Jackson era su di giri, a differenza delle seicento persone presenti sugli spalti accanto a lui. Il tabellone del campo registrava un 18 a 30 per gli ospiti, con il quarterback dei Myrtle Point Eagles che aveva sbagliato cinque lanci su otto prima di essere stato sostituito dalla sua riserva. Il coach Dawson si sbracciava a bordocampo, incapace di trovare soluzioni tattiche per rispondere a quel risultato. Era un passivo pesante, che rischiava di compromettere seriamente la qualificazione al turno successivo. In casa dei Rhinos avrebbero dovuto ribaltare il risultato, per quello era utile ridurre lo scarto di quella sera.
«Sei troppo felice, le persone ti guardano male» gli fece notare Thomas. Jackson alzò le spalle, mentre l'arbitro metteva fine al terzo tempo di gioco. Il più grande si alzò, facendo un cenno all'altro.
«Torno subito» gli disse, superando le due file davanti a lui e saltando vicino al campo. Accelerò il passo, mentre tutta la squadra entrava negli spogliatoi, e si parò davanti al coach.
«Ancora tu. Non è il momento» dichiarò il biondo, evidentemente scocciato. Lo superò, entrando nel tunnel. Jackson scosse il capo, seguendolo verso gli spogliatoi.
«State perdendo perché i tuoi wide receiver sono troppo larghi» spiegò, tentando di attirare la sua attenzione. Questi si arrestò, voltandosi e guardandolo negli occhi.
«I miei wide receiver non hanno alcun problema» ribatté, testardo come Jackson aveva già appurato essere.
«Ascoltami, se vuoi ridurre lo svantaggio devi puntare sui running back. I WR sono troppo larghi, i loro difensori li tengono d'occhio. Hanno fatto tre tempi di coperture automatiche su di loro e voi avete tentato quasi sempre lanci sulla destra. Se anche ora giocassero più stretti, si accorgerebbero subito della modifica e continuerebbero a coprirli. Allo snap, il quarterback deve fintare di andare a destra e guardare la situazione. Vedrà probabilmente coperture larghe sui WR, quindi dovrà decidere se correre o darla al running back» suggerì quindi Jackson. L'altro rimase qualche secondo in silenzio, poi gli sorrise ironicamente.
«Perché mai dovrei darti ascolto? Tu vuoi che la squadra perda, così sarai legittimato a pretendere che Thomas venga inserito» rispose il biondo, togliendosi il cappellino. I suoi capelli erano tutti disordinati, ma i suoi occhi erano più belli che mai. A Jackson vennero i brividi da quanto erano profondi e luminosi.
«Perché, gran testa di cazzo, quando Thomas entrerà in squadra, voglio che siate ancora in corsa per il titolo» chiarì, allontanandosi di qualche passo all'indietro, poi sorrise e si voltò, procedendo verso gli spalti. Sentiva lo sguardo del coach su di lui, quindi si impose di rimanere calmo e non inciampare o fare figure pessime che l'avrebbero segnato a vita. Tornò vicino a Thomas, accomodandosi al proprio posto.
«Dove eri finito?» gli domandò il più giovane.
«Ho cercato di evitare questa sonora sconfitta, vediamo se il coach mi darà ascolto» spiegò. Thomas corrugò la fronte.
«Cosa gli hai detto?» chiese poi. Jackson lo guardò negli occhi.
«I WR giocano male e sono prevedibili, gli ho consigliato di cambiare tattica. Ma, ovviamente, per farlo deve avere un vero quarterback. Quell'incapace e la sua riserva non sono in grado di leggere la partita. Tu cosa faresti lì in mezzo?» disse il più grande.
«I loro defensive tackle hanno giocato più largo per coprire i WR. Io ci andrei direttamente in mezzo, penso che riuscirei a passare tra i safety e arrivare a fare touchdown» spiegò Thomas. Jackson gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla.
«Esattamente, leggi il gioco. Ti butti in mezzo, o la dai al running back, è così che ragiona un quarterback, cazzo» sancì il più grande, tornando ad osservare il campo. Pochi minuti più tardi, le squadre rientrarono sul terreno di gioco. I primi dieci minuti dell'ultimo quarto di gara non videro differenze negli schemi delle due compagini: gli Eagles continuavano a persistere con l'insensata scelta di servire i WR, costantemente marcati dai difensori avversari. Il pubblico si spazientì, notando come la propria squadra non riusciva a giocare bene e ribaltare lo svantaggio. A cinque minuti dal termine dell'ultimo quarto, però, Jackson notò che il coach Dawson si era voltato e lo fissava. Gli sorrise, sollevando il dito medio. L'altro scosse il capo, poi chiamò un time-out. Poco dopo, reinserì il quarterback titolare.
«Lo faranno ora» disse Thomas. Jackson annuì.
«Ce la farà il quarterback? Come si chiama quel ragazzino?» domandò al più giovane.
«Tyler Warren. A scuola viene osannato, tutti lo trattano con le pinze. È figlio del preside» spiegò Thomas. Jackson si voltò a guardarlo.
«Figlio di puttana, ecco perché non vuole farti il provino» capì. Era evidente: il coach non voleva vedere quanto Thomas fosse bravo, perché altrimenti avrebbe dovuto lasciare in panchina il figlio del preside, rischiando così il posto.
«Non è importante, tanto usciranno subito dai playoff. La prossima stagione mi farò valere» rispose, positivo, il più giovane. Jackson scosse il capo.
«Non usciranno, perché al ritorno giocherai tu» decise, mentre l'azione riprese. Tyler chiamò lo schema, ricevette il pallone dopo lo snap e fintò il lancio sui WR. Lo spazio era abbastanza largo da permettergli di passare senza troppe difficoltà, ma lui diede il pallone al running back alle sue spalle. Questi cominciò a correre, superando i safety e volando verso il termine del campo, segnando quindi touchdown. Lo stadio tornò a esultare, come fosse una liberazione. Lo svantaggio si era accorciato, ma non c'era possibilità di riprendere la partita. L'obiettivo, da quel momento, era perdere col passivo meno pesante possibile, per avere una chance al ritorno. Il coach si voltò ancora verso Jackson, sorridendogli e facendo il gesto di una pistola fumante, quindi l'altro sollevò le spalle. Solo allora ebbe l'illuminazione. Si alzò. «Doveva correre, non ne ha avuto il coraggio.»
«Non ha le palle» gli diede ragione il più giovane. «Dove vai?»
«Ce ne andiamo. Non ha senso rimanere qui» decretò quindi. L'altro si alzò, seguendolo sino alla fine degli spalti.
«Perché stiamo andando via così?» tentò di capire. Jackson si voltò, sorridendogli.
«Perché ho appena capito come farti entrare in squadra.»
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Un Nuovo Inizio
Teen FictionSe avessero chiesto a Jackson Hunt come si sarebbe immaginato a 26 anni, non avrebbe certo risposto vedovo e tutore di un adolescente, Thomas Garrington, in una piccola e sperduta cittadina dell'Oregon. Eppure, a volte la vita riserva sorprese all'a...