SENSAZIONI.

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Passai quattro giorni a studiare come poter far uscire Marco.
Ero in una situazione troppo grande per me.
Tante persone lo volevano rinchiuso li, ma chi?!
Perché gli "amici" di Marco non lo aiutavano ad uscire ?!
Se qualcuno avesse scoperto di cosa davvero facesse parte, probabilmente sarebbe rimasto lì per chissà quanto tempo.
Presi la foto della vittima e l'appoggiai sul tavolo.
Capelli neri, occhi verdi.
Guardai gli scatti del corpo, ancora stesa nella stanza.
Non capisco...
C'è sempre qualcosa che tralasciano, qualcosa a cui non pensano, qualcosa per trovare il colpevole.
Perché avrebbero dovuto lasciare le chiavi a quella ragazza?
Alla reception non hanno chiesto niente?!
So solo che dalle telecamere non si vede niente, devono averle manomesse, significa che non era da solo.
Rey era stato trasferito al carcere principale per tre settimane.
Questa era una cosa positiva perché non lo avrei avuto fra i piedi.
'Devo andare a Torino'.
La stanza ormai l'avranno ripulita. Però, devo parlare alla reception.

Andai a fare visita a Marco nel pomeriggio.
Per mia fortuna, la guardia era sempre la stessa.
"Marco, andrò a Torino."
Gli dissi mentre lui teneva le mani strette alle sbarre fredde.
"No Summer, è pericoloso, pensa solo a come farmi uscire."
Abbasso lo sguardo.
"Non posso farlo senza aver interrogato altre persone, mi servono altri indizi, altre prove, nella tua cartella non c'è quasi niente, qualche foto, qualche descrizione e la tua testimonianza. Devo andare più a fondo, sembra che a nessuno importi farti uscire."
Lui sbuffa.
"Saranno tutti corrotti."
Lo è anche Rey?
"Scusi..."
Dissi per attirare l'attenzione della guardia in divisa.
"Sono Mason."
Dice allungandomi la mano.
"Summer."
Lui si girò di spalle.
"Non possono sentirti ma ci sono le telecamere. Non dobbiamo insospettirli."
Mi voltai verso Marco, fingendo di parlare con lui.
"Devo sapere che turni ha, non posso venire qui se non c'è lei come guardia."
"Martedì, Mercoledì, Venerdì e Sabato, ore 13-21, ma l'orario di 'visita' per lei termina alle 18.00."
"Grazie."
Dissi mentre cercavo di memorizzare i giorni.
"Summer non andare a Torino."
Dice Marco distraendomi.
"Non succederà niente, devo solo parlare alla reception, non preoccuparti, nessuno fará caso a me."
Stavo per voltarmi e andarmene, quando lui mi prese il braccio e mi costrinse a girarmi.
"Stai attenta, probabilmente sanno già chi sei."
Quelle parole mi fecero rabbrividire.
"Starò attenta."

Mason, la guardia sulla quarantina d'anni, mi accompagnò alla porta.
Ci salutammo con uno scambio di sorrisi.

[...]

Prenotai il primo hotel a 2 stelle da internet, presi un borsone, e salii sul treno per Torino.
Mi assicurai prima, che il mio gatto Lincon, fosse curato dalla mia vicina di casa, una donna anziana, che sembrava essere esperta di gatti.

Il viaggio non fu molto lungo, ma lo era stato abbastanza da poter pensare a tutte le possibilità sul caso di Marco.

Non volevo alloggiare nell'hotel in cui era stato lui, troppo costoso e soprattutto, avrei potuto far insospettire qualcuno.
Però, il mio hotel era a 15 minuti di pullman da quello in cui c'era stato l'omicidio.

"Stanza numero 103, a lei."
Disse la ragazza alla reception porgendomi le chiavi. 
Avevo prenotato la stanza per tre notti.
"Mamma sono arrivata."
Le dico attraverso il telefono mentre mettevo il borsone sul letto.
"Stai attenta tesoro."
"Devo solo passare tre giorni con un amica, non rapinare una banca."
Non potevo dirle di Marco, non potevo e non volevo coinvolgerla.
"Fatti sentire quando riparti, un bacio."
"Si, ciao Má."
Attaccai.

Disfai i pochi vestiti che mi ero portata, insieme all'indispensabile per l'igiene.
'Summer, spero che tu stia studiando abbastanza per superare l'ultimo esame teorico.'
Il mio superiore. Connor.
Risponderò all'e-mail più tardi.

Sistemato tutto, non persi tempo.
Andai subito a "visitare" l'hotel dell'omicidio.
"Golden Palace."

"Scusi..."
Dissi alla signora sulla settantina che stava dietro al banco.
"Lei è la signora Penny?"
Annuisce.
"Sono qui per l'omicidio che..."
Mi interrompe, facendomi segno di abbassare la voce.
"Martina, coprimi l'ora."
La ragazza si precipitò subito alla reception e la signora mi fece segno di entrare in una stanza sul retro.
"Qui facciamo la pausa, scusami, è davvero stretta ma, gli affari non vanno molto bene, non vorrei qualcuno ci sentisse. Deve interrogarmi?"
Era come se sapesse già del mio arrivo.
"Si signora."
"Ha un mandato, qualcosa?"
Sentii le mani sudate.
Non avevo niente per obbligarla a lasciare una dichiarazione a ME.
"Il mio precedente non è riuscito a risolvere il caso, me ne occuperò io da ora, e la prego di collaborare senza ulteriori domande, o sarò costretta a..."
Lei alza le mani.
"Va bene, va bene, era solo una domanda. Posso cominciare?"
Per fortuna, voleva aiutarmi.
"Prego..."
Dissi., mentre registravo tutto col telefono.
"Quella sera c'ero io di turno alla reception; erano le 22.00 e stavamo per chiudere le porte, ma mi ricordai che il signor Mengoni, sarebbe rientrato a fine concerto, così, aspettai, e presi un libro.
Ero da sola, con il barista dalla parte opposta della sala principale."
Quell'Hotel era davvero grande, con decorazioni in marmo e dettagli in rosso, ma, aveva solo un'entrata.
"Mi misi qui, a leggere, 'sentirò il sign. Mengoni entrare', mi dissi. Nel frattempo invece sentii un tonfo, ma niente di più, le giuro che nessuno, è passato da lì."
Rimasi perplessa.
"La ragazza? Come ha fatto entrare allora?"
Lei scosse la testa.
"Quella ragazza non è mai passata da qui. Mai."
Com'era possibile?
"Che piano è la stanza di Marco?"
Lei sorrise.
"Al decimo cara, non penso che una seguace di un cantante possa arrampicarsi fino al decimo piano.
Ma comunque la finestra era chiusa e non c'era niente di rotto."
Quindi le telecamere all'entrata non erano state manomesse, semplicemente nessuno è entrato da lì, se non Marco.
"Come faceva ad avere le chiavi in mano; quando è morta?"
Chiesi.
"Io ho dato le chiavi solo al signor Mengoni, ma non le ha usate, la serratura era scassinata."
Perché scassinata?! La ragazza aveva le chiavi; perché avrebbe dovuto?!
"Se lei ha sentito il tonfo, prima che arrivasse Marco, perché lo reputano colpevole, se lei è una testimone?! Soprattutto; come ha fatto a sentire il corpo della ragazza cadere, se lei era qui?! Dieci piani sono tanti, il suono non può essere arrivato fino a lei."
Abbassò lo sguardo.
"Un uomo, con un tatuaggio sul collo, un aquila se non sbaglio, poco dopo quel rumore, scese a chiedermi scusa, era caduto dalle scale."
Come?!
"Quindi hanno pensato che l'omicidio sia avvenuto dopo, che Marco è rientrato."
Dico più a me stessa che a lei.
"La cosa assurda è che io, mi ricordo sempre delle persone che entrano qui, di solito rimangono più di due notti, e le vedo sempre gironzolare per l'hotel, ma quell'uomo, era la prima volta che lo vedevo, ne sono sicura."
Purtroppo non posso fare peso sulle parole di questa signora. Ho bisogno di prove.
Merda.
"Perché incolpare Marco, se le chiavi le aveva anche lui, è evidente che volessero incastrarlo; è un omicidio studiato."
"Nonna, ti cercano."
Disse la ragazza dietro al banco.
Io e la signora ci alzammo, e appena uscite dalla stanza, vidi l'uomo con il tatuaggio.
"Mi dica."
Lui restava li, a guardarmi.
"Vorrei prenotare una stanza per due notti."
Solo due notti? Perché proprio in un Hotel così costoso?!
C'era una ragazza con lui, una ragazza di facili costumi.
"Mi scusi."
Dissi.
"Che vuoi?"
Rispose l'uomo.
"La ragazza, posso avere un documento?"
Lei diventò pallida.
"Il mese prossimo faccio 17 anni, posso fare ciò che voglio."
Rispose lei, agitandosi.
"Ho solo chiesto un documento. Ma non ne ho più bisogno grazie. Deve venire con me."
Dissi all'uomo.
"Perché dovrei?"
Sorrisi beffarda.
"Potrei arrestarla, è minorenne ed è una prostituta. Vuole venire con me, o devo chiamare la polizia, Signor?"
Lui spinse la ragazza.
"Derek."
"Vai a casa, prima che ti porti in centrale."
Dissi alla ragazza, che già stava andando via.
"Signora la ringrazio per il tempo che ha speso con me."
Presi il braccio a quell'uomo e lo portai fuori.
"Ti va un caffè?"
Chiesi.
"Ma chi sei?"
"Ti va o no?"
Lui annuii.
Era un uomo con più muscoli che carne, non sembra il tipo da cadere dalle scale, era sulla trentina circa.
Ci sedemmo nel primo bar che trovammo, all'aperto, così che ci fossero più persone intorno a me, se lui avesse tentato di farmi del male.
"Tu, sei la chiave, caro Derek."
Dissi mentre sorseggiavo il bicchiere pieno di the freddo.
"La chiave per cosa?"
Feci spallucce.
"La notte dell'omicidio, so, che tu sai qualcosa."
Lui divenne subito bianco.
Ero io, a metterlo alle strette.
Sanno già chi sono? Mi stavano aspettando?!
Sono qui, e risolverò questo maledetto caso.
 

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora