11. Che ti piaccia o no

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"C'erano volte in cui eravamo amici ma a volte ero così crudele
Ogni notte ti chiedo di guardarmi mentre dormo
avevo tanta paura della notte
Sembravi passare attraverso i luoghi
che temevo"

[You are my sister]

~♧~

Aprii gli occhi a fatica, nonostante il mio cervello mi stesse pregando di non farlo, di tornare a dormire ancora per un po'. Sentivo le palpebre pensanti come il piombo e i muscoli del viso indolenziti, tanto che mi ci volle qualche istante prima di riuscire finalmente a sbadigliare. I raggi del sole di luglio filtravano attraverso le persiane azzurre, irradiando la mia stanza di una luce decisamente troppo abbagliante per una persona appena sveglia.

- Dormito bene?

Sobbalzai. Austin era seduto sul pavimento, in un angolo della camera, e teneva lo sguardo fisso su un libro dalla copertina nera rilegata.

- Spero di non essere stato io, a svegliarti.

- Esci- gli imposi. - Non sono pronta a sopportare un mocciosetto arrogante già di prima mattina.

- Prima mattina?- Austin sfoggiò un'accenno di risata canzonatoria. - Noi abbiamo già finito di pranzare, se proprio vuoi saperlo. A quanto pare qualcuno ha fatto le ore piccole...

Prima che mio fratello potesse portare avanti quella conversazione, uscii dalla stanza. Mi diressi in bagno il più velocemente possibile, per poi, una volta entrata, lavarmi il viso con dell'acqua gelida. Non ero mai stata in grado di dormire fino a tardi la mattina. L'ipotesi di sprecare tempo prezioso senza fare nulla di produttivo aveva sempre suscitato in me una tensione tale da programmare il mio orologio biologico a suonare sempre pochi minuti prima della sveglia che tenevo sul comodino, anche quando questa non era attiva, come nel weekend o durante le vacanze. La notte precedente, però, dopo l'incontro clandestino con Hunter, avevo riscontrato non poche difficoltà a dormire. 

La mia testa era stata invasa per ore dallo stampo della mano della signora Price sulla guancia di suo marito, dal suono definito di quello schiaffo, dalla voce gracchiante del pappagallo nel ripetere il nome di Sadie e, soprattutto, dalle parole del vicino.

"A te non importa", avevo sentito dozzine e dozzine di volte. "I problemi degli altri non ti sfiorano."

Poi la stanchezza aveva preso il sopravvento sulle emozioni contrastanti di quella sera, e ogni granello di inquietudine, ogni scheggia di senso di colpa erano svaniti. 

Avevo sognato Colin, per quanto potessi ricordare. L'immagine del suo sorriso era ancora impressa nella mia mente quando, dopo essermi vestita, mi diressi al piano di sotto. 

- Perché sorridi?- Austin mi affiancò scendendo le scale, ma, non ricevendo alcuna risposta, decise di cambiare discorso. - La mamma si è dimenticata di mettere il telefono in silenzioso, ieri notte.

- E allora?- gli chiesi, senza nascondere una certa indisposizione.

- E allora, quando ha ricevuto una chiamata, lei e papà si sono svegliati.

- Mi spiace...- gli risposi, evasiva.

Accelerai il passo, lasciandolo un paio di scalini più indietro di me.

- Ti spiacerà ancora di più sapendo che papà ha sentito dei rumori in salotto... Sai, no?- sorrise malignamente. - Colpa della tua fuga notturna.

Mi bloccai. Davanti ai miei occhi non c'erano più le scale in marmo niveo, il corrimano di ferro battuto con decori floreali, le pareti dai ghirigori eleganti. Non c'era più Austin, non c'era più l'aura scontrosa che si ostinava ad emanare, né tantomeno il fare arrogante da cui ormai sembrava essere sopraffatto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 21, 2022 ⏰

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