Duello tra gli specchi

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Calixte riprese fiato.
Era stremata.
Gwennie King si muoveva con una rapidità eccezionale e i colpi delle sue lame erano potenti e ben piazzati, il piccolo taglio sotto all’occhio sinistro della bionda ne era la prova lampante.
“Complimenti….davvero….ma noto che sei piuttosto stanca…”, prese del tempo per recuperare energia.
Gwennie non era stanca, era sfinita, il fianco le doleva pulsando senza tregua ed iniziava a sentirsi molto debole, le mani le tremavano leggermente, sperava che qualcuno le sentisse combattere ed accorresse in suo aiuto….non si erano inoltrate poi così tanto nella foresta.
Calixte era una guerriera notevole, padroneggiava l’arte dei Sai in modo inappuntabile, la giovane era riuscita a schivare alcuni fendenti solo per pochi millimetri, non era assolutamente un’avversaria da sottovalutare.
A Gwennie parve di udire il rumore di passi rapidi che stavano giungendo fino a loro, ascoltò con attenzione: non se lo stava immaginando qualcuno stava arrivando per aiutarla, Calixte non avrebbe mai avuto il campione del suo sangue nemmeno se avesse perso i sensi, come temeva di stare per fare.
La donna in viola rise prima di allargare le braccia.
“Devo ammettere che mi hai dato del filo da torcere signorina King, tuttavia è ora di chiudere i conti. I tuoi amici non potranno mai trovarti, credi sarei stata tanto stupida da venire qui da sola contro tutti i visoni e le due ciurme alleate se non avessi avuto un asso nella manica?”, sorrise, doveva aver sentito anche lei i rumori nella foresta che annunciavano l’arrivo di qualcuno.
Gwennie aprì la bocca senza emettere però alcun suono: la sua mente temeva che Calixte avesse piazzato qualche ordigno esplosivo da qualche parte nell’isola o, ancora peggio, stesse per usare qualche tipologia di gas tossico come aveva fatto Jack in modo da metterli al tappeto tutti.
“Hai mai giocato al labirinto di specchi? Io sì….da c’era un parco divertimenti vicino a dove abitavo da bambina, non riuscivo mai a trovare la strada giusta….provando e riprovando alla fine ce l’ho fatta ma ci ho impiegato diverso tempo, tempo che i tuoi compagni non avranno! GALERIE DES GLACES!”, Calixte girò rapida su se stessa mentre lastre riflettenti sbucavano dal terreno intorno a loro.
Gwennie si sentiva una stupida, non le era mai venuto in mente che Calixte potesse avere dei poteri: erano bloccate all’interno di un labirinto luccicante che le avrebbe intrappolate per un tempo indefinito, senza contare che anche chi stava arrivando per aiutarla probabilmente si era smarrito tra quelle tavole lucide.
Intorno a lei splendevano specchi rettangolari alti circa due metri, massicci e perfetti riflettevano l’impietosa immagine di una ragazza che stava arrancando per guadagnare più tempo possibile prima di poter cedere al dolore intermittente che sentiva al fianco.
Doveva reagire, doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Con un calcio ben assestato, la ragazza mandò in frantumi lo specchio che aveva più vicino, creando una nuvola di minuscole scaglie taglienti, erano lastre enormi ma rimanevano fragili come un qualunque altro loro simile.
“Direi che non ti conviene. I miei specchi si rigenerano subito e comunque i pezzi che crei rompendoli sono più affilati della lama di un rasoio….ma se vuoi dissanguarti, prego fai pure! Mi fai solo un piacere!”, dicendo così Calixte si scagliò verso la sua avversaria.
Si stava divertendo un mondo.
Gwennie emise un respiro forzato: non doveva permettere a Calixte di infliggerle nemmeno il più piccolo taglio, sarebbe bastata una goccia del suo sangue su un Sai della sua avversaria per rendere inutile il sacrificio compiuto anni addietro da suo padre.
 
Law stava correndo a perdifiato nella foresta in direzione dei rumori che aveva udito poco prima, quando all’improvviso comparvero intorno a lui una serie di superfici riflettenti, erano dei veri e propri specchi che si sistemarono in modo da formare una specie di corridoio.
No, non un corridoio ma un labirinto.
Il dottore creò diverse ROOM sperando di indovinare dove si trovasse Gwennie ed effettuare così uno SHAMBLES, ma non ebbe fortuna e i suoi tentativi andarono tutti a vuoto, le superfici lisce facevano ridondare i suoni in modo singolare disorientando completamente l’udito.
Doveva farsi venire in mente al più presto qualcosa, stava perdendo un mucchio di energia e di tempo prezioso.
 
Il commodoro Sasaki fumava un ottimo sigaro ammirando il mare calmo e placido.
Era sul ponte di comando e da giorni ormai non accadeva niente di rilevante, precisamente da quando quella fastidiosa donna era partita per una missione solitaria tutta di sua iniziativa.
“E’ senz’altro lì, dobbiamo avanzare verso l’isola immediatamente!”, aveva gridato con quella sua voce stridula e irritante.
Sasaki aveva ascoltato con molta pazienza la storia di Calixte, lei affermava di essere certa della presenza di Gwennie King sull’isola di Zou: effettivamente la cosa era abbastanza sensata dato che avevano battuto tutte le rotte possibili che il sottomarino dei pirati Heart avesse potuto affrontare in quella zona di mare ma senza trovarne traccia.
“Siete degli incompetenti! La vostra missione è quella di catturare la ragazza ma state girando a vuoto da giorni! Per fortuna che ci sono io qui. Tu!”, aveva additato un marinaio poco distante da lei, “preparami subito la scialuppa! Prenderò in mano la situazione, questa crociera è già durata abbastanza per i miei gusti!”.
Il marine l’aveva osservata mentre parlava agitandosi, quei boccoli biondi non avevano nulla di angelico, anzi erano la dimostrazione che il proverbio ogni riccio un capriccio non era del tutto infondata.
Sospirando Sasaki si era appellato a tutta la sua pazienza rispondendole gentilmente che non avrebbe invaso nessuna isola, tantomeno la millenaria Zou la quale aveva un patrimonio archeologico non da poco.
I giovani non capivano l’importanza di quel genere di cose, ma lui invece sì, aveva visto distrutte tante mura antiche, città splendide rase completamente al suolo a causa di un momento di pazzia di qualche pirata esaltato, anziane coppie che piangevano su ciottoli sparsi di quella che era stata la loro casa, frutto del sacrificio di una vita intera di lavoro, ormai andata perduta per sempre.
Se gli era possibile, il commodoro non voleva avere sulla coscienza disastri simili.
Ma la Aubert si era infuriata, sarebbe partita per la missione verso l’isola senza l’aiuto di nessuno, diceva, tantomeno di un branco di idioti come loro, avrebbe catturato la ragazza e sarebbe tornata al Gemini vittoriosa, d’altronde non le veniva in mente un motivo valido che avesse spinto il Direttore ad affiancarle una squadra di dementi.
“Signorina Aubert, lei è ospite su questa nave e per quanto detesti ammetterlo io ho dei doveri nei suoi confronti ma devo ricordarle che lo stesso vale anche per lei, perciò la ammonisco: non tollererò più il suo linguaggio offensivo rivolto sia alla mia persona che ai miei uomini….”, Sasaki era sbottato in modo abbastanza rude mantenendo però il contegno che si addiceva ad un uomo del suo rango.
Leroy si era sentito sollevato dopo la partenza della Aubert, la sua presenza era sempre stata una spina nel fianco per lui, gli impediva di lavorare tranquillamente interrompendolo sempre per dirgli delle irritanti sciocchezze.
Si ricordò di quando l’aveva vista salire sulla scialuppa vestita in modo diverso dal solito, camicia di seta e gonna a tre quarti con tanto di scarpe nere munite di tacchetto basso, non sembrava nemmeno più lei, aveva anche raccolto i corti capelli in una coda bassa e in mano reggeva una misteriosa valigetta nera.
Riportando l’attenzione alla realtà l’uomo fece mente locale prima di riferire al suo superiore i risultati del suo lavoro.
“Commodoro, signore! Ho completato le ricerche che mi ha chiesto di eseguire!”, il capitano era sull’attenti, reggeva in mano un plico di carte.
Sasaki si girò verso il suo uomo, ne era molto fiero, gli chiese di illustrargli i risultati del suo lavoro.
“Gwennie King è la figlia di Arthur King, ex ricercatore al servizio del Chimera, un laboratorio sito sull’isola di Janvier nel Mare Settentrionale. King è morto anni addietro e sua figlia è fuggita dall’isola portando con se l’unico campione esistente di un vaccino che potrebbe debellare delle malattie le quali attualmente non hanno cura. Si crede che padre e figlia abbiano fatto parte di una società segreta dedita al terrorismo”.
Il commodoro sbuffò il fumo del suo sigaro profumato formando una nuvoletta leggera che sostò per qualche secondo sopra la sua testa per poi volare via spazzata dalla brezza marina.
“E tu che ne pensi Leroy?”.
L’uomo spostò il peso del corpo da un piede all’altro, era decisamente a disagio.
“Posso parlare liberamente signore?”, Sasaki annuì facendo un ampio gesto con il braccio, “Ritengo che la storia non possa reggere per un motivo molto importante: se davvero Arthur King era l’unico in grado di riprodurre il vaccino per quale motivo l’hanno ucciso? Sul posto non sono state prove che potessero indicare né un suicidio e nemmeno bombe o materiale simile che potesse indicare una minaccia per la comunità”.
Sasaki annuì lentamente era esattamente ciò che aveva pensato anche lui fin da subito, l’uccisione di King aveva una sola spiegazione logica ovvero quella di mettere a tacere un testimone scomodo, qualcuno che aveva visto o sentito troppo…tuttavia la figlia del dottore era realmente fuggita portando con se una fiala proveniente dal Gemini.
“E il campione rubato? Perché mai il ricercatore avrebbe dovuto compiere un simile gesto? A questo hai pensato?”, il sigaro era davvero sublime, peccato stesse per finire.
Prima che Leroy potesse parlare il commodoro lo invitò a recarsi con lui nel suo studio, non era una faccenda della quale parlare all’aperto quella.
 
Gwennie annaspava, aveva il fiato corto, ormai non avrebbe potuto resistere ancora per molto.
Calixte rideva di gusto mentre le lame del chakra e i suoi Sai si scontravano provocando piccole scintille azzurre, quel duello le aveva dato la possibilità di confrontarsi con un’avversaria degna di lei, i boccoli capricciosi ondeggiavano molleggiando sulle spalle della donna che sfoggiava un’agilità davvero sorprendente.
“Non ti ho detto una cosa…appena avrò terminato con te, ammazzerò tutti gli abitanti dell’isola. Non vogliamo testimoni scomodi, capisci. Ho sempre desiderato una pelliccia di orso bianco, risalterà il colore magnifico dei miei occhi indossarla! Ti immagini che splendore?”, ancheggiò simulando la classica passeggiata delle modelle mentre sfilano in passerella.
“Le tue minacce sono esagerate, Calixe. Puoi mettere in difficoltà una come me, ma non gli altri…sapranno cavarsela senza faticare troppo….”, Gwennie approfittò della piccola pausa per riprendersi un poco.
Calixte si fermò di botto, guardò la sua avversaria per poi gettare indietro la testa facendo ondeggiare i lucenti riccioli biondi e si mise a ridere in modo eccessivo ed incontrollabile.
“Credo di aver dimenticato di dirti un’altra cosa…vedi questo lumacofonino? Mi basta una parola per scatenare un Buster Call. Non guardarmi con quell’espressione sorpresa, credevi davvero che fossi tanto sciocca da sfidare un nemico più forte di me sapendo di non poterlo sconfiggere da sola?”, rimise a posto l’apparecchio che aveva estratto dalla minuscola tasca dei suoi shorts.
Gwennie era basita, soltanto un ammiraglio della Marina poteva procedere con un Buster Call e per scatenare una simile apocalisse i motivi dovevano essere molto validi o decisamente importanti per qualche pezzo grosso della Marina.
La seconda ipotesi era quella che la ragazza reputava la più corretta: il VDM-03 sarebbe valso milioni di berry nel mercato delle armi di distruzioni di massa, una vera e propria miniera d’oro per chi ci avesse messo le mani sopra, senza contare che avrebbe potuto sfruttarlo usandolo direttamente sul campo.
Non poteva più permettersi di perdere tempo, Calixte andava sconfitta subito, di fronte ad un Buster Call anche i suoi compagni e i pirati Heart sarebbero stati in difficoltà, senza contare che molti di loro stavano ancora riprendendosi dall’attacco con il gas di Jack.
Nella sua mente si materializzò un’immagine distorta che vedeva Lamento Spettrale giacere inerme a terra mentre enormi fiamme arancioni la stavano per avvolgere.
Scrollò la testa per scacciare quel fantasma inquietante, avrebbe salvato Zou a costo della sua vita usando tutte le sue risorse, anche se non estremamente potenti come lo sarebbe stato un attacco del suo capitano Rufy.

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