Capitolo quattordici

173 6 0
                                    


Sono passate due settimane in totale tranquillità. Nessun messaggio, nessuna foto, niente di niente. Non mi illudo, è solo una tregua!
Chiunque ci sia dietro non si sarà di certo arreso. Sto cercando di capire cosa voglia da me, soldi, ma quali soldi? Se mi conosce sa che sono al verde.

Non ho documenti di mio padre in cui poter controllare, lui non conservava niente a casa ma nel suo studio ed ero troppo piccola per sapere dove sono andati a finire. Beh potrei chiedere a mia nonna ma non ci parliamo da anni. Lei non ha mai accettato la relazione tra i miei genitori, né tanto meno me, quindi quando è morto papà, è sparita del tutto. Se n'è fregata di come stessi vivendo, se fossi viva o morta. La odio. Ma è l'unico posto in cui potrei cercare.

So dove vive, l'ho cercata nei momenti più brutti in cui non sapevo come dar da mangiare ai miei fratelli ma poi ho resistito, non mi sarei mai umiliata e non ho mangiato pur di dare a loro, fino a Magnus e al lavoro al club.

Percorro la strada che mi condurrà alla sua villa, vive in un quartiere residenziale di lusso dove una casa costa milioni di dollari, ci vivono ministri, avvocati, giudici persino gente imparentata con la corona e se penso a quanta sofferenza avrei evitato, se mi avesse aiutato, mi sale il sangue al cervello.

Arrivo davanti ad un cancello in ferro battuto ben curato che da accesso ad un giardino. Suono al videocitofono e una voce maschile risuona nell'aria.

-" Chi è?"-

-" Sono Samantha"- rispondo senza aggiungere altro. Sono sicura che sa chi sono.

-"Samantha chi? Ha un appuntamento?"- chiede.

-" Non ho un appuntamento. La signora sa chi sono"- rispondo sicura di me.

-" Attenda in linea"- dice.

Dopo qualche minuto sento il cancello aprirsi, sorrido con un ghigno, la stronza mi conosce eccome. Non so se riuscirò a mantenere la calma, dopo anni di sacrifici. Percorro il vialetto che divide a metà un grande giardino in perfetto stile inglese, non c'è nemmeno una foglia fuori posto. Fiori e cespugli decorano in modo architettato tutti gli spazi.

Mi avvicino ad un uomo ben vestito, sarà il tipo che ha risposto prima. Ha pure il maggiordomo!

-" La signora la attende in veranda. Prego mi segua"- dice e io senza fiatare lo seguo. Inutile descrivervi la casa, immaginate il lusso, tutto ciò che ha valore è presente in questa stanza, sono sicura che anche la carta igienica vale di più della camicia che indosso.

Una signora sulla settantina, presumo, mi osserva mentre mi affaccio e la vedo sussultare, un ghigno mi compare sulla faccia, sono uguale a mio padre a parte la mia carnagione.

-"Buongiorno signora McCain"- evito di proposito di chiamarla nonna anche perché quell'appellativo si deve meritare.

Mi squadra dalla testa ai piedi. Dal tacco della mia decolteè al tailleur che indosso fino ai capelli legati in uno chignon. Sono venuta cosi come mi vesto per l'ufficio perché un abbigliamento informale mi sembrava fuori luogo.

-" Accomodati, cosa ti porta qui?"- chiede. Il tono che usa mi da ai nervi, sembra una commessa che vuole servire una cliente.

-" Ho bisogno di informazioni su mio padre e non so a chi altri chiedere."- rispondo.

-" E per quale motivo? Se posso sapere.."- chiede.

-" Dubito che le interessano i miei problemi. Non le è mai importato quindi non vedo perché iniziare adesso"- le dico.

-"Se questo è il modo in cui vuoi impostare la conversazione, puoi anche andartene"- dice guardandomi con determinazione e con lo stesso colore di occhi che è mio e che era di mio padre. Mi sento costretta a spiegarle la situazione, non posso andarmene a mani vuote.

Sam Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora