2) Un addio lento come la spuma dell'onda

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Per quella sera, le ragazze di Anna Bazie avevano organizzato una bella bevuta in un locale costiero: nella sala interna erano presenti tutte le ufficiali, mentre le marinaie e le sottufficiali erano rimaste all'esterno del locale. Poiché la maggior parte delle giovani aveva con sé il proprio fidanzato, cerano quasi duecentocinquanta persone quella sera. C'era molta allegria, le ragazze scherzavano e bevevano allegramente, mangiavano di gusto e si stringevano ai loro fidanzati, cercando di godere il più possibile della loro presenza. Sapevano bene che per molto tempo non avrebbero piò potuto vederli, e questo pensiero metteva un po' di tristezza nel cuore di tutte, ma tutti cercavano di annegare nell'alcol e nelle ristate questi pensieri, e di essere felici. Verso la fine della serata, Alice si alzò in piedi, alzando il bicchiere di cristallo pieno di liquore, "Signore" gridò, quindi prese a cantare: "Fin da che bambina fissai gli occhi...". A quelle note, tutte le ragazze saltarono in piedi come sull'attenti, malgrado le divise sbottonate ed i capelli sciolti e in disordine, e tutte cantarono:

"Fin da che bambina fissai gli occhi

negli occhi di un'altra donna e fiorì

Sulle mie tenere labbra una parola,

con il cuore mio sorella 'i la chiamai.

Passeranno fidanzati, amici e familiari;

sorelle donne no! Non passerà mai!"

Si trattava di un canto patriottico femminista, che tutte conoscevano bene, e che tutte amavano perché tutte si riconoscevano in quel "sorelle donne non passerà mai": tutte infatti si sentivano sorelle, unite dalla vita in quel sottomarino che era il vanto e lo scudo del Partito Femminista e della sua nazione. Per questo i loro occhi brillavano e tutte forzavano al massimo la loro voce nel cantare: "Sorelle donne no! Non passerà mai!". I fidanzati, nel frattempo, se ne stavano seduti accanto alle loro ragazze, e alcuni seguivano il ritmo del canto battendosi la mano sulla gamba.

Paolo Andrea bevve poco, voleva restare lucido per godere al meglio del momento; la festa era bella ed il calore dell'amicizia che legava fra loro le ragazze lo contagiava. Tuttavia, presto tutto gli venne a noia: desiderava restar solo con Anna. Prese a guardare l'ora quasi ossessivamente, ora sul suo orologio da polso ed ora sul grande orologio del locale: il tempo pareva passare con una crudele lentezza. Se Anna o chiunque altra fosse stata attenta ai suoi occhi, avrebbe notato chiaramente la sua impazienza, ma quella sera nessuna prestava tanta attenzione ai dettagli, l'euforia era al massimo. Fu per questo che Anna non seppe spiegarsi il moto di gioia liberatoria del suo fidanzato quando, finalmente soli nel taxi che li riportava a casa, lui le afferrò il braccio e lo strinse come chi sta annegando stringe il salvagente.

Lei sorrise amorevolmente guardandolo, notando i suoi occhi stanchi e allo stesso tempo energici che la fissavano, luccicando appena, espressione del piacere intenso che gli dava la presenza di lei, e ad un tempo della delusione di questa gioia che si frantumava come ghiaccio al pensiero della sua prossima lontananza. Anna prese ad accarezzargli dolcemente il capo, e la sensazione delle mani di lei che gli scorrevano fra i capelli, provocando una lieve e piacevole sensazione di solletico, lo fece sorridere d'un piacere nuovo e intenso.

Era un'allegra serata estiva, in pieno luglio: per le strade splendevano la luce gialle dei lampioni e le insegne multicolore dei locali, s'udiva l'eco d'una musica lontana che giungeva accompagnata da un profumo di festa, di allegria e di ballo. Per tutti era momento di vacanza, di spensieratezza, di mare e di svago; ma non per Anna. Paolo sapeva bene che c'era la possibilità di non rivedere più la sua fidanzata fino al mese di settembre e anche oltre, e la gioia che subito dopo si sarebbero sposati mitigava solo in parte quel senso di vuoto che gli riempiva lo stomaco, al quale ancora non si era abituato.

Varakud, diciannove ragazze e due giorni di ossigenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora