Marinette

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Ok, riassunto delle puntate precedenti:
-Ho passato una serata straordinaria con Adrien, nei panni della sua fidanzata.
-Papillon aveva pensato bene di venire a rompere le uova nel paniere, e aveva akumizzato il padrone di casa.
-Chat noir mi aveva riportata a casa al posto del mio cavaliere, che era momentaneamente non pervenuto al civico... e poi mi aveva baciata.
-Io l'avevo baciato a mia volta, subito dopo.
Bene. Concludendo, direi... che il mondo era andato ufficialmente fuori di testa!
Mi sedetti sul divano, e mi misi a contemplare il cielo notturno, in attesa che Adrien tornasse.
E intanto, pensavo a quello che era successo poco prima.
Già... che cavolo era appena successo?!
Chat noir... mi aveva baciata!
L'aveva fatto tanto inaspettatamente, che non avevo potuto impedirglielo in nessun modo.
Ed era stata una cosa... a dir poco grandiosa!
Anche se, bisognava dirlo, non avevo molti margini di paragone, visto che non avevo, tecnicamente, mai baciato nessuno.
Dico tecnicamente perché sì, avevo già baciato qualcuno. Ma la prima volta, era stata un emergenza, e non ci avevo dato peso.
La seconda, ero stata akumizzata, e non ricordavo nulla.
Oh cielo, ora che ci riflettevo... entrambe le volte, si trattava di chat noir! E anche questa volta, era lui!
Wow, non ci avevo mai pensato!
Adrien era il mio primo, grande amore, ma... avevo baciato sempre e solo chat noir!
Solo lui. E per ben tre volte!
No, quattro.
Me ne resi conto ripensandoci, e automaticamente avvampai.
Erano quattro volte, non tre.
Perché subito dopo essere stata baciata a tradimento da chat noir, mossa da chissà quale impulso... l'avevo baciato a mia volta anch'io.
Sollevai le gambe, e nascosi il viso dietro le ginocchia.
Quando mi aveva baciata lui, era stato molto bello. Ma quando poi l'avevo baciato io... avevo letteralmente sentito le campane!
Ma com'era possibile? Come facevo ad essere impazzita per il bacio di un ragazzo che, punto primo, non era quello di cui ero innamorata.
Punto secondo... non avevo la più pallida idea di chi fosse!
Eppure, nel momento in cui chat noir mi aveva baciata, e anche quando poi l'avevo baciato io... niente di tutto questo, mi aveva sfiorata. Nemmeno ad Adrien, avevo pensato.
Già, Adrien... ma dove diavolo era finito?
Come aveva fatto, poi, a non essere già arrivato, se era partito prima di noi?
Il colmo sarebbe stato, se chat noir avesse capito male, e in quel momento Adrien fosse ancora a villa de tulips, a cercarmi dappertutto come un matto.
No, era assurdo, pensai.
Evidentemente, l'autista di madame Lamorliere guidava meglio del gorilla di casa Agreste. Oppure, semplicemente, conosceva una strada più corta.
Presi il mio telefono dalla borsa, stando attenta a non svegliare tikki, profondamente addormentata col musetto costellato di briciole di macarons.
Cercai il numero di Adrien nella rubrica.
Rimasi col dito sospeso sopra il tasto di chiamata.
Mi prese il panico.
Non avevo il coraggio di chiamare.
La mia mano tremava, sopra lo schermo. E non come le altre volte, che avevo provato a telefonargli, e la mia timidezza me lo aveva impedito.
Cosa mi prendeva?
Come mai, mi sentivo così angosciata? Perché... avevo paura di chiamarlo?
Avevo planimetrie formato poster, degli orari di quel ragazzo. Sapevo vita, morte e miracoli, di quello che faceva e con chi, ogni santo giorno!
Ora lui era là fuori, di notte, e io non sapevo dove.
Dovevo chiamarlo, ero molto in pensiero!
Perché... perché non ci riuscivo?
Un attimo dopo, Adrien aprì la porta, e strisciò in punta di piedi in camera sua. Non appena mi vide, mi corse incotro, e mi abbracciò forte.
"Grazie al cielo, stai bene! Mio padre ha fatto il diavolo a 4, quando ha saputo dell'allarme akuma! Ha spedito la mia guardia del corpo a recuperarmi, senza darmi il tempo di cercarti. Per fortuna, uscendo, ho beccato Chat noir, e l'ho spedito a prenderti! Oh Marinette... mi dispiace tanto, perdonami."
Tremai piano, tra quelle braccia che amavo tanto, e che ora mi irradiavano del loro calore.
Oddio, forse sapevo cosa mi stava succedendo.
"Non hai... nulla di cui scusarti. In fondo... non è colpa tua, se papillon soffre di insonnia!"
Cercai di sdrammatizzare, per tranquillizzare lui... e distrarre me.
Con lui funzionò, perché mi sorrise dolcemente.
Con me no. Mi sentivo malissimo.
Non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi. E sapevo bene, il perché.
Io, sebbene non ci fosse alcun legame sentimentale effettivo tra noi, amavo Adrien più di me stessa. E quella sera, dal mio punto di vista, mi sentivo come... se l'avessi tradito.
"La tua camera è qui, proprio accanto alla mia. C'è il bagno privato, e tutto l'occorrente per rinfrescarsi, compreso un pigiama e delle pantofole. Teniamo tutto lì per gli ospiti. Non so per quale motivo, visto che mio padre non vuole ospiti, ma va beh... "
Ridacchiai, un po' forzatamente. Lui mi fece strada, e mi accompagnò fin davanti la porta della mia stanza.
Ma prima che la aprissi, Adrien mi prese la mano. La sua pelle sulla mia, fu come ferro rovente. Il senso di colpa mi bruciava ovunque.
"Senti, Marinette... " mi disse, un po' esitante. "Se non hai già sonno... ti va di restare un po' di là con me? Possiamo guardare un film, o chiacchierare un po'. Tipo... pigiama party! Non ci sono mai stato, ma in tv li ho visti fare, e sembra una cosa divertente!"
Lo guardai. Il mio istinto mi diceva di rifiutare, rintanarmi nella mia stanza, e scappare via alle prime luci dell'alba. Ma quegli occhioni così pieni di speranza, mi fecero una tale tenerezza che non trovai il coraggio di deluderlo. Mi aveva regalato un sogno, quella sera. E da me, lui voleva un innocuo pigiama party, come potevo dire di no?"
"Ma certo! Esco da questa bomboniera gigante, e ti raggiungo di là. Però niente... "
"... niente film horror. Lo so, lo so."
Mi fece l'occhiolino, sorridendomi amorevolmente, aprì la porta e mi lasciò entrare in camera, per poi andare ad attendermi nella sua.
Che... schifo... di... essere... ero?!
Quell'angelo meraviglioso si era ricordato che odio i film horror.
Poteva fregarsene, non era una cosa che doveva importargli tanto da volerla memorizzare.
Eppure, l'aveva fatto.
E io, per ringraziarlo, gli avevo messo le corna!
Ok, tecnicamente non l'avevo fatto, ma mi sentivo come tale!
Mi tolsi il vestito, inforcai un paio di morbide pantofole che trovai accanto al letto, mi sciacquai via dal viso i vari strati di trucco, mi feci le mie solite ma rassicuranti codine, e mi contemplai nello specchio, cercando di darmi una calmata.
Guarda in faccia la realtà, mi dissi. Non esiste alcun legame, ergo non esiste alcun tradimento.
Agli occhi di Adrien, non avevo colpa. Agli occhi di nessuno, ne avevo, a dirla tutta.
E poi, parlando in tutta franchezza... che male avevo fatto?
Adrien mi voleva bene, ma non mi amava, né ero pienamente cosciente. Quindi... che c'era di male, ad aver baciato chat noir?
Niente.
Esattamente come quando ipotizzavo un possibile legame con Luka che andasse oltre la semplice amicizia.
Non ero mai riuscita a trovare il coraggio di baciarlo, ma non è che non potessi, se solo avessi voluto.
Tutto ciò che mi frenava dal farlo, era he i miei sentimenti per Adrien erano ancora troppo forti, per decidere di andare avanti con un altra persona.
Chat noir mi aveva aiutata a sbloccarmi, a parlare francamente con me stessa. Mi sentivo meglio, più sicura di me.
Il suo appoggio morale mi aiutava sempre, in una veste o nell' altra.
Non sapevo affatto, il perché avevo accettato il suo bacio.
Come non sapevo perché, poi, l'avevo baciato a mia volta.
Ma sapevo per certo una cosa: Sentirmi in colpa nei confronti di Adrien, non aveva senso.
In fondo, pensai poco dopo chiudendo i bottoni del meraviglioso pigiama di seta che avevo trovato nella cabina armadio, lui mica si era sentito in colpa nei miei confronti, baciando Katami su Pont des Arts!
Tornai in camera di Adrien con questo pensiero, e molti meno sensi di colpa. Bussai, e lui mi aprì prontamente. Indossava il pigiama anche lui, ma molto più casual del mio: maglietta bianca e pantaloni a quadri blu.
"Ti avverto per tempo. " gli dissi, entrando in punta di piedi. "Se vi manca un pigiama nella camera degli ospiti, non serve chiamare la polizia, perché l'ho rubato io."
Adrien rise.
"Te lo regalo più che volentieri. Ti sta troppo bene. "
Avvampai, e gli sfilai davanti per dirigermi svelta al divano.
Lui mi raggiunse, e si sedette accanto a me.
Sul tavolo, vidi che aveva sistemato un po di schifezze da sgranocchiare.
Bene, pensai, afferrando un bel biscotto al cioccolato, masticare aiutava a sciogliere la tensione.
Tanto più che, grazie al signor farfallone, stavo tirando a campare con una sola tartina ai pomodorini in corpo. Non ci vedevo più, dalla fame!
"Ok, che film hai scelto?" Chiesi, mordendo il biscotto, e nascondendo una smorfia. Odiavo i biscotti confezionati, papà mi aveva abituata bene.
"Un thriller." Mi disse, prendendo anche lui un biscotto e mordendolo. "Che schifo... tuo padre li fa cento volte meglio."
"No, ma come, un thriller?! È uguale a un film horror! " protestai.
"Non è vero, i thriller non fanno paura." Puntualizzò lui.
"Mi fanno paura anche i film con gli assassini. Mi mettono l'ansia, e mi vengono gli incubi... "
Tirai su le gambe, e afferrai un cuscino del divano tra le braccia. Lui mi guardò intenerito, e anche un po' divertito.
"Gli assassini fanno sempre una brutta fine, in questi film. Pensa a questo, dopo, se non riesci a dormire."
"Se dopo non riesco ad addormentarmi, verrò qui in camera tua, e ti tirerò i piedi come fanno i fantasmi!" Sbottai, osservandolo ridacchiare.
"Ok, facciamo così: Se dopo hai paura, vieni a dormire con me, ok?"
Un attimo dopo, parve rendersi conto di quello che aveva appena detto, e la sua faccia prese fuoco.
Mai quanto la mia, però...
"I... intendevo che potevi dormire con me qui, in camera mia! Io... io avrei dormito sul di... divano, ovviamente... "
"M... ma certo, avevo capito subito co... cosa volevi dire!" Lo rassicurai. L'imbarazzo ci impedì di aggiungere altro, così Adrien fece partire il film, e lo guardammo in silenzio.
Ovviamente, dopo neanche mezz'ora di film, ero pressapoco catatonica dalla paura. Mi sembrava di sentire rumori dappertutto, in quella stanza, e vedevo ombre ovunque.
Guardai Adrien con la coda dell'occhio. Sembrava quasi annoiato. Che ironia...
D'un tratto, il killer sbucò da dietro il divano della vittima, un coltellaccio alla mano, e io per lo spavento persi minimo 10 anni di vita. Zompai letteralmente in braccio ad Adrien, e tuffai la faccia nel tuo petto. Lui si spaventò più per la mia reazione, che per il film.
"Oh, ehi, calma, l'ha mancata!" Mi disse, un po' divertito.
"Non mi fido! Lo so che la prenderà, prima o poi, e non voglio guardare!" Dissi attraverso la stoffa del pigiama di Adrien. Lui rise piano.
"Ok, resta lì. Ti dico io, quando puoi guardare. "
Io annuì, e rimasi nascosta.
Un attimo dopo, mi corse un altro brivido, ma non era affatto paura, stavolta.
Adrien, probabilmente sovrappensiero, aveva preso ad accarezzarmi la schiena. Sentivo le sue dita scivolare su e giù lungo le mie vertebre, come fossero i tasti del suo pianoforte.
In primis, provai molto imbarazzo.
Poi, quel tocco leggero e costante, unito al calore del suo abbraccio, mi fece rilassare talmente tanto, che finì per addormentarmi.
Mi svegliai in piena notte, in un letto che non conoscevo ma con un profumo molto familiare.
Ero nel letto... di Adrien!?
Mi tirai a sedere. Come ci ero finita, lì?
Scivolai fuori dalle lenzuola, e andai piano piano verso il divano.
Ed eccolo lì. Adrien dormiva profondamente, un'aria pacifica e adorabile sul viso.
Era così carino, che me lo sarei mangiato!
Doveva essersi accorto che mi ero addormentata, e per non rischiare di svegliarmi portandomi nell'altra stanza, mi aveva messo nel suo letto, per poi mettersi a dormire sul divano. Che angelo!
Decisi di non rendere vani i suoi sforzi per farmi dormire bene, e me ne tornai a letto.
Ma qualche minuto dopo, qualcosa richiamò la mia attenzione.
Dal corridoio, venne una sorta di rumore sordo, insolito.
Sembrava... un miagolio.
Adrien non aveva gatti, che io sapessi, per cui trovai molto insolito un rumore del genere, in quella casa, nel cuore della notte.
Tesi l'orecchio, in attesa di conferma o smentita. Magari l'avevo immaginato, pensai.
E invece, eccolo di nuovo.
Un miagolio sommesso, quasi sofferente.
Saltai giù dal letto, e controllai Adrien. Dorniva della grossa.
Attenta a non fare rumore, dunque, abbassai piano la maniglia della porta, e sgusciai fuori dalla stanza, nel buio corridoio.
C'era un silenzio assordante, e la luce era fioca e intermittente, man mano che passavo davanti alle grandi vetrate. Sembrava di stare in un monastero. Avevo la pelle d'oca.
Un po' pentita di essermi avventurata da sola, in quella casa enorme che non conoscevo, ero quasi sul punto di girare i tacchi e ritornare in camera di Adrien, quando sentii di nuovo quel misterioso suono.
Stavolta, a pochissima distanza da me.
Mi guardai intorno, e decisi di nascondermi dietro un grosso vaso bianco, vicino alle scale che portavano all'ingresso.
Un attimo dopo, la fonte di quel miagolio lamentoso si palesò davanti a me... e per poco non mi sfuggì un urlo.
Là, nell'ultimo posto al mondo dove avrei pensato di vederne uno, galleggiando a mezz'aria con aria un po' apatica... c'era un kwami.
Non uno di quelli che avevo già visto, era una faccia nuova.
Era color lavanda, con grandi occhi viola e delle alucce sulla schiena.
Aveva l'aria di essere piuttosto stanco. E anche un po' depresso.
Non svolazzava allegramente come tikki, o gli altri kwami che avevo visto. Sembrava quasi trascinarsi, mentre voltava l'angolo, e spariva alla mia vista.
Che cosa assurda!
Che accidenti ci faceva, lì dentro, un kwami?
Maestro Fu ne sapeva niente? Lui era il loro guardiano, in fin dei conti.
No, un attimo...
IO ero la loro guardiana, adesso!
Oh santo cielo...
Avrei dovuto chiamarlo, e prenderlo con me, maledizione!
Presi un bel respiro, e costatato che ero al sicuro, uscii dal mio nascondiglio. Feci per alzarmi, e seguire il kwami, quando un altro di loro sbucò dal nulla, facendomi venire un accidente. Stavolta, però, il kwami in questione era un volto noto: Era il mio, tikki.
"Dove vai in giro, di notte?" Mi chiese.
Io la afferrai, e me la nascosi in tasca.
"Dovrei chiederlo io, a te! E se Adrien ti avesse visto?"
"Russava, quando sono uscita dalla sua canera, tranquilla. Che ti succede? sembri sconvolta."
"Oh non puoi sapere quanto, ma non è il momento di parlare, adesso, dobbiamo tornare in camera, prima che si svegli..."
"Marinette?"
Ecco, appunto.
Adrien sbucò dal buio, l'aria un po' preoccupata.
"Adrien! Che... cosa fai sveglio, a quest'ora?"chiesi.
Già, da quale pulpito...
"Mi sono svegliato per andare in bagno, e ho visto che non c'eri. Ho pensato fossi andata in camera tua, e ho voluto controllare che fosse tutto a posto. Ma non eri lì, così ti sono venuto a cercare. Ero un po' in pensiero. Ci sono stanze, in questa casa, in cui è meglio non entrare, sai... stanze private di mio padre."
"Certo, assolutamente! Hai... hai fatto benissimo, a venire a cercarmi. Io... volevo tornare nella mia stanza, effettivamente, ma... ho finito per perdermi!"
Lui mi sorrise, e prese la mia mano.
"Nessun problema, ti ci porto io... "
Camminammo in silenzio per il buio corridoio. Arrivati alla mia stanza, Adrien si congedò da me, augurandomi la buonanotte.
Io ricambiai, e lo guardai entrare in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle.
Feci lo stesso. Partire alla ricerca di quel kwami all'arrembaggio, senza idee sul dove potesse essersi infilato, e per di più con l'agghiacciante prospettiva di poter finire in una delle stanze private di Gabriel Agreste, mettendo nei guai sia me che suo figlio, era decisamente fuori questione.
No, lì bisognava elaborare un piano preciso. Non potevo permettermi errori.
Anche perché, pensai infilandomi sotto le coperte, non si trattava certo di qualcosa di semplice.
La situazione era grave, me lo sentivo.
Il kwami che avevo visto, non era uno di quelli che conoscevo, e che ora avevo in custodia.
E questo significava solo una cosa: Era uno dei due kwami scomparsi, ovvero il pavone o la farfalla.
Sapevo chi li aveva, e questo mi fece agitare ancora di più.
Il miraculous del pavone era con Mayura. Quello della farfalla... lo aveva papillon.
E se quel kwami era uno o l'altro, significava solo una cosa: Stava succedendo decisamente qualcosa di pericolosamente strano, in casa Agreste.

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