Il mare del golfo del Messico era splendido. La particolare posizione geografica lo rendeva spettacolare, in grado di produrre onde allo stesso tempo devastanti e gentili, che si scagliavano sulle coste del Texas e creavano un'atmosfera unica. Il ragazzo si tolse gli occhiali da sole e ispirò profondamente. Tornare a casa, per Jackson, era una tortura. Tanti ricordi gli riempivano la mente, trasmettendogli sensazioni contrastanti. Il pensiero più forte che lo assaliva era, però, dedicato a Sam. Per quello era lì, a Port Lavaca, a circa due ore da Manor, città dove era cresciuto e aveva vissuto sino agli anni dell'università. Erano ormai ore che era lì, al porto a fissare le onde che si infrangevano davanti ai suoi occhi. Aveva deciso di tornare per prendere una decisione, per capire cosa fare del proprio futuro, per capire come comportarsi con Dylan e come superare la morte di Sam. Era stato a Dighton, ma si era reso conto che non era lì che il suo cuore aveva bisogno di stare. Manor, Port Lavaca e il Texas, dove tutto era cominciato. Rivide sé stesso su quella barca per l'ennesima volta. Sentì tutte le sensazioni di quella notte, come se fosse accaduto solamente il giorno prima, quando in realtà erano passati più di otto anni. Una lacrima prese a scorrergli sul volto sorridente. Ricordava Sam che gli indicava le nuvole, e il proseguo di quella nottata. Ricordava la prima volta che lo aveva baciato, quella stessa estate e in quello stesso porto, al termine di un'altra uscita in barca. Quei pensieri, quei momenti speciali, non sembravano più sbiaditi come qualche giorno prima, ma erano vividi e così reali da togliere il fiato. Sam era ancora vivo nella sua mente, e quello non sarebbe mai cambiato.
«Tutto bene, ragazzo?» sentì dire da una voce. Si voltò e vide un anziano signore che si era fermato accanto a lui.
«Più o meno. Lei?» rispose. L'uomo alzò le spalle, indicando il mare.
«Vengo qui ogni giorno da ventidue anni. È qui che ho sparso le ceneri di Diana, mia moglie» spiegò. Jackson deglutì rumorosamente, sorridendogli.
«Le manca ancora?» tentò di capire. Lui si tolse gli occhiali da sole e mostrò uno sguardo perso nei ricordi di anni passati.
«Da morire. Ma è normale, io l'amavo. Lei era la mia vita, la mia intera esistenza. Ti auguro di provare un sentimento così forte come l'ho provato io» sussurrò.
«Io... anche io ho perso qualcuno di speciale, la mia metà. E non so come superarla» disse, con la voce rotta, il più giovane. L'uomo indicò ancora il mare.
«Mi dispiace, ragazzo. Ma vedi, tutti voi sbagliate. Sai quante volte i miei figli mi hanno detto di superarla? Io non capisco. Perché dovrei superarla? Perdere l'amore della propria vita non è una cosa da superare. Bisogna scendere a patti con il proprio essere. Quando succede una cosa del genere, capisci che non sei immortale e che devi goderti ogni giorno della tua vita, perché potrebbe essere l'ultimo. Per questo io vengo qui, mi concedo dieci minuti ogni giorno per provare ancora quell'amore travolgente, per salutare Diana, come se fosse ancora accanto a me. Poi torno a casa e cerco di vivere, come posso. Perché, altrimenti, a cosa è servito tutto ciò? Che insegnamento mi avrebbe dato la sua morte?» chiarì quindi. Jackson si accorse che le lacrime avevano ripreso a bagnargli le guance, quindi afferrò un fazzoletto e si asciugò il volto.
«Mi scusi. Lei ha ragione da vendere, ma sembra così difficile fare qualsiasi cosa» rispose. L'uomo tossì, poi gli diede una pacca sulla spalla.
«Lo è. Se non lo fosse, cosa avrebbe significato lei per me? Invece questo dolore, questa difficoltà, mi aiutano a ricordarmi di lei. Mi aiutano a venire qui ogni giorno. E io so che morirò in questo preciso punto, prima o poi, e tornerò da lei. Perché questo è il mio destino. Ma tu sei giovane, e puoi riscriverlo. Sono sicuro che la tua perdita sia importante, ma hai ancora almeno cinquant'anni davanti a te. Puoi prendere in mano la tua vita e scrivere un futuro diverso. Non devi mai dimenticare e non devi superare nulla, devi vivere con ogni fibra del tuo corpo, perché solo così tutto avrà avuto senso» lo spronò. Jackson annuì, sorridendogli gentilmente.
«Grazie» gli disse poi. Lui alzò le spalle e si allontanò, lasciandolo perso nei suoi pensieri. Quell'anziano signore soffriva, lo si percepiva dalle sue parole. Eppure aveva trovato un modo tutto suo di giustificare quel dolore, e così facendo non lo viveva ogni minuto della sua vita. Ciononostante, non aveva dimenticato sua moglie, il suo unico vero amore.
Jackson rimase lì, immobile per ore. Vide barche partire ed arrivare, persone scendere, camminare nei pressi del porto, divertirsi, ridere, scherzare. Ma la sua mente non processò nessuna di quelle informazioni. Per lui c'era solamente il volto di Sam, il suo sorriso, loro due su una barca e nulla intorno.
«Disturbo?» udì domandare da una voce alle sue spalle. Si schiarì la gola, dal momento che erano ore che non parlava. Si voltò e sbatté le palpebre diverse volte, riuscendo solo dopo un po' a collegare cervello e bocca.
«Dylan? Cosa ci fai qui?» chiese. Il biondo sorrise, avvicinandosi di qualche passo.
«Paige sapeva esattamente dove ti avrei trovato. Quella donna è un angelo, anche se credo mi abbia toccato il culo un paio di volte, ma forse dovrei soltanto apprezzare il gesto» rispose. Jackson scosse il capo.
«Io... non sono molto di compagnia» chiarì. Dylan alzò le spalle, appoggiando gli avambracci alla ringhiera imitando l'altro.
«Nemmeno io. Stiamo qui, in silenzio. Ti va?» propose. Jackson annuì, tornando a osservare le onde. Una sensazione diversa si insinuò nel suo petto. Si sentiva al sicuro accanto a Dylan, come se lo conoscesse da una vita e la sua presenza fosse normale e necessaria per la sopravvivenza di Jackson. Restarono in silenzio diverso tempo a osservare il porto, le onde e le barche. Non c'era più nessuno a parte loro. Il moro ragionò a ruota libera su ogni cosa. Fece correre la sua mente da Sam a Dylan, dal primo bacio con uno a quello con l'altro. Vide una barca della stessa società dalla quale lui e Sam affittarono in passato. Era azzurra, aveva una scritta su un fianco totalmente sbiadita e un molo fatiscente e pericolante. Sentì nuovamente il dolore per la morte del marito, e rivisse quel momento in ogni suo dettaglio. Si piegò, istintivamente, toccandosi il petto e iniziando a piangere a dirotto, esattamente come quella notte. Dylan lo circondò con le braccia e lo strinse a sé, permettendogli di appoggiarsi al suo petto.
«È così dura...» commentò, singhiozzando, Jackson. Il biondo lo accarezzò dolcemente sulla fronte.
«Non sei da solo, però» gli ricordò, portandogli alla mente la promessa di quella notte piovosa passata tra un ristorante e uno squallido motel.
«Per questo sei qui?» chiese. L'altro annuì, mentre Jackson si tirò su e si asciugò le lacrime dal volto.
«Te l'ho promesso» confermò. Fu in quell'istante che Jackson, finalmente, comprese cosa doveva fare. Tutti quei timori, quei pensieri, quel dolore, non sarebbero scomparsi da soli. Comprese finalmente le parole di Paige, quelle di Dylan e quelle dell'anziano signore. Tutto fu chiaro ai suoi occhi, limpido come se fosse scontato, banale. Ma non lo era. Deglutì rumorosamente.
«Dylan, io credo di amarti. Lo so, ci conosciamo da poco, abbiamo avuto un rapporto travagliato, inusuale, tormentato. Però io mi rendo conto di provare qualcosa di talmente grande da doverlo gridare a tutti. Ed è proprio per questo che, ora, non posso stare con te» rivelò, con voce tremante. Dylan sembrò aver ricevuto un pugno nello stomaco. Il suo volto si dipinse di una tristezza sconvolgente, e i suoi bellissimi occhi azzurri si velarono di malinconia.
«Perché?» riuscì a domandare, con la voce ridotta a un sussurro. Jackson aprì la bocca un paio di volte, prima di trovare la forza di rispondere.
«Perché non sono ancora pronto a tornare a vivere veramente. Voglio riscrivere il mio destino, voglio che sia con te. Ma devo ancora realizzare la morte di Sam. Devo dedicargli un posto nel mio cuore senza che il suo ricordo si sbiadisca, e senza che io debba venire qui dieci minuti ogni giorno per dire a me stesso quanto l'ho amato. E questo devo farlo prima di riuscire a vivere, e posso farlo solo da solo» tentò di spiegare. Il biondo annuì, afferrandogli una mano e stringendola forte.
«Mi fa male questa cosa, ma la capisco. E ti sostengo, comunque e sempre. Mi prendo una parte del tuo dolore, come ti avevo promesso» disse, lasciandogli subito la mano. Si allontanò di un passo, sorridendogli amaramente.
«Grazie, Dylan. Io... grazie. Troverò il mio posto nel mondo, capirò come vivere e come riuscire a non dimenticare» affermò. Dylan annuì
«E io sarò qui ad aspettarti. Qualunque cosa succeda, qualsiasi tempo tu possa metterci, non mi importa. Io ci sarò e ti aspetterò» promise.
«Non posso chiedertelo» ribatté. L'altro scosse il capo.
«Non l'hai fatto» fece notare. Il moro sorrise, tacitamente ringraziando la dolcezza di Dylan.
«A presto, Dylan» lo salutò. L'altro indietreggiò ancora.
«A presto, Jackson» si congedò, voltandosi e allontanandosi a passo lento. Jackson lo osservò per qualche secondo, con il cuore talmente dolorante che sembrava fosse stato preso, strappato dal suo petto e gettato sotto un'auto. Si girò, tornando a guardare il mare. Notò la barca azzurra di prima allontanarsi sempre di più, fino quasi a scomparire dalla sua vista. Gli ricordò Sam, la relazione con lui, l'amore che provava. Così rimase lì, appoggiato alla ringhiera del porto, tra il suo passato e il suo futuro. In mare, la barca che si allontanava a vista d'occhio, portando con sé il suo matrimonio, gli occhi di Sam e il suo magnifico sorriso, le loro discussioni, le incomprensioni e i sentimenti positivi, l'amore che avevano condiviso e che sarebbe durato per sempre. A terra, Dylan che si incamminava lontano, e che presto sarebbe scomparso dietro l'angolo, con tutte quella sensazioni che gli aveva trasmesso nel corso di quel breve periodo assieme: la sua dolcezza, la gentilezza che lo caratterizzava, la spalla su cui aveva potuto piangere e l'aiuto e il sostegno che gli aveva sempre garantito. Il passato e il futuro, con al centro un uomo dal cuore distrutto e gli occhi colmi di lacrime. Quegli occhi di ghiaccio che spesso sembravano incapaci di provare qualcosa e che, invece, in quel momento erano talmente pieni di sentimenti da devastare chiunque potesse guardarlo. E quando la barca scomparve dalla sua vista e Dylan ebbe svoltato l'angolo, rimase solo, esattamente come voleva e, allo stesso tempo, come temeva di restare. E per Jackson Hunt, in quel momento, sarebbe cominciato qualcosa di diverso. Il suo cuore si sarebbe ripreso e il suo cervello avrebbe smesso di fargli pensare a ciò che lo affliggeva. Perché non c'entrava Myrtle Point, né Thomas o Dylan. Era lui l'artefice della sua vita, del suo destino, era lui che avrebbe deciso come e quando fare qualsiasi cosa. Era lui il protagonista di quel difficile e tanto agognato nuovo inizio.

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Un Nuovo Inizio
Novela JuvenilSe avessero chiesto a Jackson Hunt come si sarebbe immaginato a 26 anni, non avrebbe certo risposto vedovo e tutore di un adolescente, Thomas Garrington, in una piccola e sperduta cittadina dell'Oregon. Eppure, a volte la vita riserva sorprese all'a...