Jimin: La realizzazione

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"I can't resist it anyway
I can't even escape anymore
You are too sweet, too sweet
Because you are too sweet”

Jimin sputò sangue.

Non era riuscito ad incassare bene il colpo che aveva ricevuto e dovette piegarsi in due dal dolore.

Quel ragazzo era bravo, non c’era ombra di dubbio. Inoltre, fuori dalla discoteca, a quell’ora della notte, nessuno sarebbe potuto correre in soccorso di Jimin. Erano solo lui e il ragazzo con cui si stava picchiando.

Perché? Gli aveva dato una spallata per sbaglio, e l’altro l’aveva presa sul personale e lo aveva trascinato là fuori. Jimin non riusciva a ricordare i dettagli, era troppo ubriaco.

Con fatica, si tirò su e riuscì a colpire il ragazzo con un gancio. Nell’esatto momento in cui lo colpì, un dolore lancinante costrinse Jimin a fare un passo indietro.

Cos’era successo? Il collo gli bruciava come non mai.

Qualcosa lo aveva punto? Dannazione, capitavano tutte a lui. Jimin si portò una mano sul collo e provò a reprimere il bruciore sempre più crescente e la voglia di urlare.

L’altro ragazzo se n’era improvvisamente andato, e Jimin si era ritrovato da solo in quel vicolo buio. Approfittandosi del momento, decise di scappare via e tornare a casa.

Però, c’era un problema.

La sua vista stava diventando sempre più offuscata, e Jimin non riusciva più a vedere attraverso gli occhiali mezzi rotti. A malincuore, se li tolse.

Non appena lo fece, vide perfettamente il vicolo.

Il buio non sembrava più un problema, anzi: sembrava giorno.

In preda alla confusione, Jimin estrasse dalla tasca il suo cellulare per vedere che ore fossero.

Non appena lo prese in mano, il cellulare si spezzò in tanti, piccoli pezzettini.

Jimin si spaventò. Cos’era successo? Aveva fatto troppa pressione? I cocci di vetro erano ovunque, sparsi per terra e sulle sue mani.

Stranamente non si tagliò, ma non ci fece troppo caso.

In quel momento, era già abbastanza confuso: porsi altre domande non sarebbe stato d’aiuto.

Era successo tutto così in fretta… prima il pugno e la puntura, poi gli occhiali e ora anche il cellulare distrutto.

Jimin scosse la testa, cercando di non farsi sopraffare dalla frustrazione e dalla rabbia, e si avviò verso il suo appartamento.

Doveva decisamente riposare.

Durante la passeggiata che fece per tornare a casa, il dolore sul collo cominciò a farsi sempre più difficile da sopportare. Non poteva essere stato un semplice pungiglione.

Il cervello gli stava per esplodere, e Jimin non riusciva a spiegarsi quell’immenso dolore.

Come se non bastasse, non riusciva più a sentire il suo cuore battere.

Jimin impiegò meno della metà del tempo previsto per tornare a casa. Non se ne rese conto, era decisamente distratto da altro.

Aveva pulito gli occhiali, si era assicurato che non fossero graffiati e se li era rimessi. Niente.

Jimin vedeva meglio senza. Com’era possibile? Un’ora prima, senza gli occhiali non sarebbe riuscito a mettere a fuoco niente.

Sospirò con frustrazione, e decise di lasciar perdere: doveva riposare. Senza neanche cambiarsi, si buttò nel letto e guardò il soffitto.

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