X. Due visite

11 0 0
                                    

E sono contento che or ora, mentre stavate a leggere questo mio libretto col sorriso un po' canzonatorio che fin da principio ha accompagnato la vostra lettura, due visite, una dentro l'altra, siano venute improvvisamente a dimostrarvi quant'era sciocco quel vostro sorriso.

Siete ancora sconcertato – vi vedo – irritato, mortificato della pessima figura che avete fatto col vostro vecchio amico, mandato via poco dopo sopravvenuto il nuovo, con una scusa meschina, perché non resistevate piú a vedervelo davanti, a sentirlo parlare e ridere in presenza di quell'altro. Ma come? mandarlo via cosí, se poco prima che quest'altro arrivasse, vi compiacevate tanto a parlare e ridere con lui?

Mandato via. Chi? Il vostro amico? Credete sul serio d'aver mandato via lui?

Rifletteteci un poco.

Il vostro vecchio amico, in sé e per sé, non aveva nessuna ragione d'esser mandato via, sopravvenendo il nuovo. I due, tra loro, non si conoscevano affatto, li avete presentati voi l'uno all'altro; e potevano insieme trattenersi una mezz'oretta nel vostro salotto a chiacchierare del piú e del meno. Nessun imbarazzo né per l'uno né per l'altro.

L'imbarazzo l'avete provato voi, e tanto piú vivo e intollerabile, quanto piú, anzi, vedevate quei due a poco a poco acconciarsi tra loro a fare accordo insieme. L'avete subito rotto quell'accordo. Perché? Ma perché voi (non volete ancora capirlo?) voi, all'improvviso, cioè all'arrivo del vostro nuovo amico, vi siete scoperto due, uno cosí dall'altro diverso, che per forza a un certo punto, non resistendo piú, avete dovuto mandarne via uno. Non il vostro vecchio amico, no, avete mandato via voi stesso, quell'uno che siete per il vostro vecchio amico, perché lo avete sentito tutt'altro da quello che siete, o volete essere, per il nuovo.

Incompatibili non erano tra loro quei due, estranei l'uno all'altro, garbatissimi entrambi e fatti fors'anche per intendersi a maraviglia; ma i due voi che all'improvviso avete scoperto in voi stesso. Non avete potuto tollerare che le cose dell'uno fossero mescolate con quelle dell'altro, non avendo esse propriamente nulla di comune tra loro. Nulla, nulla, giacché voi per il vostro vecchio amico avete una realtà e un'altra per il nuovo, cosí diverse in tutto da avvertire voi stesso che rivolgendovi all'uno, l'altro sarebbe rimasto a guardarvi sbalordito; non vi avrebbe piú riconosciuto; avrebbe esclamato tra sé:

« Ma come? è questo? è cosí? »

E nell'imbarazzo insostenibile di trovarvi, cosí, due, contemporaneamente, avete cercato una scusa meschina per liberarvi, non d'uno di loro, ma d'uno dei due che quei due vi costringevano a essere a un tempo.

Su su, tornate a leggere questo mio libretto, senza piú sorridere come avete fatto finora.

Credete pure che, se qualche dispiacere ha potuto recarvi l'esperienza or ora fatta, quest'è niente, mio caro, perché voi non siete due soltanto, ma chi sa quanti, senza saperlo, e credendovi sempre uno.

Andiamo avanti.

Uno, nessuno e centomilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora