Let It Snow ❄️ Victuuri

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I fiocchi di neve fuori dal finestrino del pullman cadevano soffici, volteggiando tra le spire della fredda brezza invernale, intrecciandosi gli uni con gli altri e danzando leggeri.
Yuri li osservava mentre si univano silenziosamente al letto bianco già presente sul selciato del marciapiede che, nonostante avesse iniziato a nevicare solamente da poche ore, era già spesso e aveva avvolto nel proprio candore gran parte dei cespugli dei giardini della città.
La delicatezza con cui si poggiavano a terra gli ricordava quella di un pattinatore che taglia la lastra di ghiaccio con la propria lama mentre atterra dopo un salto, uno di quelli che danno la sensazione di poter spiccare il volo e librarsi leggiadri al di sopra del mondo.

Gli sarebbe piaciuto fare il pattinatore, da piccolo, era stato il suo sogno fino a quando non aveva incontrato la poesia. Da quel momento in poi nulla era stato più in grado di sorpassare quella passione, che l'aveva assorbito completamente e di cui aveva fatto il proprio lavoro.
Scriveva di paesaggi, di cieli, di natura, ma non aveva mai scritto di amore. Era convinto che non fosse una cosa per lui, con tutto quel romanticismo, i baci, le carezze, una perdita di tempo, insomma.
E, a differenza di quanto non lo fosse l'imprevedibile imperturbabilità dell'oceano o un tramonto mozzafiato, eterno nel suo presentarsi ogni sera, era anche convinto che l'amore fosse effimero.

Aveva provato a ricredersi solamente una volta, un paio di anni prima, quando aveva intrapreso una relazione con una donna bellissima a cui aveva tentato di donare qualcosa che non fossero fredde effusioni o attenzioni annoiate.
E lei l'aveva lasciato dopo appena qualche mese perché "tu sei fantastico, davvero, ma non riesci a darmi ciò di cui ho bisogno in una storia d'amore".
E da quel giorno, Yuri era tornato a convincersi che quella amorosa non fosse proprio una questione per lui.

❄️

Quando fu il momento, fu l'unico a scendere alla fermata appena prenotata, quella a metà strada tra la stazione e l'indirizzo che sarebbe stato la sua destinazione.
Era stata la sua manager a consigliargli di provare qualcosa di nuovo, visto il suo blocco poetico, sicura che fare del volontariato al canile sarebbe stata la soluzione.
Ovviamente, Yuri aveva storto il naso all'idea di doversi occupare di cani, in particolare si era chiesto cosa le fosse saltato in testa proprio qualche giorno prima di Natale, ma aveva deciso di assecondarla, già sapendo che di quella storia assurda non se ne sarebbe fatto un bel niente.

L'indirizzo appuntato tra i memo sul cellulare lo aveva condotto davanti a una sorta di capannone del tutto spoglio e per niente invitante e il ragazzo si chiese se per caso non fosse caduto nell'ennesimo scherzo della manager.
A malincuore sfilò gli auricolari dalle orecchie, posandoli nella tasca della giacca, e suonò al vecchio campanello su cui una scritta ormai sbiadita sembrava recitare "I cuccioli di Vitya", davanti alla quale Yuri alzò un sopracciglio, poco convinto.
Venne accolto da una ragazza che, a giudicare dall'odore pungente e dalla nuvola di peli che impregnavano i suoi vestiti, si sarebbe detta una volontaria, che lo fece accomodare in uno stanzino semi spoglio, dicendogli di aspettare qualche minuto, giusto il tempo di avvertire un certo Victor del suo arrivo.
Così, Yuri fu lasciato solo su una sedia di fronte a una scrivania ingombra di scartoffie, cartelle, disordinati quaderni ad anelli e un calendario fermo a novembre raffigurante qualche foto di cani, più o meno belli e più o meno vecchi, probabilmente tutti ospiti del canile.

Secondo l'orologio sul muro, sempre ammesso che non fosse fermo, erano le quattro e un quarto quando il fantomatico Victor fece il suo ingresso in grande stile, con in braccio un cucciolo di barboncino color caffelatte.
Erano le quattro e un quarto quando Yuri si voltò verso la porta e si trovò davanti la creatura più bella che avesse mai visto - e no, non si riferiva al cane. Un uomo alto e slanciato, malvestito eppure così elegante. I suoi capelli erano fili d'argento e i suoi occhi cristalli di ghiaccio. E il suo sorriso paralizzò all'istante i movimenti di Yuri, che rimase senza fiato né parole per qualche istante, intento a contemplare la perfezione che caratterizzava la persona davanti alla quale si trovava.
Erano le quattro e un quarto quando Yuri si rese conto di aver vissuto una menzogna per venticinque lunghi anni.
Erano le quattro e un quarto quando Yuri ebbe il suo colpo di fulmine.

- Yuri! - l'uomo gli si avvicinò e gli diede una calorosa stretta di mano, senza liberarsi un secondo di quel sorriso smagliante che, al contrario, sembrava ingrandirsi con il trascorrere dei secondi.
Attaccò a parlare e sembrava così convinto di ciò che stava dicendo, che parve già sul punto di affibbiargli quella palla di pelo che aveva in braccio, lasciandolo con un palmo di naso fuori dalla porta una volta liberatosi di entrambi.

- Aspetta, Victor, prima che tu giunga a conclusioni affrettate, sappi che non ho ancora deciso nulla - lo fermò Yuri prima che fosse troppo tardi.

Victor smise all'istante di parlare e la sua espressione tradì un certo stupore.
- No? Avevo capito da Minako che tenessi parecchio ad adottare un trovatello... Devo essermi sbagliato - aggiunse rivolgendo uno sguardo al cucciolo che aveva in braccio e accarezzandogli la testolina.

Adottare?!
A lui quella svampita aveva parlato di volontariato! Quindi alla fine ci era caduto lo stesso, nella sua rete di scherzi.
Yuri si appuntò mentalmente di minacciarla con il licenziamento una volta uscito da lì, dopodiché ponderò la questione nel tempo in cui Victor faceva il giro della scrivania e prendeva posto su una sedia a dir poco logora che si addiceva perfettamente alla decadenza del resto dell'ambiente.
Non disse più una parola, ma prese un cd e lo inserì in un piccolo registratore poggiato sulla scrivania in mezzo al resto delle scartoffie, appoggiandosi allo schienale della sedia.

Oh, the weather outside is frightful
But the fire is so delightful

Victor rivolse un sorriso cordiale a Yuri, senza smettere di accarezzare il pelo morbido del cane che teneva in braccio.

And I've brought some corn for popping
The lights are turned way down low

- Let it snow, let it snow, let it snow - canticchiò infine tra sé e sé muovendo la testa a ritmo con la musica.
- Let it snow, Yuri -

Il ragazzo lo guardò senza capire. Certo, fuori nevicava, ma non riuscì a cogliere il nesso tra il tempo atmosferico del momento e la canzone, né, soprattutto, perché avesse dovuto indirizzargli proprio quella frase.
- Scusa? -

Victor si rimise di nuovo in piedi e gli si avvicinò, andando a posare il cucciolo sulle sue gambe, lasciandolo totalmente interdetto e vagamente disgustato.

- Minako mi ha detto che non riesci più a scrivere - l'uomo parlò, appoggiandosi alla scrivania e incrociando le braccia sul petto. - Let it snow, lascia che nevichi. Lascia che il mondo ti avvolga, Yuri, lascia che ti inondi con la sua bellezza, che ti ispiri con la sua poesia in modo da trasformarla in tua. Lascia che ti sorprenda con le cose più piccole, come un fiocco di neve, una fetta di pandoro, il sorriso di un bambino e... - con un cenno della testa indicò il barboncino tra le sue braccia, che Yuri inconsciamente aveva iniziato ad accarezzare: - ...il pelo di un cucciolo -

Il ragazzo abbassò lo sguardo e lo incrociò con quello semi-addormentato dell'animale e non poté fare a meno di sorridere, vedendo quanto rilassato fosse sotto al suo tocco, a godersi le carezze.

In fondo perché no?
Perché non lasciarsi andare a una nuova esperienza, farsi avvolgere letteralmente dalla magia del Natale, di cui aveva perso ogni traccia già da molti anni, e dalla magia dell'amore nei confronti di un altro essere vivente.
Perché non buttarsi in questa nuova esperienza? Nel peggiore dei casi ne avrebbe tratto sicuramente qualche spunto, mentre nello scenario migliore avrebbe guadagnato un amico, forse più speciale di quanto avrebbe sperato.

- Ci hai ripensato? - la soffice voce di Victor interruppe il flusso dei suoi pensieri, in cui sembrava aver sbirciato prima di porre la domanda.

Yuri lo guardò, a lungo, soffermandosi sui tratti fini del suo volto, e si chiese perché non riprovare anche ad aprire il proprio cuore a un altro essere umano?

- Penso di sì - gli rispose con un sorriso.
Ancora con il cucciolo in braccio, senza distogliere lo sguardo da quello luminoso di Victor, si alzò e fece un passo per avvicinarglisi.

- Let It Snow, Victor -
E, detto questo, chiuse gli occhi e posò le proprie labbra sulle sue, senza riflettere su ciò che stava facendo o del perché o su una possibile reazione di quello che era a tutti gli effetti uno sconosciuto. Lo fece e basta.

- Vedo che hai colto il senso di ciò che ti ho detto - Victor sorrise non appena l'altro si allontanò, per poi tirarlo di nuovo a sé, con il cucciolo ancora tra loro, raggomitolato in mezzo al calore dei loro cuori vicini.

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