"Ma io non voglio andare fra i matti" osservò Alice.
"Oh, non ne puoi fare a meno," disse il Gatto, "qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta."
"Come sai che io sia matta?" domandò Alice.
"Tu sei matta," disse il Gatto, "altrimenti non saresti venuta qui."[Lewis Carrol]
~♧~
Il sabato mattina mi aveva sempre fatto uno strano effetto. Suscitava in me una bizzarra sensazione di ribrezzo nei confronti di tutto e tutti, senza motivo. Forse perché ogni volta che mi trovavo una tazza di caffè fumante e dei pancakes allo sciroppo d'acero sotto il naso, mi venivano in mente quelle stupide pubblicità nelle riviste degli anni '50, piene di colori, vitalità e sorrisi smaglianti da guancia a guancia, mentre io la mattina sembravo più una ghiro scorbutico e affamato dopo mesi di letargo.
Rimanendo in tema di colazioni, nella mia mente si proiettarono le poche scene che ricordavo del film della sera prima. Non avevo prestato molta attenzione, a dir la verità, e Colin si era addormentato dopo nemmeno mezz'ora dall'inizio. L'unica rimasta soddisfatta da Colazione da Tiffany era stata Sadie, che, al contrario dei suoi fantastici accompagnatori, aveva amato quella pellicola.
Una lezione importante che avevo imparato, però, era che uscire il giovedì sera poteva rivelarsi un grave errore nel caso la mattina seguente ci fosse la necessità di svegliarsi alle sette per andare a scuola. E non per giorno di scuola qualsiasi: l'ultimo. L'ultimo giorno prima delle vacanze.
Ciò comportava tre cose: anarchia più totale, nonnismo, e caos all'uscita. Di qualsiasi genere. Quell'anno era toccato ai gavettoni, quello prima al color splash.
E, dulcis in fundo, impossibile non citare il ballo di fine anno, ovviamente. In assoluto la tradizione più stupida, banale, stereotipata e insignificante di sempre. In sintesi: una noia mortale. Inutile dire che, in tre anni di scuola, non avevo mai preso parte a quell'usanza terribilmente scialba.
Contrariamente a tutti i miei pronostici, quell'anno avevo anche ricevuto un invito. Da un giocatore di lacrosse, tra l'altro. Sulle prime mi convinsi che il poveretto non avesse trovato un'accompagnatrice tra le cheerleader, il che era già strano in sé, ma dovetti ricredermi.
- Passo a prenderti alle sette- aveva esordito, piazzandosi davanti a me all'uscita.
Diretto, il ragazzo...
- Come, scusa?
- La prossima settimana, per il ballo. Non hai già un accompagnatore, vero?
- Ci conosciamo?
Io lo conoscevo, certo. Carnagione scura, innata sicurezza negli occhi del colore dell'ambra, un fitto nugolo di minuscoli ricci come chioma e il fisico scolpito di un atleta. Il suo cognome, Larson, avrebbe dovuto dire ben poco ad una come me, tutta studio e regole, ma sapevo per certo che fosse uno dei più acclamati sul campo di lacrosse. Un soggetto simile non mi avrebbe mai degnata nemmeno di uno sguardo, in normali circostante. Era evidente che ci fosse qualcosa sotto.
- Sei la sorella di Sadie, no?- chiese ancora il ragazzo.
- Sadie chi?
- Sadie Hill.
- Mai sentita.
Tutto qui. Nient'altro. Me n'ero andata il più velocemente possibile ed ero salita sulla macchina di Sadie, che era venuta a prendermi. E come se l'invito di quel giocatore di lacrosse non fosse stato già abbastanza sospetto, mia sorella non aveva fatto altro che chiedermi del ballo per tutto il tragitto fino a casa.
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Mille Anime Disperse
Roman pour Adolescents"Le onde, prima violente e impetuose, parevano ora aver assorbito un po' della sua calma. La distesa d'acqua salmastra davanti ai nostri occhi era tornata placida, quieta, quasi silente. Era tempo che non vedevo il mare tanto sereno, che regnava la...