Capitolo 1

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L'anziana donna salì gli stretti e polverosi gradini a fatica, tenendosi costantemente al corrimano presente alla sua destra. Non appena fu giunta al terzo piano, si fermò, voltandosi e sorridendo. Aveva dei capelli grigi abbastanza lunghi, che teneva raccolti in un'unica coda di cavallo con un simpatico elastico rosa. I segni del tempo non avevano rovinato il suo volto sorridente, tutt'altro. Le rughe sul collo e sul viso le davano un aspetto più saggio, quasi regale. Il suo atteggiamento positivo irradiava buone sensazioni ogni volta che lei sorrideva, parlava o anche semplicemente guardava qualcun altro.
«Eccoci, siamo arrivati» disse, entusiasta. Sventolò le chiavi davanti a Jackson, che non poté non ricambiare il suo bellissimo sorriso. Quella donna l'aveva messo di buon umore in cinque minuti, chissà che quello non fosse un buon segno. Inserì una chiave dal mazzo che aveva in mano nella toppa, poi la ruotò. Un click metallico diede il via libera, così spalancò la porta di quella che sarebbe stata la dimora di Jackson quantomeno per il successivo anno.
«Wow» riuscì semplicemente a dire il giovane, sbalordito dalle ottime condizioni di quell'appartamento. Doveva ammetterlo: era fortemente scettico quando aveva visto l'annuncio su internet da parte di questa gentile signora. Immaginava una situazione disastrosa, come spesso accadeva quando le persone anziane avevano più di una casa di cui occuparsi e, inevitabilmente, trascuravano quella meno utilizzata. Invece, quel posto sembrava veramente splendido: l'ingresso si presentava a lui con un lungo tappeto che ricopriva la moquette del pavimento. I muri erano stati ridipinti da non molto tempo, dal momento che la vernice era ancora disposta uniformemente sulle varie pareti. Un piccolo mobile adibito ad appendiabiti sostava sulla destra, mentre di fronte al ragazzo si poteva imboccare il corridoio che, presumibilmente, avrebbe portato alle due camere da letto e al bagno. Sulla sinistra, invece, vi era l'accesso al salotto. Il delizioso accostamento tra il legno noce dei mobili e il beige del divano posto infondo alla stanza era veramente di buon gusto. Jackson poté scorgere la cucina sulla destra del salotto, quindi vi si recò immediatamente. Rimase piacevolmente sorpreso nel trovarla spaziosa e ordinata. Il frigorifero era ampio, vi erano diversi mobili, un piano cottura moderno e sicuro, il forno ed un lavello che sembrava essere stato sostituito da poco tempo.
«Bella, vero?» si assicurò la signora, sulla soglia della porta della cucina. Jackson si voltò verso di lei e le esibì il sorriso più gentile che aveva nel proprio repertorio.
«È stupenda, signora Sardle» confermò il più giovane. Lei fece un gesto con le mani nei confronti del ragazzo.
«Ti prego, chiamami Jo» insistette, a dimostrazione della gentilezza e dell'ospitalità che continuava a trasmettere. Jackson annuì.
«Va bene, Jo. È sicura che sia a disposizione per un anno?» si assicurò.
«Assolutamente sì! Tutto come concordato. E Dio me la mandi buona, perché finché sarò viva ti giuro che non ti farò mancare nulla di ciò che ti può servire. Qui a Myrtle Point ci teniamo che i nuovi arrivati si trovino bene» rispose con cordialità. Jackson le strinse la mano, continuando a sorriderle, poi la superò.
«Direi che è il momento di scaricare l'auto» le fece notare. Lei annuì, indicando l'orologio da polso che possedeva.
«E per me, quello di levare le tende e lasciarti in pace! Ah, da vecchia impicciona quale sono, posso farti solo una domanda?» propose.
«Quello che vuole» assicurò Jackson. Lei lo guardò dritto nei suoi bellissimi occhi di ghiaccio.
«Come mai hai deciso di trasferirti a Myrtle Point?» indagò. Il ragazzo deglutì, distogliendo lo sguardo. Il sorriso scomparve dal suo volto e una fitta gli dilaniò il petto. Si dovette appoggiare al muro per un momento. Aveva dimenticato, per qualche minuto era riuscito a non pensarci. Ma la domanda di Jo, e l'inevitabile solitudine che sarebbe sopraggiunta non appena lei se ne fosse andata, non potevano che far correre la sua mente a quel momento di sei mesi prima.
«Io... avevo bisogno di un nuovo inizio. Mio... marito è venuto a mancare» disse sinceramente. Lei mutò espressione. Passò dall'essere "mamma" a "nonna", avvicinandosi a lui e stringendogli una spalla.
«Tesoro, mi dispiace tantissimo. Che stupida che sono stata a farti questa domanda. Buon Dio, anche a settantotto anni non sono abbastanza matura da riuscire a farmi gli affaracci miei» cercò di rimediare. Jackson le esibì un sorriso di circostanza, cercando di rimettersi in sesto.
«Non si preoccupi. Sono pronto a rispondere a queste domande, è normale che in un nuovo posto ci sia curiosità» tentò di rassicurarla. Lei sorrise ancora, ma era un'espressione diversa. Quel gesto era di consolazione, era un sorriso comprensivo rispetto a quanto stesse passando il ragazzo. Voleva essere un silenzioso supporto, la certezza che avrebbe trovato sempre aiuto da parte della donna.
«Scappo, prima di fare altri danni. Ma, Jackson, sappi che per qualsiasi cosa, basta che alzi la cornetta o mi vieni a cercare al Purple Bar. Mi raccomando, non all'Helen's, perché lì ci vanno i più giovani, io ormai ho una certa età» spiegò lei. Jackson annuì, accompagnandola fino all'uscio.
«La ringrazio ancora, sia della disponibilità che della cordialità» fece il giovane. Lei gli mostrò un ultimo sorriso, poi uscì. Si voltò solo per un momento.
«So che è dura. Ma Myrtle Point ti aiuterà a superarla» promise, allontanandosi a quel punto e scendendo le polverose scale del palazzo.

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