Chapter 7

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Maca's P.O.V.

Guardai l'orologio al mio polso per la sesta o settima volta. Jorge era partito da circa un'oretta e mezza, aveva un appuntamento in un paesino a poche ore da Madrid. Purtroppo non ero riuscita a provare altro che un grande sollievo quando me lo disse..anche in macchina, mentre m'informava di un'ennesimo impegno, avevo cercato di interpretare uno sguardo triste. In parte mi resi conto che il 70% di quello sguardo esprimesse davvero delusione nei suoi confronti per il fatto che non si impegnasse mai per me. Prima il lavoro, poi sua moglie.
In quell'auto portai di nuovo la mano sulla mia pancia, riflettendo su come quella creatura fosse ormai l'ultima a tenermi così legata a lui. Come un superstite di una tempesta troppo confusa.

Invitai Zulema con l'elettricità nel corpo, sentendomi una bambina. Non vedevo l'ora di guardarla, toccarla, sentirla semplicemente di nuovo vicino a me.
Si era fatto abbastanza tardi e temevo avesse perso l'indirizzo o che qualche sua paranoia del cavolo l'avesse bloccata di nuovo.. finché poi non sentii il campanello suonare. La casa in effetti era facile da trovare, la casa di uno come Jorge era TROPPO facile da trovare. Ormai si poteva considerare la nostra casa, ma non mi ci ero mai abituata interamente. Qualcosa mi diceva sempre che non sarebbe mai stato il mio ambiente.

Apro la porta e la trovò lì, con il suo solito carisma e l'eccessiva capacità di trovarsi preparata in ogni occasione, da ogni punto di vista. Pareva così pronta, esperta, anche soltanto guardandola un attimo. Il suo outfit era semplice, ma mi faceva impazzire, mi ricordava un ragazzino furbo pronto ad intrufolarsi nella mia camera. Mi sorride piano e gira la testa verso destra e sinistra, come da assicurarsi che non ci fosse nessun altro. Sapere che si preoccupasse così di noi mi portava brividi sulla schiena. Mi ero vestita bene per lei, anche stasera.
Una gonna di pelle nera e un top dello stesso colore, parecchio scollato, ma perfetto. Notai come scannerizzò il mio corpo, con quelle mani nelle tasche, poi schioccò la lingua.

"Che dici?..mi fai entrare?"

Sorrisi perché evidentemente avevo passato troppo tempo ad osservarla e a sentirmi più fortunata del giorno prima.

"Entra"

Le ordinai, ma in quell'istante mi sentii già in vena di giocare e prenderla un po' alla sprovvista. Appena cercò di entrare mi misi davanti a lei ostacolandole il passaggio. Cercò seriamente di passare dall'altro lato, ma non permisi neanche quello. Strizzò gli occhi e sorrise capendo la mia provocazione. Nella serietà totale si fermò e come sempre intravidi la lingua passarle sui denti, segno premonitore di chissà quale azione repentina, infatti ci volle poco per far sì che finalmente le sue mani le uscissero dalle tasche per afferrarmi velocemente dai fianchi e farmi saltare. Le mie gambe erano ora attorcigliate attorno al suo ventre.

"Come vuole lei"

Mi sussurrò nell'orecchio, ora che i nostri visi erano quasi attaccati. Entrò in casa con me legata al suo corpo come un koala. Io ridevo e lei stringeva la presa sulle mie cosce. Chiuse la porta con il suo piede e si guardò intorno per trovare un luogo per il decollo.

"Sul divano"

Le dissi osservando il salotto. Lei lo individuò e si sedette sul tessuto blu scuro. Rimanevo a cavalconi su di lei.
Non persi tempo lasciandole qualche bacio sul collo. Aveva la pelle già calda e soltanto questo mi portò a percepire il calore tra le mie gambe, qualcosa che la mia gonna non riusciva più a nascondere..soprattutto ora che ero praticamente appiccicata al suo bacino.
Piegò il collo mentre sentivo le sue mani spingermi il sedere sempre più verso sé.
Improvvisamente mi prese la mascella e mi portò al livello del suo viso. Era seria come una mummia, ma più che provocante. Mi portò le labbra a neanche un centimetro dalle sue, le nostre palpebre intente ad osservarle anche se così vicine.
Sentii i suoi denti afferrarmi il labbro inferiore in una lentezza che mi fece scappare un gemito. Lo prese nella sua bocca iniziando a succhiarlo per poi lasciarlo andare. Senza abbandonare la mia mandibola iniziava a leccarmi le labbra. Cercavo di afferrare le sue ma non me lo permetteva. Non mi liberava, la mano destra che teneva il mio fondoschiena e l'altra mi guidava il viso per permetterle un gioco più divertente.

Una libertad JuntasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora