5. In mezzo alla folla (II)

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Le sue parole mi stupirono più del dovuto. Non che avessi sprecato tempo prezioso ad interrogarmi sulla famiglia Price, ma avevo sempre pensato che Hunter fosse figlio unico, dandolo quasi per scontato.

- Lei è...- Esitò, come se avesse il timore che qualcuno potesse sentirlo. - È scomparsa.

- Scomparsa?

- Sparita nel nulla. Non ho più sue notizie da giorni.

- Magari si è solo presa una vacanza fuori programma...

Per quanto il mio ragionamento potesse sembrare, anche ai miei stessi occhi, incredibilmente egoistico, che sua sorella fosse scappata di sua spontanea volontà, scomparsa o chissà che, non era affar mio. E di certo non avevo intenzione di renderlo tale.

- Conoscendo Scarlett, quella era stata la mia prima ipotesi. Poi però...

Si mise una mano nella tasca dei bermuda, e estrasse quello che a primo impatto, al buio, mi sembrò un telefono a tasti. Solo dopo, osservandolo meglio, compresi che si trattava di un vecchio registratore vocale.

- Non hai un cellulare?

In tutta risposta, lui sventolò la mano in aria, come per farmi cenno di rimanere in silenzio, senza staccare mai gli occhi da quello stupida apparecchiatura vintage e finendo per darmi un colpo sugli occhiali.

- Ehi!- protestai, ma era evidente che tutta l'attenzione di Hunter Price fosse riposta in altro.

- Ascolta.

Avvicinò il registratore al mio orecchio, e dopo un brusio iniziale e qualche rumore confuso, fu possibile isolare una voce metallica.

Della conversazione che seguì non riuscii a capire molto. La qualità dell'audio non era di certo delle migliori, e avevo avuto modo di estrapolare solo alcune parti del discorso.

Il tale dalla voce modificata aveva parlato di un riscatto in cambio del rilascio di Scarlett Price. Chiedeva 100.000 dollari.

- Ha chiamato a casa nostra tre giorni fa.

- Come puoi essere certo che non stai bluffando?

- La telefonata è iniziata con la sua voce- mi rispose, netto. - Con la voce di Scarlett. Ho capito subito che qualcosa non andava: ero sempre io a chiamarla per primo. Lei non lo avrebbe mai fatto, non con il rischio che rispondessero i nostri genitori.

Interpretai ciò che accadde subito dopo come un ammonimento per essermi lasciata coinvolgere fin troppo in quella storia. Il registratore iniziò a ripetere il messaggio inciso al suo interno in loop, con il volume al massimo e in totale autonomia, e il tentativo di Hunter di spegnerlo non fece che peggiorare le cose.

La frequenza delle casse da cui, fino a quel momento, era fuoriuscita la musica doveva essere stata disturbata da quell'apparecchio anni '80, perché iniziarono ad emettere un fruscio assordante, che si fermò solo quando il registratore scivolò dalle mani del vicino e cadde sulla sabbia.

Hunter ebbe appena il tempo per rifugiarsi in una delle amache appese agli alberi, prima che Colin uscisse dal mare, reduce dalla sua gara di surf.

- Che succede?- chiese.

Mi spostai di qualche passo per nascondere il registratore ancora a terra, ma Colin fraintese il mio gesto, e iniziò a camminare nella mia direzione.

- Discorso- mi suggerì Hunter con un colpo di tosse, prima che il ragazzo di mia sorella fosse abbastanza vicino da sentirlo.

- Perché non...- spostai il piede in modo da ricoprire l'apparecchio con la sabbia. - Perché non fai un discorso,  prima di riaccendere la musica?

Tra la folla di universitari si levarono dei fischi di approvazione, accompagnati da un applauso unanime. Se la stessa scena si fosse ripetuta in una festa di liceali, magari proprio dei miei compagni di scuola, ero abbastanza certa che io e la mia proposta saremmo state mandate gentilmente a quel paese.

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