"I was never afraid of what was under the bed.
I wanted it.
I wanted it more than anything.
And I never got it.
I just became it."-M. Manson
Dieci minuti. Dieci minuti e saró a Boston, città dei miei sogni. Ho tantissimi progetti per la mente e voglio sfruttare ogni occasione che mi si presenta davanti senza avere rimpianti. Ho cercato su internet diverse alternative dove poter andare a vivere e ho chiamato altrettante tantissime persone, ma una ha attirato maggiormente la mia attenzione. É un piccolo bilocale, perché se fosse mono mi sentirei soffocare, che si affaccia sulla tredicesima strada, già arredato e bene devo dire vedendo le foto e inoltre l'affitto é anche basso. Ho chiamato il proprietario e mi dovrei incontrare con lui fuori dalla stazione appena sarei arrivata, dalla voce mi sembra vecchio e indifeso. Boh, si vedrà.
Resta il fatto che devo trovarmi un lavoro, eh sì, a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità, diceva Spiderman, o Superman...qualcuno insomma.
Arrivo finalmente, e leggo la scritta Boston Station sul cartello. Mi sento la ragazza più felice di questo mondo finora. Scendo dal mio vagone e mi appoggio un secondo su una panchina a chiamare Alison, mi aveva detto di contattarla appena arrivata. Nel frattempo che aspetto la sua risposta mi prendo del tempo per guardarmi incontro, é più caotico rispetto a Miami, é come essere in mezzo a dei robot dove a nessuno frega di nessuno e continuano per la loro strada. Sono tutti come me. Mi sta piacendo sempre di più.
Uomini in giacca e cravatta e con una valigia tra le mani corrono qua e là, barboni per terra, ferrovieri dappertutto, é un meccanismo perfetto.
"Sei arrivata?" Mi sorprende subito distraendomi dai miei pensieri.
"Ora. Sto aspettando un tizio con cui devo parlare per affittare l'appartamento, spero me lo dia già oggi, altrimenti non saprei che fare"
"Ma sì, tranquilla. E per quanto riguarda il lavoro?" Mi domanda curiosa, é sempre stato un lato del suo carattere che mi piace.
"Questo appartamento é proprio affacciato alla tredicesima e in quella strada di lavoro ce n'é a valanga, domani inizieró a cercare, magari in un bar"
"Zoe White a lavorare in un bar? In mezzo alla gente? Wow, l'aria di Boston ti sta dando alla testa!" Rido silenziosamente per non dare troppo nell'occhio.
"É solo questione di preparare qualche caffé e il resto lo lascio fare ai camerieri, voglio fare la barista, non la cameriera"
"Giusto, qualche passo alla volta" mi provoca. Lei é convinta che stando qua io cambieró, miglioreró.
Ma ora vedo un signore, su con l'età, che tiene in mano un foglio un foglio con su scritto White Zoe. É lui.
"Ali, mi dispiace, ora devo andare, é arrivato il signore. Ma ci sentiamo stasera quando saró arrivata all'appartamento, vero?" La liquido a malincuore parlando velocemente.
"Ohw, sì certo, meglio che vai. A dopo, piccolina" sento che schiocca un bacio invisibile e riattacca. Io mi alzo dalla panchina con sempre lo zaino sulle spalle e mi incammino verso il signore.
"Signor Payne?" Chiedo attentamente. Lo vedo sorridere calorosamente e annuire.
"La famosa Zoe White? La disperata ragazza in cerca di un tetto?" Mi metto a ridere e annuisco a mia volta porgendogli la mano che mi stringe con la sua. Tutti questi contatti sono già fin troppo per me, ma non mi pesano come farebbero di solito.
Magari Ali ha ragione.
No, no, impossibile.
"Piacere mio, ma chiamami pure John"
"D'accordo, John" rispondo di rimando intanto che ci incamminiamo fuori dalla stazione.
"Com'é andato il viaggio?" Mi domanda per rompere il ghiaccio, non mi dispiace questo suo tentare di non essere in imbarazzo.
"Non ho fatto altro che cercare appartamenti e l'ho trovato, quindi bene" sorrido.
"Ohw, giusto, l'appartamento. Credo che dovrei parlartene un po'. Che dire, é già tutto arredato, si affaccia sulla tredicesima strada ed é abbastanza grande per essere da sola. Sei da sola vero?"
"Sì sì, non sono una di quelle che ama la compagnia. Anzi, la detesto" confesso. E perché glielo sto dicendo?
"Quindi, niente feste o schiamazzi notturni?" Domani speranzoso.
"Non si preoccupi, come sono così in questo momento sono così sempre. Sto già parlando troppo per il mio normale" ridacchia a quelle mie parole.
"E sei anche piccola, quanti anni hai?"
"Sedici, ma ho un tutore legale. Se non ci crede le do il numero"
"Tranquilla, hai il viso pulito e mi voglio fidare"
[...]
"E queste sono le chiavi, fanne buon uso" mi dice infine sulla soglia della porta.
É stato davvero gentile John, abbiamo passato tutto il giorno in giro per Boston per farmela spiegare e sapermi orientare meglio poi domani, ed era tutto come me lo immaginavo, trafficato, moderno, a volte anche caotico, ma é qui dove voglio realizzare i miei sogni a partire dalla libertà.
"Grazie, John" mi sorride e fa per andarsene.
"Ah, dimenticavo" lo richiamo io e subito si rigira.
"Dimenticavo di chiederti, conosci per caso un bar dove cercano una barista?"
"A dire il vero sì, mio figlio gestisce un caffé bar aperto dalla mattina alle 8 alla sera alle 7, si chiama Coffee Express, lavora parecchio soprattutto con uomini e donne d'affari. Mi ha detto che sta cercando una barista per mezzagiornata perché lui e la sua collega non bastano"
Sarebbe perfetto, solo persone d'affari che vengono lì solo per una pausa senza voler conversare con nessuno. Quel lavoro deve essere mio.
"Sarebbe magnifico, John. E dove si trova questo bar?"
"Appena scendi e ti trovi sul maarciapiedi, attraversi strada e prosegui sempre su questa via, sarà ad una ventina di metri da qua. Fatti trovare lì domani mattina, troverai Jess al posto di mio figlio perché é in viaggio con la sua ragazza, ma fidati che ti troverai bene anche con lei, vi assomigliate molto" finisce il suo infinito discorso.
"D'accordo, alle 9 saró lì" conclude secca, ho voglia di stare un po' da sola, e domani dopo essere andata a chiedere il lavoro andró in qualche negozio per comprarmi qualcosa, non ho più vestiti né biancheria, ho lasciato tutto nell'istituto.
Quell'edificio l'ho sempre chiamato carcere, perché aveva tutte le sembianze, cancelli in ferro ci circondavano, le pareti bianche e tanti corridoi con un responsabile ciascuno, tanti visi pallidi e spenti, risucchiati della loro stessa voglia di vivere. Erano come morti dentro, e li capivo dato che erano tutti nella mia stessa situazione. In quell'istituto ci finivano i figli di genitori tossicodipendenti che non potevano più poermettersi di tenerci.
Se mi mancano i miei genitori?
No, perché dei veri genitori non avrebbero spedito la propria figlia in questa specie di orfanotrofio pur di non provare a smettere di drogarsi. Da quello che ho capito, credo che mia mamma sia addirittura morta di overdose, e per quanto riguarda mio padre é chiuso in comunità, se non ho capito male.
"Arrivederci" dice andandosene John.
Ora non mi resta che chiamare Alison per la buonanotte, ordinare una pizza, lavarmi i denti e andare a dormire.
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You found me. | H.S
Fanfiction• Lost and insicure You found me, you found me. Lying on the floor Surround me, surround me. Why'd you have to wait Where were you, where were you. Just a little late You found me, you found me. •