𝟭𝟮. 𝗧𝗶𝗿𝗶𝗻𝗴

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Sospiro sfinito prima di scendere dalla bici per poterla posteggiare accanto all'entrata del garage, assicurandomi di averla ben legata alla recinzione del giardino. Alzo lo sguardo al cielo, che è coperto da uno strato fin troppo spesso di nuvole grige, e mi ritrovo a chinarmi accanto alla bici, affondando la testa contro le braccia incrociate. Sembra star per scoppiare a causa di un mal di testa atroce che ha iniziato ad infastidirmi da quando sono salito sulla metro per poter tornare a casa. In effetti, non so nemmeno come io sia riuscito a pedalare fino a qui.

Sono così esausto da non voler nemmeno rientrare in casa. Una volta dentro, infatti, dovrò assicurarmi che mia madre abbia mangiato la colazione che le ho lasciato in cucina, la dovrò convincere a lavarsi, dovrò pulire sia la sua stanza che il bagno, dovrò mettere da lavare i vestiti che si sono accumulati nel cestone, dovrò anche tagliare il prato perchè è cresciuto troppo. Dovrò anche assicurarmi che il rubinetto della cucina funzioni di nuovo dato che questa mattina perdeva leggermente.

Deglutisco, percependo il cuore iniziare a rimbombarmi nelle orecchie. Mi si mozza, per l'ennesima volta, il respiro. Vorrei poter urlare e piangere a perdifiato per poter tirare fuori tutto ciò che continua a pesarmi sul petto. Vorrei poter scappare così lontano da dimenticarmi ogni cosa.

Vorrei davvero farlo.

Ma non posso.

Devo occuparmi di mamma e della casa. Devo studiare. Devo fare in modo che le cose non peggiorino. Perchè, ormai, non possono più migliorare. Posso solo sperare che rimangano immutate. Devo resistere fino al giorno in cui non avrò più nessun motivo per rimanere.

Mi viene spontaneo ripensare a Bokuto. Vorrei fosse qui a rassicurarmi come ha già fatto, per quanto sia egoista da pensare. Vorrei vederlo di nuovo saltare sotto quell'albero. Vorrei davvero poter essere in quella palestra con lui, in questo momento, piuttosto che qui. Vorrei tornare a giocare.

Vorrei vincere le nazionali con lui.

Quasi sbuffo una risata ironica. È evidente che sto uscendo fuori di testa. In fondo, lui sembra avere molti amici. Tra poco si dimenticherà di me, dal momento che non ci sarà più nessun motivo per lui di parlarmi.

Mi passo una mano sul volto, esausto.

So che succederà, ma Bokuto è la prima persona con cui sono riuscito ad interagire dopo due interi anni di vuoto. Nonostante ci conosciamo da relativamente poco, mi sono reso conto che lo detesto. Odio essere solo. Non voglio tornare ad essere invisibile ora che qualcuno sembra essersi accorto di me. Voglio tornare al periodo delle medie. Quello in cui vivevo in modo spensierato. Quello dove mi divertivo insieme ai miei amici.

Quello dove provavo qualcosa. Un'adrenalina che mi spingeva a vivere. Bokuto sembra stracolmare di questa voglia di vivere. Di quella voglia di sorridere. Voglio provarla anche io.

Non voglio che il nostro rapporto svanisca come tutti gli altri in passato. Deglutisco, percependo il mio stomaco brontolare.

Provo a calmarmi prima di riprendere a respirare regolarmente. Le dita delle mani mi tremano ancora e affondo nuovamente la faccia nella sciarpa. Solo ora mi rendo conto di percepire, seppur leggermente, la fragranza di Bokuto impregnata su di essa. Quasi involontariamente chiudo gli occhi, lasciando che sia quel profumo ad avvolgermi.

Non so dopo quanto tempo mi decido ad entrare in casa. Quasi mi spavento, però, quando noto mia madre seduta suo divano della cucina, con lo sguardo fisso sul piccolo televisore spento. Non mi rivolge nemmeno uno sguardo. Richiudo la porta alle mie spalle.

«Ciao mamma. Hai mangiato?», le chiedo, vedendola, finalmente, lanciarmi un'occhiata. «No.», risponde semplicemente, tornando a fissare il vuoto. Ed è così frustrante, ogni singola volta. «Ok. Mangiamo insieme, ora preparo qualcosa.», sto per entrare nella mia stanza, ma la sua voce mi richiama. «Di chi è?», la sua domanda mi lascia spiazzato e, confuso, mi volto nuovamente verso di lei.

«Cosa?», chiedo, non riuscendo a starle dietro. Lei fa un cenno con la testa verso la mia stanza. «L'ombrello.», quasi mi paralizzo all'udire la sua voce. L'ombrello di Bokuto. In effetti, l'ho lasciato in camera e non gliel'ho riportato questa mattina. Non ci ho proprio pensato.

Abbasso lo sguardo, sentendo il suo addosso. «L'ho trovato in metro...Stava piovendo e l'ho preso.», non so bene per quale motivo la bugia mi esca di bocca. Forse perchè non voglio che sappia di Bokuto. Forse perché non voglio che mi vieti di parlarci. Non voglio.

«Ok.», la sua voce è piatta e non so proprio dire se ci abbia creduto o meno. Il suo sguardo spento, però, torna a fissare il vuoto e rimango a fissarla, inerme. Quasi non mi sembra più mia madre, alle volte. Dalla morte di papà, è drasticamente cambiata. Dopo aver dovuto lasciare il lavoro a causa di un infortunio che le ha privato la possibilità di muovere la gamba destra, non è più uscita di casa.

Ho provato più volte a convincerla a farsi vedere da qualche specialista, ma da parte sua ho sempre ricevuto un rifiuto dopo l'altro. Col tempo ci siamo abituati entrambi a vivere così, con i pochi soldi della pensione di papà, accontentandoci. Mi capita ogni tanto di fare qualche lavoro part time per mettere da parte qualche soldo in più, ma non mi dispiace affatto.

L'unica cosa che mi pento di non essere riuscito a fare è stato essere un sostegno abbastanza grande per mia madre. Di fatti, non sono mai riuscito ad essere abbastanza. Quella spinta in più per riuscire a farla uscire dal tunnel nel quale è finita. Quel qualcosa a cui potersi aggrappare. Nè io sono riuscito a far presa sulla sua presenza. Era diventata un fantasma, quasi come mio padre. Mi ero convinto che mi avessero lasciato solo entrambi. Mamma ha ripreso a mangiare e parlare un po' più di prima solo dopo qualche mese, ma non è mai andata oltre. Credo che non ne sia capace.

I nonni sono troppo anziani e lontani per poter chiedere aiuto a loro. Ho sempre preferito dire loro che mamma stava bene e che lavorava. Non ho mai detto a nessuno la realtà. Neanche alla zia, che ormai si è trasferita più di un anno fa insieme al suo nuovo marito. Non ho mai voluto disturbare nessuno. Ho sempre pensato che la responsabilità di occuparmi di mamma spettasse a me. Volevo essere io quello in grado di aiutarla. Eppure, adesso, guardandola inespressiva come il giorno in cui ha ricevuto la notizia della morte di papà, mi chiedo a cosa sia servito mentire. A cosa abbia portato vivere così. Perché io stia continuando a farlo.

Solo per lei.
Ha già provato a togliersi la vita.

Ma se dovessi perdere anche lei, una ragione per restare non ci sarebbe più. Non avrei più nulla.

Non avrei più un motivo per vivere.



HEY HEY HEEY

come promesso, rieccomi!

𝗟𝗼𝘀𝗶𝗻𝗴 𝗬𝗼𝘂 | 𝗕𝗼𝗸𝘂𝗮𝗸𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora