Law e Bepo stavano tornando verso la piazzola.
La Marina non faceva favori a nessuno se non in cambio di notevoli somme di denaro, se il Direttore godeva dell’aiuto dei marines o era molto ricco o aveva qualche amicizia davvero influente, così tanto da far scorate un suo dipendente da un galeone da guerra comandata da un commodoro.
Certo, Calixte aveva detto loro che qualcuno era interessato al VDM-03, ma non poteva essere solo quello che aveva fatto muovere gli uomini in bianco e azzurro, il motivo doveva essere decisamente più importante, un fattore da non trascurare in nessun modo.
“Capitano cosa ne pensi?”, il navigatore reggeva Lamento Spettrale con entrambe le zampe.
“Direi che c’è un pezzo grosso che muove i fili di queste marionette….il Direttore è solo una figurina messa lì per occupare una sedia, credo sia qualcun altro che aspira ad avere il VDM-03 e questo individuo è un affiliato del Governo Mondiale. Ho già in mente come scoprire qualcosa di più su questa faccenda….non preoccuparti per Zou, i marine non possono attaccare senza motivo un’isola come questa…e poi hanno paura dei visoni”.
Bepo annuì, si fidava ciecamente del suo capitano.
Raggiunsero velocemente gli altri ragguagliandoli sulle notizie che avevano appreso dalla prigioniera: tutti avevano dimostrato sorpresa quando era stata nominata la Marina, tuttavia la cosa non li aveva minimamente spaventati.
“Siamo pirati e la Marina è in ogni caso un nostro nemico!”, aveva detto Penguin.
Con la coda dell’occhio Law vide Robin e Nami che uscivano dalla stanza di Gwennie, finalmente avrebbe potuto farle visita, si accomiatò dai suoi compagni dirigendosi dalla paziente.
La ragazza stava dormendo, il dottore era un poco deluso ma rimase qualche minuto ad osservarla completamente abbandonata tra le braccia di Morfeo: la pelle del viso stava perdendo quella trasparenza bianchiccia, segno che, anche se lentamente, si stava riprendendo.
Le diede un bacio delicato sulla fronte prima di uscire nel modo più silenzioso possibile.
L’ufficio del commodoro Sasaki era a dir poco spartano: l’arredamento era costituito esclusivamente dalla scrivania alla quale era seduto in quel momento, ad una poltrona di pelle girevole e alla sedia di legno scricchiolante sulla quale era seduto il capitano Leory.
L’ambiente era saturo di fumo, il posacenere di osso che era posizionato accanto al telefono sulla scrivania era colmo di cenere, chissà da quanto non veniva svuotato oppure quante sigarette marroni il commodoro aveva fumato.
Poco prima ne aveva spenta una schiacciandola con forza nella cenere.
“Così siamo dello stesso parere, Leroy. Non so da chi sia venuto l’ordine di scortare quella donna ma senz’altro di tratta di un pezzo grosso. A me queste cose non interessano, io sono un marine e il mio compito è far rispettare la legge, qualunque essa sia. Se la Marina è in torto deve pagare, al contrario se i King si sono macchiata di qualche crimine sono loro a dover pagare”.
Leroy annuì, nemmeno lui era contento di dover fare il galoppino per un misterioso individuo dalle facoltose amicizie che era in qualche modo riuscito a far smuovere la Marina per fungere da scorta.
“Bene ragazzo, allora direi che dobbiamo raccogliere un po’ di informazioni. Vedi di scoprire chi ha chiamato chi e perché. Poi agiremo di conseguenza”, l’uomo fece un gesto con la mano.
“Sì signore, mi metto subito al lavoro. E per la Aubert? Come procediamo?”, si era nel frattempo alzato dalla seggiola facendo provocando un violento scricchiolio.
Sasaki ricordò al capitano che la donna aveva lasciato di sua volontà la nave facendo ben capire di non gradire alcun tipo di aiuto da parte loro, perciò non c’era più bisogno di pensare a lei.
Col sorriso sulle labbra, Leroy uscì dall’ufficio a grandi falcate: aveva un sacco di lavoro da fare.
Orca affondò il cucchiaino nella splendida porzione di torta alla frutta che Jasper aveva preparato come dolce per la cena di quella sera, era squisitamente fresca e profumata.
Masticando ascoltava distratto le parole di Penguin, il suo amico non la smetteva di chiacchierare tanto era eccitato dalle ultime novità, secondo il capitano anche la Marina era coinvolta nella tentata uccisione di Gwennie da parte di Ume, o meglio di Calixte.
“Diventeremo pirati temuti da tutti! Perfino gli imperatori ci temeranno!”, le gote dell’amico erano arrossate per l’emozione.
Ingurgitando il boccone, Orca gli fece presente che le sue fantasie sarebbero potute diventare realtà solo se in effetti sarebbero riusciti a sconfiggere il misterioso Direttore con tutta la sua truppa.
Penguin sbuffò: detestava quando il compagno faceva così, lui era ottimista e si sentiva sempre un leone di fronte alle sfide toste come quella che si presentava loro davanti.
Jasper ruppe il filo dei suoi pensieri chiedendogli se desiderava un’altra fetta di torta, altrimenti ne avrebbe portata dell’altra alla paziente, sapeva quando adorasse i dolci.
“Offrila pure a Gwennie, deve rimettersi in forze…anzi se vuoi gliela porto io così la saluto!”.
Poco dopo l’uomo si stava avviando verso la stanza della ragazza tenendo in modo impacciato, un vassoio con sopra la fetta di dolce alla frutta, bussò piano per non disturbarla in caso dormisse ma lei gli rispose quasi subito.
Si rallegrò nel vederlo chiedendogli come stessero anche gli altri, poi concentrò la sua attenzione sulla torta squisita che lui le aveva portato.
Penguin si sedette sulla sedia di legno vicino al letto di lei raccontandole alcuni fatterelli per intrattenerla finché mangiava: da come lo faceva non sembrava una ragazza che avesse appena rischiato seriamente di morire ma dava invece l’impressione di una bimba davanti alla porzione del suo dolce preferito.
“Non faccio altro che mettervi nei pasticci…mi dispiace!”, il piatto era vuoto così la giovane posò il cucchiaino sul tovagliolo giallo accuratamente ripiegato.
“Cosa stai blaterando?”, il pirata fece per alzarsi, “non metterti in testa sciocchezze di questo genere, io non potrei essere più contento di così in questo momento, ci pensi Gwennie? Stiamo sfidando il Nuovo Mondo!”.
Gwennie osservò il sorriso felice del suo amico, era vero quello che stava dicendo, se qualcuno di loro avesse desiderato una vita tranquilla non avrebbe certo scelto di prendere il mare per diventare pirata.
“Grazie, Penguin, non ci aveva mai pensato…”, accompagnò le sua parole ad un lieve cenno del capo.
Qualche ora dopo Law stava visitando la sua paziente: l’addome era ancora un po’ rigido e poteva sentire, palpando la zona interessata, delle reazioni nervose da parte dei muscoli doloranti dove i punti di sutura erano letteralmente saltati durante il duello con Calixte.
Gwennie non si muoveva, cercava di stare più ferma possibile ma la sensazione di disagio che sentiva aumentava sempre di più trasformandosi in forte nausea, temendo di perdere i sensi lo fece presente al suo dottore il quale smise subito.
“Ti fa davvero così male?”, le lanciò un’occhiata indagatrice.
La ragazza ancora non credeva a quella che era diventata la sua realtà: il sentimento che provava per quel ragazzo che le stava davanti preoccupato era a sua volta ricambiato, non lo avrebbe mai immaginato e la cosa le infondeva un forte stupore ogni volta che i loro sguardi si incrociavano.
Era felice come non si sentiva da tanto tempo…
“Più che altro mi causa un po’ di nausea….dolore no, non direi”, sorrise.
Lui parve tranquillizzarsi, d'altronde la visita era andata bene e, tranne la debolezza del fisico malandato che sarebbe presto passata, le cose stavano procedendo ottimamente.
Si sedette sul letto obbligandola a fargli spazio, poi si appoggiò ai cuscini con la schiena facendole appoggiare il viso sul suo petto, ogni tanto le passava ala mano tra i capelli mentre teneva posato il mento sulla testa della giovane.
Lei si accoccolò cingendogli la vita con il braccio libero dalla flebo, era una sensazione meravigliosa, nulla al mondo avrebbe potuto renderla più felice: era tra le braccia dell’uomo che amava e si sentiva protetta come non mai.
Nonostante le cose tra di loro fossero positivamente maturate, il viso di Gwennie prese colore come sempre, le gote rosse come mele e il cuore che batteva un po’ più rapidamente del solito, avrebbe voluto rimanere lì per sempre.
Sospirò.
“Qualcosa non va?”, Law fece per muoversi ma lei lo bloccò.
“No! Non muoverti per favore….sto…sto così bene…..con te vicino in questo modo….”, balbettava come una scolaretta sotto interrogazione.
Eccolo il sorriso sinistro del suo chirurgo, possibile che riuscisse ad essere ogni volta più affascinante e avere l’effetto di imbambolarla come un fantoccio imbottito di cotone?
Sì, era possibile.
Ed era anche possibile che le sua guance, già di un bel colorito acceso, tentassero di prendere fuoco mentre vedeva il viso di Law avvicinarsi sempre di più ed infine sentire le labbra del dottore sulle sue…un bacio, quante volte aveva desiderato dargliene uno ma non aveva osato concedersi a questa immaginazione ed ora il sogno era realtà.
Sentiva il cuore sciogliersi nel petto, avrebbe fatto di tutto per lui, era diventato il perno della sua esistenza, non che prima di scoprire di essere ricambiata le cose fossero molto diverse per lei, tuttavia aveva deciso di non volersi imporre nella vita del pirata ma adesso che praticamente era stato lui a farle capire di volerle bene, il suo amore era raddoppiato facendole mancare il respiro dalla gioia.
Voleva passare il resto della sua vita con Law.
“Immagino che avrai sonno, ti lascio riposare….”, fece per alzarsi ma lei lo fermò di nuovo.
“No, non potrei mai dormire adesso…rimani qui con me…per favore…”, allungò la mano per prendere quella del dottore poi lo invitò a rimettersi come era prima.
Gli occhi verdi supplichevoli di Gwennie lo convinsero, il dottore riprese il suo posto ed iniziò ad accarezzarle i capelli.
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Heart and Life
RomanceL'abilità speciale del Chirurgo della Morte riuscirà a salvare una giovane e bella ragazza da una misteriosa e sconosciuta malattia? A volte le emozioni non possono essere descritte con le parole, per quanto ci impegniamo per farlo, il risultato sar...