6) Quella luce che rischiara le profondità

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Varakud, (23 luglio, ore 8:30, 21.57 ore dall'affondamento)

"Perché fa così freddo?", disse Marta stringendosi più che poteva nella sua coperta; sentiva il naso che cominciava a colarle. "Perché siamo in fondo al mare", rispose Anna in tono comprensivo, "tieni", aggiunse, e le offrì la sua coperta. "Ma, ma no", rispose Marta, "quella è tua Anna, tu come fai?". "Tranquilla", le rispose Anna, "io non patisco il freddo, ci sono cresciuta al freddo io, prendila dai". Marta guardò l'amica con grande riconoscenza e, se la luce non fosse stata minima nel compartimento, Anna si sarebbe accorta che gli occhi di lei avevano preso a luccicare. "Quando io ero bambina", prese a raccontare Anna alzando la voce, così che tutte la sentissero, "mia madre mi portava a caccia nei boschi sopra casa mia, vivevamo in montagna all'epoca. A volte andavamo a caccia alle cinque del mattino, in pieno inverno, e non potete immaginare che freddo facesse: avevamo le pellicce, ma sentivamo così tanto freddo che sembrava di essere nude in un frigo. Pensate che ho visto per la prima volta il mare quando avevo nove anni, e mia madre mi portò al porto di Layzashab: m'innamorai alla prima occhiata di quella infinita distesa scintillante. Poi (gli occhi di Anna s'illuminarono mentre parlava), come volando sul pelo dell'acqua, passò un sottomarino: fu amore a prima vista, in quel momento ho capito che non avrei potuto fare altro nella vita, ed entrai in Marina".

"Io", disse Alice prendendo la parola, "ho capito che la mia vita era la Marina quando, a scuola, udii raccontare dell'ammiraglia Grannaja, e della nostra prima grande vittoria contro gli stranieri che volevano soffocare la nostra Rivoluzione. Mentre lo raccontavano, a me sembrava di vedere le navi nemiche in fiamme, la costa che pullulava di bandiere rosa, e l'ammiraglia che diceva che quel giorno le donne avevano vinto, che le donne erano grandi".

"E tu Marta", si rivolse Anna all'amica facendole un sorriso, "tu come hai capito che la tua vita era la Marina?". "Io non l'ho capito", rispose fredda Marta, "io mi sono iscritta alla sezione politica perché volevo servire il Partito, contribuire a difendere l'onore delle donne e del Genere Femminile; poi mi dissero che c'era il corso per ufficiali politiche della Marina e mi consigliarono di farlo. Tutto qui, ecco come mi sono imbarcata; mi spiace che la mia storia non sia romantica come le vostre".

"Non dire sciocchezze", disse Arianna dandole una pacca sulla spalla, "ricordati che l'equipaggio di un sottomarino è una famiglia, e noi siamo tutte sorelle". "Già", disse poi facendo un sorriso, "le altre donne possono sentirsi unite e sorelle quanto vogliono, ma nessuna di loro sarà mai unita come lo siamo noi, il mare unisce come nessun'altra cosa al mondo". Tutte sorrisero, qualcuna rise, "Sì certo, è vero", disse Lucia, "noi siamo una grande famiglia".

"Vorrei che il mio fidanzato mi vedesse adesso", disse Sofia, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, "qui, in mezzo a voi che siete la mia famiglia, chissà forse s'innamorerebbe di me ancora di più". "Io farei attenzione", scherzò Alice, "perché qui ce n'è un sacco di belle ragazze!"; tutte risero allegramente, e Sofia divenne quasi rossa.

"Comunque", riprese Alice, "qui dentro c'è una che è riuscita a portare a bordo il suo ragazzo, non è vero Ancj?". "Ma come?", chiese Marta aggrottando le sopracciglia, "è vietato portare civili a bordo di navi militari, anche se sono fidanzati o parenti stretti, Anna non avrai infranto le regole?". Anna sorrise, e dalla sua espressione tutte compresero che in effetti l'aveva fatto. "Dai racconta", disse Alice tutta entusiasta: Anna lo aveva raccontato solo alla sua amica più intima, che era appunto Alice.

Bazo, base femminista per sommergibili, alcuni mesi prima...

"Fai piano", disse Anna a Paolo conducendolo verso il molo, "non dobbiamo farci notare, vieni". Erano da poco passate le dieci di sera, Anna stava conducendo il suo fidanzato verso l'attracco del Varakud, per fargli fare un giro a bordo. "Anna", disse Paolo prendendole la mano, "ma sei sicura di volerlo fare? A tornare indietro siamo ancora in tempo, io non rischierei". "Insomma Palcio", replicò lei, "vuoi vedere il posto di lavoro della tua ragazza oppure no? Su vieni". Alla fine, volente o nolente lo condusse fin sul molo e, tenendosi bassa per non essere illuminata dalle luci del porto, attraversò a passo svelto la passerella che dava sul ponte del Varakud. "Fai attenzione adesso", disse premurosamente guardando Paolo che, faticando a vedere per via del buio, stava mettendo passi incerti sullo scafo del sottomarino. "Attento a non scivolare, tieniti stretto alla mia mano", disse Anna, "se scivoli finisci in mare con una caduta di alcuni metri, e non mi sembra proprio il caso". Il ragazzo, per quanto riguardava lui, sarebbe già tornato indietro, ma Anna era così ansiosa di mostragli il luogo in cui lavorava, che lui non osò palesare ancora i suoi dubbi in merito.

Varakud, diciannove ragazze e due giorni di ossigenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora