He's in the rain

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Il silenzio è l'arma più potente. Questo è ciò che aveva affermato una volta, qualcuno, in un tempo indefinito.

Il silenzio può avere diverse sfumature. Può star a significare l'affievolirsi di una fiamma, di una passione, può essere la dimostrazione di un'emozione che non trova parole, può ricordare l'attesa di qualcosa che deve avvenire o nascere, può paragonarsi ad una pausa, la quale a sua volta può essere infinita o meno...

Sebbene ci siano tanti colori, tra questi vi è uno che spicca e spaventa più degli altri, ovvero l'impossibilità di poter tradurre proprio quella mancanza di suoni, eventi e parole. Tutto viene ridotto ad un vicolo cieco che non lascia spazio alla razionalità. Era come assistere all'imminente arrivo di una tempesta e dover rimanere fermi, immobili, con lo sguardo puntato in alto, senza poter far nulla.

Questa era proprio la sfumatura del silenzio, che San stava sperimentando sulla sua pelle.

Da quando era tornato a casa, dopo lo scontro con lo zio di Wooyoung, non aveva avuto più notizie di quest'ultimo. Non che prima lo vedesse ogni giorno, ma almeno riceveva qualche traccia. Non voleva averlo nella sua vita, eppure aveva persino scavato nel suo passato, frugato tra i suoi dati, provato interesse e altre sensazioni contrastanti. Non sapeva nemmeno in che guaio si era cacciato, dopo aver quasi minacciato il tutore del ragazzino.

Aveva passato il resto di quella giornata a ragionare su ciò che gli aveva detto Taeyong, sulle eventuali conseguenze. Le sue parole rimbombavano nella mente come un lungo eco che non trovava una barriera per poter cessare. Non voleva che il sedicenne corresse pericoli a causa sua. L'unico desiderio che aveva era quello di poter rivedere Wooyoung, avere il suo sguardo addosso, sentire la sua voce, leggergli dentro, giocare con i suoi comportamenti e molto altro. Ci aveva quasi preso gusto ad averlo intorno.

Avrebbe potuto chiamarlo in qualsiasi momento, dato che sulle informazioni, che gli aveva procurato Hongjoong, era compreso il numero di cellulare, eppure non lo fece. Si era intrufolato fin troppo nella sua vita, voleva che fosse lui a decidere il passo successivo, se ce ne fosse stato uno. Sapeva bene che sarebbe venuto a conoscenza del fatto che si fosse presentato a casa sua, presto o tardi. Doveva e poteva solo attendere.

Questo fu esattamente ciò che fece durante susseguirsi dei giorni, dopo l'accaduto. Ricominciò la sua solita routine, scacciando via i pensieri ingombranti il più possibile. Andò al lavoro, fece persino degli straordinari, per tenersi occupato, uscì con i suoi amici, ai quali non rivelò nulla dello scontro avvenuto con il tutore, nonostante le occhiate furtive che Hongjoong gli dedicava. Passò i pochi buchi liberi delle sue giornate mettendo su dei nuovi progetti da presentare alla compagnia.

Dicembre era il mese in cui tutte le aziende tiravano fuori idee per l'inizio del nuovo anno. In quel periodo il marketing era più competitivo del solito e tutti i direttori spremevano i propri dipendenti, soprattutto i migliori, pur di accreditarsi qualche punto in più. Non era infatti, un caso se la sua scrivania era piena zeppa di fogli ricchi di schemi, scarabocchi, parole chiave, discorsi appuntati... sembrava lo studio di uno scrittore o di qualche personaggio legato al mondo dell'editoria. San appuntava tutto quello che gli veniva in mente, anche quando si presentava l'ora per andare a dormire. In quel caso usava un taccuino apposito, che teneva sul comodino, munito di evidenziatori e penne.

Con il passare dei giorni, il corvino si immerse sempre più nel suo lavoro, non rendendosi nemmeno conto che era già passata una settimana e mezza e non aveva avuto modo di sentire o di vedere Wooyoung. Continuava a pensare a lui durante quelle piccole pause che si concedeva, le quali erano formate solitamente da dieci minuti, giusto il tempo per una commissione veloce, un caffè al volo o una sigaretta da gustare, dato che tendeva a fumare quando era sotto stress.

Rose, scent, kissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora