III. Con permesso

15 0 0
                                    

Picchio all'uscio della vostra stanza.

State, state pure sdrajato comodamente su la vostra greppina. Io seggo qua. Dite di no?

– Perché?

Ah, è la poltrona su cui, tant'anni or sono, morí la vostra povera mamma. Scusate, non avrei dato un soldo per essa, mentre voi non la vendereste per tutto l'oro del mondo, lo credo bene. Chi la vede, intanto, nella vostra stanza cosí ben mobigliata, certo, non sapendo, si domanda con maraviglia come la possiate tenere qua, vecchia scolorita e strappata com'è.

Queste sono le vostre seggiole. E questo è un tavolino, che piú tavolino di cosí non potrebbe essere. Quella è una finestra che dà sul giardino. E là fuori, quei pini, quei cipressi.

Lo so. Ore deliziose passate in questa stanza che vi par tanto bella, con quei cipressi che si vedono là. Ma per essa intanto vi siete guastato con l'amico che prima veniva a visitarvi quasi ogni giorno e ora non solo non viene piú ma va dicendo a tutti che siete pazzo, proprio pazzo ad abitare in una casa come questa.

– Con tutti quei cipressi lì davanti in fila, – va dicendo. – Signori miei, piú di venti cipressi, che pare un camposanto.

Non se ne sa dar pace.

Voi socchiudete gli occhi; vi stringete nelle spalle; sospirate:

– Gusti!

Perché vi pare che sia propriamente questione di gusti, o d'opinioni, o d'abitudine; e non dubitate minimamente della realtà delle care cose, quale con piacere ora la vedete e la toccate.

Andate via da codesta casa; ripassate fra tre o quattr'anni a rivederla con un altro animo da questo d'oggi; vedrete che ne sarà piú di codesta cara realtà.

– Uh guarda, questa la stanza? questo il giardino?

E speriamo per amor di Dio, che non vi sia morto qualche altro parente prossimo, perché vediate anche voi come un camposanto tutti quei cari cipressi là.

Ora dite che questo si sa, che l'animo muta e che ciascuno può sbagliare.

Già storia vecchia, difatti.

Ma io non ho la pretesa di dirvi niente di nuovo. Solo vi domando:

– E perché allora, santo Dio, fate come se non si sapesse? Perché seguitate a credere che la sola realtà sia la vostra, questa d'oggi, e vi maravigliate, vi stizzite, gridate che sbaglia il vostro amico, il quale, per quanto faccia, non potrà mai avere in sé, poverino, lo stesso animo vostro? –

Uno, nessuno e centomilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora