di assurdo: ha cambiato forma! Da se stesso... è diventato Marinette!
Un attimo dopo, approfittando del mio momentaneo smarrimento, ha attaccato anche me, nello stesso modo. Mentre ero qui che riflettevo,  pochi minuti fa, mi è sovvenuto che quel potere l'avevo già visto..."
"Certo che si. È il potere del camaleonte che avevi dato a Lila, papillon. Quello non era Felix... era sempre lei!"
Mi venne un prurito alle mani ferocissimo. Mio padre, con tutto il bene che gli volevo, un bel colpo basso come quello, se lo meritava, visto il casino che aveva combinato!
Ma milady no...
Quella là, milady, non la doveva sfiorare, neanche col pensiero!
"Ok, ora ho davvero tutte le informazioni che mi servivano. E anche una buona dose di nervi, devo dire... "
Mio padre mi guardò. Lessi una tacita domanda, in quello sguardo.
"Non puoi pretendere il mio perdono così facilmente. Ho pianto una tomba vuota per un anno e mezzo, per colpa dei tuoi giochetti. So che non è del tutto colpa tua, ma le tue bugie lo sono. Mi serve tempo... "
Lui annuì, sebbene un po' rattristato.
Io sospirai.
"Mi è impossibile smettere di volerti bene, se è questo che temi. Mi hai dato la vita, il mio amore per te e per la mamma, scorre nelle mie vene, insieme al mio sangue... che poi è anche il tuo."
Vidi luccicare qualcosa, negli occhi di mio padre, al suono di quelle mie parole.
Ma sparì in fretta, nascosta strategicamente dagli occhiali, inforcati prontamente.
Premetti, scuotendo la testa e tirando su col naso, gli stessi triangolini che avevo visto premere a mio padre poco prima. Davanti a me, si aprì il passaggio.
Feci per entrarci, ma mio padre mi bloccò.
"No! È troppo pericoloso, per te, scendere là sotto! E poi, non puoi fare niente..."
Io gli misi una mano sulla spalla, e gli sorrisi.
"Per amore... non c'è niente che non si può fare. Me l'hai detto tu, no?"
Lui mi guardò, stupito.
"No... " mormorò, basito. "Vuoi dire che tu... lei..."
Io annuì.
"Il fato ha davvero un'ironia sottile, pare. Tu, ladybug, la volevi distruggere. Io, ladybug, appena sarà possibile... la voglio sposare!"
Mio padre mi guardò come se avessi espresso il desiderio di arruolarmi nei marines.
"Ma... ma... " biascicò mio padre. "So... sorvolando su quest'incoscienza che hai appena detto, Adrien... non puoi fare nulla, per lei. Tu non possiedi un miraculous! Quelle creature al loro interno, ti donano poteri spaventosi! Morirai, se li affronti!"
Sorrisi ancora.
"Intanto, non si chiamano creature. Il nome giusto, mi pare che sia kwami. E, dimmi... assomigliano, per caso, a questo qui?"
Lasciai uscire plagg dalla mia giacca. Lui fissò truce mio padre. Ovviamente, non gli andava giù il trattamento subito dall'amico nooro, da parte sua.
Mio padre lo guardò incredulo, come fosse un'apparizione sacra.
"Il kwami del gatto nero... " mormorò. Poi divenne pallido, e mi fissò.
"Ma questo vuol dire che tu... che tu, figlio mio, sei... "
"A quanto pare, i passatempi strani sono di famiglia... " dissi, e invocata la formula, mi trasformai davanti agli  occhi increduli di mio padre.
"Si, papillon, mio caro padre... " dissi. "Io, tuo figlio... sono il portatore del miraculous del gatto nero, l'anello della distruzione.
Io... sono chat noir!"


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