5. 𝐌𝐲 𝐛𝐮𝐭𝐭𝐞𝐫𝐟𝐥𝐲

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Harry

«La speranza è qualcosa con le ali,
Che dimora
Nell'anima e canta
La melodia senza parole...
E non si ferma mai.»
-Emily Dickinson

Ho bisogno di proteggerla dal male, qualunque sia la sua attenzione.
«Perché mi hai presentato come tua compagna?!» la faccio sedere, non voglio che la gente che sia attorno a noi mi riconosca.

Devo salvare la mia reputazione, anche se in questo momento non li può fregare di meno.
«Perché conosco lo staff e qui ci porto solo le mie fidanzate, non mi avrebbero creduto lo stesso se acceso detto che siamo amici» non è vero, sto prendendo in giro sia lei che me stesso, non ho mai portato nessuno a parte la mia famiglia qui in questo ristorante.

Non ho mai avuto fidanzate, fidanzate vere intendo: per farmi capire meglio, non ho mai avuto una relazione stabile da poter chiamare una ragazza in quel modo.

Nel modo da poterla chiamare "mia".
Solo mia e sentirla essere mia.
Con i sentimenti che combaciano gli uni con gli altri, con un amore equo.

«Non sono stupida, Harry. Prima dici di volermi proteggere dai paparazzi, e poi dici alle persone che sono la tua compagna? Noi due non siamo amici.» questo dettaglio non lo avevo preso in considerazione, incrocio le braccia e aspetto il cibo.

Mangiamo in silenzio, nessuno parla, non osiamo guardarci.
«Non sai quello che ho passato io, Olivia. Non sai proprio niente» la guardo, cerco di capire da dove abbia tirato fuori. Non parla, non si muove, non fa niente.

«Sembra che la mia vita sia perfetta, ma sto male. Non puoi neanche capire il perché, andrei in rovina sennò.» continuo con le polemiche, devo sempre avere ragione io, sono fatto così.

«Ok, Harry. Adesso basta, hai vinto tu. Mi dispiace averti rovinato il primo giorno di vacanza, non so come vivi, cosa provi dentro. Ora io vado a casa mia, avvisa le ragazze» si alza dalla sedia, affranta, ma prima di andare appoggia dei soldi sul tavolo.

«Non ce n'è bisogno. Pago io» dico porgendoglieli ,ma lei se ne va.
Ho fatto una brutta figura e pagherò le conseguenze.
Arrivo a casa, spiegando alle ragazze che la mia farfalla si sentiva male.

«Verrà a fare il pigiama party, giusto?» mi chiede Kennedy, mi sento così in colpa a pensare soltanto di averla ferita, è la amica di mia sorella e non merita di essere trattata così da me, non il primo giorno.
Ho rotto il ghiaccio, l'ho fatta infuriare.
Io mi arrabbio difficilmente, ma quando lo faccio sono una bestia.

Non ho voglia di ascoltare più nessun altro, soltanto dormire, proprio come avevo previsto appena arrivato.

Ma poi è arrivata lei, non a distruggermi la giornata -come crede- ma per migliorarmela.

Avere un riscontro con una ragazza, senza che le persone credano che siamo qualcosa di più.
Probabilmente ho sbagliato tutto, avrei potuto aspettare mia sorella e andare a mangiare tutto insieme per non farla arrabbiare.
Però non posso non dire che quando urla ed è arrabbiata non sia attraente.

Corro in camera per fare un lungo riposino...

«Harry, svegliati!» sento delle mani scuotermi, mi sveglio di scatto e la prima cosa che vedo davanti a me è Grace.
Resto muto, non voglio parlare perché potrebbe accadere un casino se apro bocca.

«C'è Olivia che ci aspetta, sotto» perché è ritornata?
Mi alzo in fretta e mi preparo in bagno, per il solito pigiama party, tipico delle ragazze.
Io mi chiedo: perché devo starci anche io con loro? E perché malgrado non voglia stare con loro lo faccio?

𝙅𝙐𝙎𝙏 𝘼 𝘾𝙊𝙉𝙏𝙍𝘼𝘾𝙏  > ʰᵉˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora