La paziente

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Gwennie si gettò sul viso un po’ di acqua fresca sperando che la aiutasse a superare quel momento di tensione.
Non si sentiva di nuovo bene ma purtroppo, cosa molto più grave, aveva terminato la medicina che si era fatta prescrivere dal medico di bordo in gran segreto.
Nessuno tranne loro due sapevano della malattia della ragazza ed era stata lei a preferire così.
Dopotutto la polvere che le aveva dato il dottore era molto efficace, era sufficiente una piccola dose sotto alla lingua in caso di malessere e dopo qualche minuto sarebbe stata meglio.
E sorprendentemente era stato così, i sintomi dolorosi al petto e la tosse sanguinolenta erano scomparse e perfino la febbriciattola era sparita.
“Non esagerare però”, l’aveva ammonita Chopper “è pur sempre un farmaco e fino a che non avrò scoperto cos’hai è l’unica cosa che può aiutarti durante uno dei tuoi peggioramenti”.
Gwennie aveva annuito e ringraziato profusamente il medico.
Prima di lui in tanti specialisti non avendo avuto la minima idea di cha malattia la affliggesse, la avevano semplicemente mandata da un altro loro collega che a sua volta aveva fatto lo stesso…un cane che si morde la coda.
E gli “attacchi” dolorosi erano aumentati sia di intensità sia di frequenza tanto da indurre la ragazza ad un periodo di ricovero presso un noto ospedale.
Ora nel bagno guardando la bottiglietta di medicinale vuota, Gwennie fu colta da un attacco d’ansia…come avrebbe potuto nasconderlo agli altri fino a che non si fossero riuniti con Chopper e la rimanente parte del gruppo?
La giovane ripetè il gesto di poco prima, si spazzolò i lunghi capelli castani chiaro e cercò di darsi un contegno respirando a fondo ad occhi chiusi.
Soddisfatta aprì la porta e raggiunse il gruppo che stava festeggiando allegramente.
Era molto stanca come le succedeva sempre quando stava male, ma poteva benissimo camuffare quello stato con una scusa, ad esempio la pessima navigazione che stavano affrontando.
“Stai bene?”, Robin sembrava leggere nella mente a volte e Gwennie era spesso tentata di raccontarle tutto;
Annuì debolmente “sai credo di soffrire questo….ehm…. ritmo?”, allargò leggermente le braccia come del indicare il mare nebbioso attorno a loro che sembrava non cambiare mai;
Robin rise di gusto “anche tu? Beh siete un bel numeretto!” indicò una decina di uomini barcollanti che si lamentavano per la nausea.
Gwennie sorrise debolmente e cercò una superficie dove sedersi…una cassa di legno vuota era proprio lì vicino a lei e ne approfittò subito reprimendo un capogiro.
La navigazione procedeva lentissima a causa della nebbia fitta che li avvolgeva ma anche, anzi forse soprattutto, dallo strano modo di prendere il mare della ciurma di Bartolomeo ovvero a caso.
Senza mappe, navigatore, indicazioni…loro sembravano procedere a caso telefonando ogni tanto alla nonna a casa….quando lo avevano rivelato tra le facce presenti erano comparsi più o meno in questo ordine stupore, irrequietezza e irritazione.
Ormai erano in barca e dovevano soltanto remare si era detta Gwennie.
Festeggiando cercavano di far passare il tempo e di prepararsi al nuovo sbarco rimpinzandosi e recuperando le forze, ma lei non aveva mangiato nulla ovviamente.
Il cibo la solleticava ma temeva di rigettarlo poco dopo e quindi di peggiorare il suo stato precario di salute, era meglio un piccolo digiuno forzato si disse.
Usopp le si avvicinò preoccupato.
“Mai vista gente così”, le disse indicando la strana ciurma “fanno le cose a caso!” scosse la testa;
“Sì è vero ma se sono arrivati fino a qui…..forse non fanno proprio a caso no? O hanno una fortuna sfacciata!” ripose lei cercando di sorridere.
Il risultato doveva essere stato disastroso perché Usopp la guardò e il suo sguardo si fece serio.
“Ma tu……non hai mangiato!”, indicò le mani vuote della giovane “aspetta ti porto qualcosa, con questo boccheggio non è facile muoversi con un piatto di cibo….modestamente io ce la faccio benissimo! Arrivo eh!”
Gwennie lo fissò disperata riempire all’inverosimile un piatto con tutto ciò che trovava nel ricco buffet disponibile sul ponte e tornare soddisfattissimo da lei.
“Ecco a te…..mi raccomando mangia tutto, una nuova avventura ci aspetta…..se usciamo da questo barattolo di cotone!” alludendo alla nebbia se ne andò ridendo.
Il cibo aveva un profumo delizioso ed era appetitosamente invitante e la ragazza decise di mangiare….dopotutto forse le avrebbe fatto bene.
Un paio di ore dopo fu felice della scelta fatta, si sentiva bene in forze e con la pancia piena non aveva nemmeno la nausea, festeggiò con gli altri e si divertì moltissimo.
Un occhio esperto avrebbe notato le leggere occhiaie scure sotto ai suoi occhi verdi e il pallore della sua pelle color avorio leggermente traslucida, senza contare l’espressione di dolore che di tanto in tanto le compariva sul volto come ad un uomo che ha un sasso in una scarpa e improvvisamente camminando questo gli va a finire proprio sotto al piede.
L’occhio esperto c’era davvero e aveva davvero notato tutto questo da un bel pezzo ormai….da prima che si imbarcassero lì….da prima che lasciassero Punk Hazard….da prima che scoppiasse la guerra di Marineford….insomma da quando l’aveva vista la prima volta.
Aveva anche fatto una diagnosi…..più o meno nulla di certo….e se aveva ragione si chiedeva come facesse ad essere ancora viva…

Il mattino dopo il sole era splendido.
La nebbia era completamente scomparsa e una brezza tiepida faceva ondeggiare le vele e il vessillo nero, tutti erano rincuorati dal cambiamento atmosferico e speravano che li avrebbe condotto dritti verso la meta.
Dopo la colazione, abbondante, molto abbondante, il gruppo si riunì per fare il punto della situazione e abbozzare una strategia.
“Siamo vicini” annunciò Law, “la vivre card si muove”. Sul palmo della mano aperto, il piccolo pezzo di carta ondeggiava debolmente indicando la via da seguire.
Gwennie preparò il suo zaino imbottendolo di tutto ciò che poteva essere utile, torcia, vestiti per il caldo, vestiti per il freddo, per il bagnato, per l’asciutto, occhiali da sole, un berretto di lana, la sciarpona di lana del peso di 500 grammi e un po’ di cosine da mangiare tipo snacks, barrette al cioccolato, succhi di frutta, bustine di tè al limone ad infusione, delle tazze e un bricchetto di plastica che conteneva già acqua calda….
Lo zaino aveva una forma normalissima e non sembrava minimamente contenere tutta quella roba, infatti la giovane era ordinatissima e aveva “incastrato” a mò di tetris tutti i suoi oggetti fino a comporre un bel blocco solido.
L’ordine e il metodo però non servivano a niente per modificare il peso notevole dello zaino.
Gwennie lo sollevò con sforzo e poi lo portò fuori sul ponte in modo da averlo pronto in caso di sbarco immediato lasciandolo cadere lentamente per non rompere nulla che vi fosse al suo interno e anche perché aveva particolare cura per le sue cose.
Appena lasciò lo zaino e si risollevò ebbe una fitta al petto e immediatamente un piccolo colpo di tosse le salì in gola, velocemente mise un fazzoletto di carta davanti alla bocca e si girò verso la porta del corridoio che aveva appena percorso per uscire.
Fu tutto veloce e non vide arrivare una persona che stava uscendo proprio da quella porta, inevitabilmente andarono a sbattere l’uno addosso all’atro.
“Io…scusa! Non guardavo e….”, Gwennie si bloccò capendo contro chi era andata a sbattere. Era Law!
Proprio lui!
Da quando anni prima aveva perso Ace, Gwennie aveva sentito come se il gelo avesse invaso il suo cuore….si rendeva conto che non avrebbe mai potuto provare nuovamente lo stesso sentimento che l’aveva legata nel passato al suo amore spento come il fuoco il giorno della sua morte.
Immaginandosi nel futuro non riusciva a trovare un’altra persona capace di farle battere il cuore di nuovo in quel modo, di farle sentire le farfalle nello stomaco….eppure…da tempo cercava di reprimere quella sensazione.
Si sentiva in colpa nel provarla….il suo A era morto e lei cosa stava facendo? Si innamorava di un altro a soli due anni di distanza dal tragico fatto? Eppure….lei lo aveva sognato tanto e altrettanto aveva pianto al suo risveglio….l’incubo era sempre lo stesso…piazza di Marineford la folla che grida, lui che si gira verso Akainu per dirgli il fatto suo. Gwennie che grida a perdifiato – NO, MALEDIZIONE A FERMATI! LASCIA PERDERE TI UCCIDERA’!!!- ma purtroppo è già tutto accaduto. Il sogno era cambiato da quando si era accorta di provare una certa agitazione quando era in compagni di Law. Adesso il sogno finiva con lo stesso Law che aiutava Gwennie a rialzarsi dalla piazza vuota e le metteva un cerotto sul naso.
Tornando al presente, la giovane sentì le guance infiammarsi immediatamente e iniziò a balbettare frasi senza senso rese ancora più indecifrabili dal fazzoletto che teneva sulla bocca.
Law l’aveva osservata e ne era parzialmente divertito, ma ovviamente aveva notato anche il fazzoletto.
“Nessun problema”, sempre conciso aveva detto.
Lei aveva abbassato lo sguardo facendo un piccolo cenno con la testa cercando di tornare verso il corridoio dal quale era uscito L. ma qualcosa la trattenne per il braccio.
Una mano…la sua!!
A bocca aperta Gwennie lo guardò negli occhi grigi….lui le fece un gesto per invitarla a seguirlo.
Trovarono un punto del ponte tranquillo e si fermarono lì.
“Quanto pensi di andare avanti così?”, le chiese guardandola da sotto alla tesa del suo cappello morbidoso.
La giovane era impietrita….che voleva dire? Si era accorto che…ecco…le stava simpatico? Si vedeva così tanto? Cosa avrebbero pensato gli altri? Era un disonore per la memoria di Ace?
Aprì a bocca ma non ne uscì alcun suono.
Lui mosse la mano come per far capire che sapeva, poi la inchiodò con lo sguardo.
“Non è così semplice….la polvere che ti ha dato la renna è solo un modo per prendere tempo, lo capisci? Da quanto vai avanti così?”
Gwennie si riprese….ovviamente aveva scoperto della sua maltattia.
Era talmente semplice che si sentiva una stupida adesso…come aveva fatto a non pensarci prima?
Poteva ingannare gli altri che non si intendevano di medicina, ma lui no!
Era un ottimo medico e, come logico aspettarsi, aveva notato i sintomi della ragazza anche se lei aveva tentato di camuffarli.
Il ricordo del prima attacco le torno in mente e si strinse le mani per scacciarlo, era stato orribile e spaventoso.
Law era incredulo, “Sai cos’hai?” le domandò ancora.
La ragazza scosse la testa e spiegò che diversi medici l’avevano visitata, analizzata e dato medicine che si erano dimostrate inutili tanto quanto i lunghi ricoveri in ospedali di fama mondiale.
Raccontò tutto nei minimi dettagli spiegando i primi sintomi, il primo attacco e il successivo periodo di sgomento che aveva vissuto quando aveva capito che il suo male era cronico e non sarebbe passato.
Lui la ascoltò completamente concentrato.
Alla fine annuì e le chiese di poterla visitare.

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