9. Ritrovare il nord

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"Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!"

[Luigi Pirandello]

~♧~

- Che significa?- chiesi, prendendo in mano una delle foto - Price, che diavolo significa?

Parlai piano, lentamente, curandomi di scandire al meglio ogni parola. C'era una strana atmosfera, nella stanza. Una tensione che non avrei mai pensato di respirare in quella casa, in quel covo di follia e squilibrio. Le angosce, i turbamenti, le preoccupazioni non erano emozioni familiari ai pazzi. Non lo erano mai state. Eppure, nel momento esatto in cui, finalmente, Hunter alzò lo su di me, nelle sue iridi scorsi il terrore, l'inquietudine più vivida che avessi mai fronteggiato.

- Non lo so- mi rispose.

La sua voce s'incrinò prima che riuscisse a dire altro. Alcuni ciuffi di capelli rossi gli caddero davanti agli occhi, ma lui non alluse a muoversi. Esitò per un istante, prima di continuare a parlare:

- Ma se è quello che penso, siamo in guai seri.

- Siamo?- gli domandai, stizzita. - Ti ho già detto che non voglio avere...

- Credi che per me sia diverso?- mi interruppe. - Pensi davvero che io avrei scelto di prendere parte a questo gioco, se avessi avuto alternative?

Fu la prima volta che vidi in Hunter Price una simile irruenza. Fu la prima volta che lui, inavvertitamente, fece trapelare quel lato del suo essere in mia presenza, e che il suo volto si tinse di una sfumatura inflessibile, tanto da renderlo pressoché irriconoscibile ai miei occhi. Quella fu la prima volta, sì. Ancora non avevo modo di immaginare che non sarebbe stata l'ultima. 

Lo squillo di un telefono echeggiò nel silenzio della casa. Ebbi la fugace impressione di aver visto il vicino sussultare, giusto prima che si alzasse in piedi. Si diresse verso l'uscita della sala da pranzo, bloccandosi sulla soglia della porta.

Rimase di spalle, senza voltarsi, senza incrociare il mio sguardo, ma ruotò leggermente la testa di lato, bloccandosi prima di riuscire ad osservarmi con la cosa dell'occhio.

Schiuse le labbra lentamente, come se fosse sul punto di dirmi qualcosa, eppure si limitò a scomparire in corridoio, come se rassegnato, senza proferire parola. Qualcosa non andava. Ora ne avevo la certezza.

Percorsi i suoi stessi passi fino al salotto. Lo vidi fare un cenno con la mano dalla finestra, e poco dopo la banda lì fuori smise di suonare. Al centro della stanza c'era un tavolino rotondo, sul quale il telefono fisso squillava da ormai una quindicina di secondi, unico, allarmante suono nell'angosciante quiete della casa. La mano si Hunter tremò, nel sollevare il ricevitore.

- Pronto?- chiese, dopo qualche tormentato, eterno secondo.

- Odio che mi si faccia attendere- rispose una voce metallica.

Vidi Hunter impallidire di colpo, fino a diventare più bianco di un lenzuolo. Si sedette sul pavimento, con la schiena appoggiata al divano, e io mi inginocchiai al suo fianco per sentire meglio.

Riconoscevo quella voce. Era la stessa che Price mi aveva fatto sentire dal registratore alla festa di Colin.

- Il tempo è denaro, se capisci cosa intendo. 

- Che diavolo vuoi?- tagliò corto il vicino.

Era chiaro che si fosse pentito all'stante immediatamente della sua presunzione. Non era nelle condizioni di fare il saccente, e la voce distorta al telefono glielo ricordò nel peggiore dei modi:

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