23. Vera

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Un anno dopo.

Band, lavoro, uscite, casa, band. Sembra quasi un mantra, quel tipo di mantra che devi ripetere fin quando non ti entra in testa, invece è solo la mia giornata, è solo la mia vita.

Ogni tanto ci penso, ho una routine che non vorrei avere, ho solo 25 anni dovrei essere più attiva, più espansiva, dovrei godermi la vita da giovane, invece mi ritrovo in una vita che per quanto bella sembra quella di una quarantenne, una quarantenne figa però.

Da un anno a questa parte, da quando è successo quello che è successo in realtà, il bar, il lavoro, lo scompiglio in casa, mi sono ritrovata a vivere questa routine che mi sta stretta ma che allo stesso tempo mi sta larga, come se infondo non la capissi a pieno. Quando torno in quel bar, ormai un'abitudine per la band, sembra quasi di ricordare una vita che non appartiene più a me, una vita che non ero destinata a vivere.

Sbatto gli occhi, un paio di volte, i discorsi la mattina, quelli nella mia testa, non li sopporto nemmeno più. La luce calda della lampada lasciata accesa che mi dà il buongiorno, questa è la piccola palla di pelo ai miei piedi, come ogni mattina un risveglio a cui non sono abituata. Lo chiamo, il gatto che alza le orecchie, il silenzio come risposta. Torno a letto, aspetto che il telefono torni in vita, un paio di messaggi "torno subito" leggo blocco il telefono e chiudo gli occhi.

La mattina la odio.

Il piano che suona, quel fastidioso insieme di note che si propaga per quell'appartamento così piccolo che non so nemmeno come riesca ad abitarci lui, figuriamoci quando ci sono anche io. Apro di nuovo gli occhi, la finestra aperta, la luce del giorno che entra dentro, la luce spenta e il gatto che non mi fa più la guardia. Lo osservo mentre si esercita, come ogni mattina, mi schiarisco la voce ed aspetto, routine "Ben svegliata" sorride "caffè?" e io annuisco, si alza, si sporge vicino al letto, il bacio del buongiorno sempre tra i capelli, quella mano che mi tocca la pelle calda "giorno" dico piano mentre si allontana e mi sorride di nuovo, routine.

"Stavo pensando che prima del weekend potremmo fare una toccata e fuga da qualche parte" alzo gli occhi dalla tazzina "quando?" la mattina sono sempre di poche parole "non lo so, giovedì?" faccio due calcoli, controllo che giorno sia, ormai ho perso la cognizione anche del tempo, il calendario segnato da mille impegni "ho il corso" alzo di nuovo lo sguardo "puoi saltare?" chiede e lo fa sempre, ogni volta che non posso "no Lori non posso" e forse lo dico con troppa cattiveria nella voce ma non posso davvero, gli occhi che si fanno tristi, come un bambino a cui ho negato una caramella, lo odio quando fa così. Mi alzo in automatico, poso la tazza, lascio il discorso a metà e scompaio in quel piccolo bagno per prepararmi, ho già aspettato troppo.

"Ci vediamo da Marco dopo" lo saluto con un bacio sulle labbra, do una carezza al gatto per poi scappare letteralmente da quell'appartamento.

La musica che mi scorre nelle vene, il filo delle cuffiette che si muove tra i capelli ormai troppo lunghi, il casino della città che viene annientato da quelle parole che mi prendono e mi trascinano in un mondo nuovo e bello. Il sole pallido che mi bacia la pelle, la mano intrecciata alla sua, il sorriso sul viso e gli occhi che non riescono a guardare che lui. Camminiamo con quel pezzo di plastica che ci lega e che ci porta verso la nostra meta e sembriamo una coppia di ragazzini.

"Mi piace" dico piano mentre la canzone finisce "è nuova giusto?" lui che abbassa lo sguardo su di me "non credo, se ricordo bene è uscita un paio di anni fa" ride per poi riportare lo sguardo sulla strada, scansiamo un gruppo di ragazzi che si stanno divertendo e si rincorrono e mi mettono allegria in questa giornata che sembra come quella di un film, piena, inaspettata, romantica "ti va di risentirla?" ne ho quasi bisogno, lo vedo afferrare il cellulare e rimettere la stessa canzone di nuovo, sorride e ora posso iniziare a canticchiare quella melodia che mi è rimasta in testa dal primo ascolto.

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