12) Tornare a guarda il tramonto

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Paolo Andrea cammivana sul lungomare, durante una sera di fine estate: si era vicini al periodo in cui lui e Anna avrebbero potuto sposarsi, meno di due mesi all'inverno. Passando accanto al luogo della loro pormessa chinò il capo, si strinse nel cappotto, e strinse il cuore perché i ricordi non lo infiammassero, e perché il dolore non facesse scorrere giumi di pianto dai suoi occhi.

Il tramonto indorava l'acqua come sempre, le navi erano ormeggiate al porto come sempre, e al posto del Varakud era ormeggiata un'altra unità sottomarina. Tutto era come sempre, al mondo non importava niente che centoventiquattro donne straordinarie fossero scomparse in un modo così improvviso, così crudele, così ingiusto. Paolo credeva in Dio, credeva nel Dio dei Nolariani, anche se non aveva mai capito bene quella religione, era semplicemente affascianto dai suoi simboli, ed era in fondo convinto che quel Dio, Yelte, fosse vero. Perchè quel Dio aveva permesso quel male? Lui lo sapeva, anche se non era un ragazzo molto colto, che quella domanda se l'erano posta in molti, che non era nuova ma un clichè, e sapeva anche che tanti erano convinti di aver risposto. Lui una risposta non la trovava... O forse sì? 

Si disse in cuor suo che se il mattino non passasse no potrebbe venire la sera, forse che allo stesso modo un Dio buono dovesse permettere un male per un altro bene, che ad ogni bene ci fosse un limite di tempo e che fosse stolto l'uomo a chiamare "male" il semplice concludersi di questo tempo, per egoistico attaccamento e incapacità di accogliere il nuovo, il bene da venire, e per la cui venuta quel sacrificio è stato necessario? Non era un pensiero suo, ma ora non ricordava che glielo avesse detto oppure dove l'avesse letto. Forse non importava, gli bastava saperlo, ma allo stesso tempo si rendeva conto che saperlo con la testa non serviva a curare l'anima, che il pensiero logico non implicava necessariamente che il cuore lo capisse, che i sentimenti mutassero e si placassero. Lui aveva trovato una ragione con la sua testa, ma il suo cuore era come un lupo ferito che non si rassegna a morire, e il sentimento si rialzava di continuo, senza dargli tregua, ululando disperato.

Forse aspettava un cambiamento, un sogno diverso, un'altra vita. Tutto ciò che gli ricordava la vecchia vita lo nauseava, a volte persino il ricordi di Anna lo neauseava, ed il dispiacere per questa nausea era tale da farlo piangere per ore, depresso, chiuso nella sua stanza disteso di pancia sul suo letto. 

Poi una sera, mentre tornava dal supermercato, due ragazzi che non aveva mai visto lo affiancarono: vestivano dei lunghi impermeabili grigi e nascondevano il braccio, tenevano una mano dentro all'impermeabile ed erano guardinghi. "Siete Paolo Andrea Volpe?", mormorò uno, con una voce da bambino, guardandolo negli occhi. Paolo gli guardò le guance chiare e sbarbate, doveva essere molto giovane, e rispose: "Sono io?". Il secondo, che aveva almeno dieci anni di più, gli disse con poco garbo: "La vostra fidanzata è stata ammazzata dalle Femminiane, le donne di Partito l'hanno lasiata morire asfisiata insieme alle sue compagne". Paolo aveva sentito quelle voci, ma gli erano parse appunto solo voci: per anni la verità venne taciuta in territorio femminiano, il Governo si era limitato a dire che le ragazze del Varakud erano morte quasi subito tutte e, quando questa notizia era stata smentita dai giornali stranieri, soprattutto nolariani che avevano intervistato l'equipaggio del Fiordoro e mostrato le foto della lettere di Anna, la propaganda si era affrettata a girare le cose in modo da far uscire il Partito pulito, dando tutta la colpa alle ufficiali di Marina e, porbabilmente, qualcuna aveva anche pensato di dare la colpa ai Nolariani, per quel vecchio adagio rivoluzionario del "è sempre colpa dei maschi". Le teorie e le analisi che davano tutta la colpa al Partito erano state screditate, ma di fatto la voce secondo cui le politiche avessero stupidamente rifiutato l'intervento straniero, che avrebbe invece potuto garantire la pronta salvezza delle sopravvissute, arrivarono comunque alle orecchie di tutti. Naturalmente il Partito aveva fatto presente che "solo difficilmente i Nolariani avrebbero potuto trarre in salvo la comandante Bazie e le sue marinaie intrappolate". Gli esperti stranieri che avevano pubblicato articoli sull'infondatezza di tale affermazione, ovviamente, vennero censurati in territorio femminiano. Tali voci non avevano fatto che soffrire ancora di più Paolo, Luca e gli altri fidanzati delle cadute, che avevano volenterosamente creduto alla versione ufficiale (tutti noi del resto tendiamo a credere a ciò che ci fa più comodo). 

Varakud, diciannove ragazze e due giorni di ossigenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora