IMPREVISTI

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La mia cella era un cumulo di mattoni grigi e freddi, niente sbarre, solo una porta a dividermi dal corridoio dove passeggiavano le guardie.
Facendo la detective non pensavo sarei mai finita qui dentro.
La mia coinquilina era una ragazza molto bella, a guardarla non capiresti mai perché sia finita qui.
"Io sono Tay, finalmente ho una compagna di stanza."
Dice sorridendo.
"Io sono Summer."
"Preferisci stare sopra o sotto?"
Chiede.
"Meglio sopra."
Rispondo con un sorriso.
"Per fortuna! Io odio l'altezza, per quanto poca sia. Infatti ho sempre dormito qui."
Dice indicando il lettino inferiore.
"Da quanto sei dentro?"
Chiedo un po' inopportunamente
"Tra un mese sono tre anni che sono qui, ma non mi trovo male, insomma non è come stare fuori ma sicuramente pensavo peggio."
Dice facendo spallucce.
"E per quanto ci starai ancora?"
Chiedo.
"Altri due anni."
Disse abbassando gli occhi.
"Posso chiederti come mai?"
"Tentata rapina a mano armata, ho ferito, un civile ma, non era mia intenzione, non avevo una pistola per usarla, solo per difendermi."
Confessa.
"Comunque l'uomo che ho colpito, non ha nulla di grave, mi sono informata, l'ho preso sullo stinco."
Continua sorridendo.
È davvero una ragazza strana, ma è dolce, per quanto possa esserlo una criminale almeno.
"Tu invece perché sei qui?"
Chiede.
Strinsi i pugni...
"Io ho ucciso una persona, o almeno così dicono."
Lei sgrana gli occhi.
"Non hai mai ucciso nessuno vero?"
Chiede spaventata.
'Si, l'ho fatto...'
"No, certo che no, è solo uno spiacevole inconveniente, uscirò presto da qui."
Risposi.
Lei mi abbraccia, e io capii solo in quel momento quanto ne avessi bisogno.
"Fin che resterai mi prenderò cura di te, qui non sono tutte gentili come me."
Dice facendo l'occhiolino.

[...]

La prima notte in prigione su tremenda.
Non avevo nemmeno una finestra, solo una coinquilina che parlava nel sonno.
'Voglio andare a casa.'
I letti non erano scomodi ma, faceva davvero freddo in queste camere.
La cena ci fu servita in mensa, dove le detenute, passavano con il vassoio fino alla fine del banco per farsi lasciare un po' di cibo nei piatti.
Nemmeno la cucina era pessima, qui tutti avevano il loro lavoro, perfino lo sport, un club creato dalle detenute aveva formato il 'club del teatro'.
Probabilmente si stava meglio qui dentro ma, non si vedeva mai il cielo di notte, non potevi vedere il mare, i negozi, i bambini.
L'unica cosa che potevi udire era il motore delle auto, e le ruote che scivolavano sull'asfalto, stai lì e pensi al fatto che non uscirai mai, o che hai ancora tanti anni in cui devi scontare la tua pena.
Pensi a dove stanno andando, che vita fanno, se hanno una famiglia...
Insomma, vivi di fantasia...
'Che stará facendo Marco?'

[...]

Conobbi altre tre donne, Tay aveva la mia età, le altre erano più mature, sulla quarantina credo, non sapevo i loro crimini e non avrei osato chiederli.
Erano simpatiche e anche un po'... Strane.
Una di loro credeva di essere in una pensione, forse si è fottuta il cervello con la droga.
In mensa mi sedevo sempre con loro, anche se speravo di non poter approfondire la nostra conoscenza per via del poco tempo che sarei rimasta qui.
Nel pomeriggio leggevo e poi lavoravo in cucina, ovviamente non come cuoca ma come 'donna delle pulizie.'
Ogni tanto ci scambiavamo i lavoretti da fare. Già... Perché sono qui già da una settimana.
"Sum, ti vedo pallida stai bene?"
Chiese Ronny, la donna tatuata.
"Ho solo un po' di nausea."
Dico allontanando il vassoio dalla mia vista.
Mi premetti la mano sullo stomaco e corsi in bagno.
Vomitai, c'era d'aspettarselo.
"Sum tutto bene?"
Chiese Tay entrando.
Io ero chiusa in uno dei gabinetti, inginocchiata.
"Non molto direi."
Risposi.
"Sei incinta forse."
Disse lei.
Scoppiai a ridere.
Io incinta? Non esiste.
"Sarà il cibo della mensa."
Risposi.
"Come dici tu, ti aspetto fuori okay?"
"Okay."
Sentii la porta richiudersi.
'Summer non sei incinta.'
Perché avrei dovuto convincermene? So che non è così.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora