10. Ormai sa di casa

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Piena sessione estiva, giugno inoltrato.
Alessia.

Apro piano il frigo, provocando comunque il rumore del vetro che si scontra l'uno con l'altro. Alzo la testa, lo vedo dormire beatamente, recupero l'acqua fredda, mi verso un bicchiere ammirando la luce che piano scende dal lucernario. Sono solo le cinque del mattino ma io sono già sveglia come ormai da due giorni, mi preparo con calma la colazione, cerco di sistemare quello che abbiamo abbandonato la sera prima sul divano. Recupero una delle sue felpe anche se siamo in mansarda, anche se siamo a giugno, ma il solo sentire il suo profumo mi tieni attiva, viva.
Preparo la colazione, cerco l'ultimo yogurt nel frigo, recupero i cerali, le gocce di cioccolato che mangio solo io, preparo tutto nella ciotola con incisa la mia iniziale, mi posiziono sul divano, scrollo Instagram, noto come le persone si chiedano chi sia lui, anche se di lui si vede solo una mano. Rispondo a qualche domanda, faccio vedere la mia colazione, essere conosciuta su internet mi fa strano, davvero strano. Devo tener conto di quello che faccio, di come mi comporto, di come sono.
Ripongo la ciotola nel lavello, i piatti li lavo dopo, lo osservo nel mentre mi dirigo in bagno, dorme ancora. Tolgo i vestiti, apro l'acqua facendola scorrere piano, mi butto sotto al getto tiepido, mi rilasso prima di iniziare davvero la giornata.

Passo la prima ora a rileggere gli appunti, fare i miei riassunti e a cercare di ficcare qualcosa nella mia testa. L'esame si avvicina e io rimando sempre tutto all'ultimo minuto. Sento dei rumori provenire dalla camera, mi sporgo noto che ha abbandonato la sua posizione. Ritorno a concentrarmi su i miei fogli mentre piano ripeto le prime cose, questa materia non la sopporto.
"Sei già operativa alle sei e mezza del mattino" la sua voce mi distrae, alzo lo sguardo poggiando la schiena al divano, mi posa un bacio sulla fronte per poi scomparire nel buio della casa. Torno di nuovo sui libri, passo un'ora immersa nel mio studio, non sento nulla, mi concentro, non mi accorgo nemmeno dell'arrivo di Chewbe.
"Pausa?" gli sento dire, l'odore di caffè che si propaga per la casa. Mi alzo, prendo coscienza del mondo che mi circonda, l'aria fresca che riempie quel piccolo spazio.
"Caffè" mugolo avvicinandomi a lui come se mi fossi appena alzata, lo vedo sorridere, quel sorriso che mi uccide ogni volta, a cui non sono ancora abituata.
"A lei" dice per poi posare un leggero bacio che sa di caffè sulle mie labbra.
"Buongiorno" dico piano sorseggiando quella droga, recupero distrattamente il tabacco dal tavolo, faccio una sigaretta seduta sulle sue gambe, mentre anche lui controlla alcune cose al computer, accendo senza pensarci, aspiro la mia droga giornaliera, prendendo il caffè tra le sue braccia.
"Le tue coinquiline non si preoccupano per te?" dice all'improvviso mentre la sigaretta è quasi finita, come anche il caffè.
"Siamo tutte in sessione, non sanno nemmeno come si chiamano in questo periodo" rido al pensiero di tutte alle prese con fogli volanti per casa, con Vera che cerca di mantenere tutte sane.
"Se sei felice tu" dice accarezzandomi la gamba.
"Mi stai cacciando di casa?" dico piano spegnendo la sigaretta, girandomi verso di lui, lo vedo sorridere, come sempre quando sa di aver detto una cazzata.
"Questo mai nella vita" dice per poi farmi il solletico, e odio quando lo fanno, ma quando lo fa lui il mondo diventa come un quadro e non riesco a non ridere compiaciuta con lui.
Sono tre giorni, tre giorni che passo il tempo con lui, che dedico le mie giornate allo studio matto e disperato, alla radio, a lui.
"Sei bella quando ridi" e quando se ne esce con queste frasi io muoio un po' dentro. Incastro i miei occhi con i suoi, il ghiaccio che incontra la terra. Una fusione di anime. Lo bacio, di istinto, senza cerimonie, imprimo me stessa in lui, su di lui.
"Dillo di nuovo" dico piano, staccandomi leggermente da lui, sorrido appoggiando la fronte alla sua, le mani che gli accarezzano i capelli, troppo corti.
"Sei bella quando ridi" dice piano, scandendo tutte le parole, e iniziandomi a solleticare sui fianchi.
"No, per piacere" dico tra una risata e l'altra "così piango, Cesare" urlo, piano però per non farmi sentire in tutto lo stabile. Lui si ferma, mi tira su, posandomi sul tavolo, come se fossi la cosa più leggera di questo mondo.
"Non lo dicevo per dire" si ferma portandomi i capelli dietro le spalle, accarezzandomi il viso "sei bella"

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