-capitolo 1-

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"per tua felicità non mi vedrai più per un bel po' di tempo, vado a Los Angeles da mio fratello che è stato molto più fortunato di me per la tutela, non provare a fermarmi. Sophie"

Lasciò il biglietto sulla sua sedia prima di varcare la porta con uno zaino e la sua arma, rimase a fissarlo per alcuni minuti riflettendo sul vero perché lasciava l'istituto: la normalità non è per tutti e lei non intendeva sprecare i suoi 17 anni rinchiusa in una cattedrale antica centinaia di anni. Certo le dispiaceva lasciare Brie, Tyler e Tess da soli ma non aveva scelta se voleva abbandonare la sua monotonia. Prima di entrare il corridoio si guardò attorno accertandosi che non ci fosse nessuno ad impedire la sua fuga. La sua stanza era dall'altra parte dell'edificio rispetto a quella di sua zia, Gwen Herondale, capo dell'istituto.

Erano le quattro di mattina e c'era un silenzio tombale. Attenta a non fare rumori cercava di raggiungere in punta di piedi l'uscita della cattedrale per poi aprire un portale all'esterno, senza far scattare l'allarme.

- Non fare rumore in un istituto con pavimenti in legno più antichi dei dinosauri è un gioco da ragazzi-

sussurrò sarcasticamente a se stessa.

oltrepassò il corridoio con la carta da parati rosso scuro e arrivò al punto di riunione, poltrone e divani in velluto verde e la scrivania di sua zia, come se non le bastasse quella del suo ufficio. Passò oltre l'arco della sala allenamenti e quello della mensa e a questo punto l'uscita sembrava vicina. Per sua sfortuna aveva solo indosso una maglia a maniche lunghe molto scollata, come le piaceva far notare la sua runa della angelo in mezzo al petto, segno di amore profondo per i Nephilim amava spiegare ma in realtà solo una preferenza sensuale che le si addiceva discretamente. Con i capelli legati in una alta coda il suo collo era scoperto e sentiva una leggera brezza gelida arrivarle fino alla pancia, sapeva poi che quella sensazione di freddo sarebbe aumentata di cento volte solamente varcando il maestoso portone di legno che dominava il cortile. Camminando sempre più velocemente per la costante paura di un impedimento della zia solo avendola scoperta, e la sua punizione per averle disobbedito dato il suo chiaro ordine di non lasciare mai l'istituto senza il suo consenso; figuriamoci lasciare la città, sarebbe andata su tutte le furie. Si sentiva sempre più libera ad ogni passo verso quella porta, come se avesse l'indipendenza in pugno, già sentiva il caldo della California e la sabbia bagnata sotto le suole, oppure il freddo umido dell'Inghilterra, il costante rumore della pioggia che le rilassava la mente, sentiva la felicità che avrebbe provato attraversando il portale da lei creato grazie ai suoi ereditati poteri, il sangue angelico degli avi che scorrevano dentro di lei e sapeva che aperto il portale l'unica persona che avrebbe voluto ringraziare era la sua bisnonna, Clarissa Ferchild e il suo bisnonno Jonathan Herondale, entrambi con sangue dell'angelo Ithuriel che permisero la trasmissione di tali poteri per generazioni, fino ad arrivare a lei.

Era così eccitata dalla sua riuscita che non si aspettava di trovare l'unica persona che avrebbe spento tutto in un attimo, come un leggero respiro che soffoca un fiammifero quasi senza farlo di proposito; davanti il portone di legno con sguardo serio di vittoria che urlava un "ti ho beccato!" o un "guarda, guarda chi si vede!": sua zia.

Era una donna molto bella: gambe slanciate e capelli corvini, proprio come i suoi. Quasi non accettava il fatto di avere un viso e un corpo che avrebbero attirato anche l'uomo più scontroso e misogeno del mondo, questo in parte Sophie lo aveva preso da lei, erano molto simili, solo lo sguardo differiva: mentre gli occhi di Gwen erano ambra come quelli di suo fratello i suoi era blu zaffiro che prendevano una sfumatura di dorato quando ricorreva alle sue capacità.

Sua zia evitava tutto ciò che comprendeva seduzione o uomini in generale anche perché, secondo l'opinione di sua nipote, allontanerebbe chiunque con i suoi comportamenti superiori ed esageratamente duri che incutevano paura in tutti i suoi subalterni, tranne in Sophie, per lei erano carte scoperte, la odiava perché suo padre aveva ereditato i doni dell'angelo e lei no, la odiava perché anche lei, a sua volta, aveva ereditato da suo padre tali doni. Le metteva limitazioni a tutto ciò che prevedeva amicizie, svago, divertimento o riposo, esigeva lavoro e caccia senza pausa, in particolar modo a sua nipote, che però faceva fatica a tenere in riga. Infatti nonostante gli impedimenti che la tennero a bada per quindici anni era riuscita a trovarsi compagnia nel suo mondo: Brie era la sua migliore amica tra i cacciatori di demoni, era anche lei all'istituto di New York da quando era nata a causa del suo retaggio da Lightwood. Brie era una ragazza esuberante, insolente e schietta che amava divertirsi e infrangere le regole, trascinadosi Sophie con lei, aveva una leggerissima vena di bellezza da amazzone, alta e slanciata, viso dai dettagli molto marcati e i suoi lunghi capelli oro che si intrecciavano vaporosi ondeggiando.

Anche se Gwen faceva di tutto per tenerla lontana da Brie sapeva che non era la ragazza ad influenzarla ma lei stessa che aveva adottato delle barriere per proteggersi da altri comportamenti simili a quelli della zia, era diventata acida e schietta, toglieva le parole dalla bocca di tutti e non aveva peli sulla lingua, diceva quello che pensava e pensava quello che diceva. Adottava una vena sarcastica nella maggior parte delle cose che diceva e poteva persuadere chiunque al suo volere. Abbatteva le sue difese solo in presenza di Brie che per lei era come una sorella, cacciavano insieme, ridevano insieme, e col tempo era diventata la sua unica via di fuga dal mondo del dovere.

Sua zia la squadrò e accennò un sorriso

- pensavi sul serio di poter scappare senza che io me ne accorgessi? Stupida ragazzina- disse schifata

- ci speravo proprio sai-

- ti ricordo che finchè non hai diciotto anni sei sotto la mia tutela e non vai da nessuna parte-

- tranquilla il mio compleanno è tra sole due settimane se ti vuoi liberare di me-

- non mi ricordavo che fosse tra così poco tempo-

- come mai non sono sorpresa?-

nonostante il tentativo fallito di fuga non vedeva l'ora di poter iniziare una nuova vita senza sua zia, "solo altre due settimane" si ripeteva. ritornò in camera sua.

Shadowhunters: la nuova discendenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora