Capitolo 1

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Non aveva staccato la fronte dal finestrino neanche una volta da quando si erano imbarcati sull'aereo per Sydney, ma non voleva perdersi un solo istante di quel viaggio che l'avrebbe separata da Londra. Sarebbe stato molto meno doloroso chiudere gli occhi e svegliarsi dall'altra parte del mondo come se quel volo non fosse mai avvenuto, ma sapeva che si sarebbe pentita a lungo di non essersi presa del tempo per salutare per bene ogni cosa appartenente alla sua vecchia vita.

Sospirò e appoggiò le dita sul vetro, appannato dal suo respiro.

Avrebbe voluto essere con i suoi amici in quel momento, anche se ultimamente si era allontanata molto da loro, ma suo padre non le aveva nemmeno permesso di salutarli, di dire loro che si sarebbe trasferita in Australia per chissà quanto tempo. Forse avrebbero capito da soli il motivo della loro fuga, di sicuro lo avrebbero fatto.

Tracciò delle linee casuali sul finestrino e la sua mente viaggiò fino a sua mamma e sua sorella Lizzie, che le sarebbero mancate come la terraferma ad un naufrago. Era un po' da egoista pensare che avrebbero dovuto essere lì con lei, ma non poteva farne a meno. Sapeva di non poter pretendere che passassero anche loro tutto ciò che l'aspettava, eppure continuava a sperare che succedesse.

«Ehi, - una mano sulla sua coscia la fece sobbalzare, ma si accorse presto che era solo Dan, suo papà, - sei stata sveglia tutto il tempo?» il tono delle sue domande l'aveva sempre infastidita, perché ogni volta che chiedesse qualcosa sembrava un interrogatorio, ma cosa ci si dovrebbe aspettare da un ispettore di polizia?

Solo quando provò a rispondere e la voce faticò ad uscire, si rese conto delle lacrime che stavano rigando il suo viso, così si limitò ad annuire.

L'uomo sospirò, comprensivo, e fortunatamente non chiese nulla riguardo al suo pianto. Sapeva che, una volta terminate le lacrime, si sarebbe sentita meglio, quindi lasciò che la figlia si sfogasse. O forse era anche perché da mesi non avevano più una conversazione decente e il loro rapporto era cambiato, non permettendo loro di condividere ogni preoccupazione come avrebbero fatto una volta.

«Mi manca Lizzie.» ammise, quando le lacrime si erano ormai asciugate.

«Non avrei diviso la famiglia, se tua sorella non dovesse fare la dialisi, Jackie.» rispose, ma sapevano entrambi che non era la verità. O comunque non del tutto. Certo, i deboli reni di sua sorella non le permettevano di allontanarsi da Londra nemmeno per le gite scolastiche, ma in realtà non sarebbe stato giusto coinvolgere sua madre e Lizzie in quella situazione, in qualunque caso.

«Ne sono certa.» sussurrò, nella speranza di mettere fine a quella conversazione imbarazzante per entrambi.

Il silenzio tornò ad avvolgerli e solo un lieve mormorio proveniente dai sedili più avanti rispetto ai loro la riportò alla realtà. Sospirò e tornò a guardare fuori dal finestrino, rendendosi conto che Sydney era ormai vicinissima.

«Sarebbe bastata la Francia, non credi? - domandò, con un pizzico di acidità nella voce, e suo padre impiegò qualche secondo di troppo a capire di cosa stesse parlando, - O al massimo l'Italia. Di certo non era necessario andare così lontano.» terminò la frase con malinconia ma in realtà non era sua intenzione far emergere a tal punto i suoi sentimenti.

«Fidati, lo era. La notizia ha raggiunto con una velocità che nemmeno immagini i giornali e i notiziari europei.» spiegò, facendole intendere che l'Oceania sarebbe stata l'unica alternativa possibile.

Decise di non insistere e si limitò a seguire con attenzione il paesaggio negli ultimi minuti che rimanevano fino all'atterraggio.

All'improvviso la sua mano le porse qualcosa che aveva preso dalla tasca del giubbotto.

«Sono i tuoi nuovi documenti.»

Deglutì e osservò la carta d'identità, notando la foto tessera scattata molto tempo prima, quando ancora le sue labbra riuscivano a sorridere e i suoi occhi verdi non sembravano spenti come prati in inverno.

Decise di non soffermarsi sulla foto più di tanto e rivolse l'attenzione al resto. Daisy Smith. Londra. 13 Marzo 1996.

«Perché proprio Daisy?» chiese, fingendo di non sentire una stretta allo stomaco all'idea di quel nome. Di certo lui non poteva sapere cosa provocasse in lei quella sua scelta: non conosceva tutti i dettagli di ciò che era successo.

Si strinse nelle spalle, «Me l'ha consigliato mamma. Pensa che l'assonanza tra Daisy e Jackie possa aiutarti, in qualche modo.» spiegò e la malinconia tornò a farsi strada nel cuore di Jacqueline, al ricordo di quando i suoi genitori avevano deciso di chiamare Elizabeth sua sorella per lo stesso motivo, per fare in modo che superasse il trauma di non essere più l'unica al centro delle loro attenzioni.

Annuì e infilò i suoi nuovi documenti nella tasca dei jeans, per poi appoggiare la mano su quelli vecchi e stringerli, come in cerca di conforto.

«Ho scelto Smith perché è uno dei cognomi più diffusi, la data di nascita a caso e... be', non era necessario cambiare la città.»

Strinse le labbra in una linea sottile e provò a reprimere tutte le sensazioni devastanti che provava al momento.

«Perché mi sento come un'infiltrata della polizia?» chiese, poco dopo.

Suo padre sorrise, «È giusto che sia così. Hai lo stesso livello di protezione.» spiegò, ma lei scosse la testa, amareggiata. La verità era che le era stata tolta se stessa, a partire da una cosa stupida come il compleanno.

Si inumidì le labbra e decise di non ribattere alla sua risposta, nonostante avesse molte cose da dire: lui non c'entrava niente con tutto quello che stava passando, stava solo cercando di proteggerla.

Pochi minuti dopo, una hostess si avvicinò per invitarli a riallacciare le cinture di sicurezza e Jackie colse l'occasione per pensare a qualcosa che non la rattristasse, come il fatto che non era mai stata in Australia prima. Era una cosa abbastanza emozionante, ma non al punto da essere addirittura felice.

Quando ormai non erano più in volo, scesero in fretta dall'aereo e quasi faticò a seguire il passo svelto di suo padre fino ai loro bagagli ma, fortunatamente, le tenne stretta la mano e non rischiò di perdersi. Trovarono con non poche difficoltà le due valigie rosse di medie dimensioni e si diressero verso la stazione dei taxi, pronti ad iniziare la loro nuova vita.

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Nuova vita per Jackie e nuova storia per me😂😂

No, basta, mi ero ripromessa di restare seria, soprattutto perché questa storia sarà di una depressione che nemmeno immaginate. Avete presente quando Cecilia in 'Cioccolato al latte' racconta il suo passato a Zayn? O quando ha paura di perdere il bambino? Ecco, moltiplicate quella depressione per 1000. Fatto? Mh, ora elevate al quadrato, aggiungete 2736467192 e trovate l'equazione della circonfer- no, scherzo, basta con la matematica. Allora, stavo appunto dicendo che sarà depressivo leggere sta storia, mi dispiace😅

Spero che vi abbia incuriosito un po' e... nulla, postero presto il prossimo capitolo!

Ah, Daisy sarebbe la traduzione inglese di margherita. Detto questo, un bacio♥♥

Daisy || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora