Hai detto che...

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Dopo aver rimosso il serbatoio del virus, Law aveva pensato di concedere un po’ di tempo all’organismo debilitato di Gwennie per riprendersi dall’operazione prima di iniziare la terapia ideata per prevenire nonché combattere qualsiasi tipo di ripresentazione da parte del VDM-03.
Tuttavia la notte precedente aveva capito che non era possibile procedere secondo le tempistiche che si era prefissato: dopo che la paziente aveva manifestato una febbre alta così violenta, il medico aveva eseguito una fluorescenza per contrasto individuando una piccola concentrazione del virus che stava cercando di moltiplicarsi per riuscire ad invadere nuovamente il corpo dell’ospite.
Era stato quindi costretto ad iniziare subito con la terapia farmacologica tramite fleboclisi per ottenere un effetto più rapido, nel giro di poche ore infatti le poche tracce del morbo erano nuovamente scomparse.
Law non aveva mai avuto a che fare con un agente patogeno così aggressivo tanto quanto resistente, anche dopo la completa asportazione del 99% delle particelle infette, aveva tentato ugualmente di riprodursi e in tempi rapidissimi peraltro.
Gwennie aveva sentito le parole del medico mentre le aveva riassunto brevemente quello che era accaduto durante la notte precedente, lei aveva ascoltato ma davvero era stata un’impresa molto difficile: quel giorno il dottore indossava una camicia a maniche lunghe grigia, la quale risaltava lo stesso colore dei suoi occhi e pantaloni neri sempre con macchiette grigie di un tono un po’ più scuro, nel complesso era sempre più affascinante soprattutto quando, come in quel momento, non indossava il suo cappello facendo bella mostra dei suoi bei capelli neri tutti scompigliati.
Si era ripromessa di non volersi imporre nel cuore di Law se lui non avesse voluto ed intendeva mantenere il suo proposito, ma averlo così vicino sentendosi scoppiare il cuore per la voglia di stringerlo era una cosa quasi impossibile da tenere sotto controllo.
“…quindi ho già iniziato a somministrarti il mix di farmaci necessari, all’inizio ti butteranno parecchio giù ma poi ti ci abituerai e riprendendoti non ne avrai più bisogno….tutto chiaro?”, teneva la immancabile spada appoggiata alla spalla.
“Certamente, grazie. Seguirò ogni tua prescrizione alla lettera”, gli era molto grata.
“In laboratorio sto procedendo con l’analisi del VDM-03. Appena avrò novità ti terrò informata”, stava uscendo, così Gwennie fece per salutarlo ma lui riprese a parlare, “….forse posso sembrare inopportuno ma devo farti una domanda”.
Cavolo.
Sembrava una cosa seria.
Accidenti.
“S-sì, certo dimmi pure, se posso essere d’aiuto….”, apnea in corso.
Il sorriso sinistro più bello che Law potesse sfoderare si era materializzato sul suo viso allargandosi sempre più man mano che le parole gli uscivano dalle labbra.
“Beh ecco, volevo sapere se era vero ciò che hai detto stanotte, mentre avevi la febbre alta…di solito non sono un tipo così curioso ma stavolta non posso farne a meno…”, alzò le spalle.
Una sensazione di panico mista a sollievo si fece largo nel petto della paziente: febbricitante e delirante che cosa avrebbe mai potuto dire di tanto interessante?
“Oh, che cosa avrei detto?”, però non era molto tranquilla adesso.
Law si avvicinò mettendosi ai piedi del letto, la guardò dritto negli occhi cogliendo un leggero rossore sulle gote ancora provate per la recente febbre.
Sorrise tra sé.
“In verità hai detto molte cose, ad esempio che ti mancano la tua casa e tuo padre, che ti piace Bepo perché è morbido, che seguirai Mugiwara-ya finché avrai vita….”, una paonazza Gwennie lo ascoltava torcendosi le mani, “…ma la cosa che hai ripetuto diverse volte è che mi ami più di ogni altra cosa al mondo, anche della tua stessa vita…”.
Se fossero stati i protagonisti di un fumetto dietro ai disegni di questa scena ci sarebbe stata la scritta “DOOON!” oppure se questo momento fosse stato il perno di una puntata di qualche soap opera ci sarebbero stati diversi primi piani dove i protagonisti rimanevano ammutoliti mentre il volume della motivetto di sottofondo sarebbe proporzionalmente aumentato.
Ma non erano in queste due situazioni, si trovavano l’uno di fronte all’altra in una stanza di degenza nel sottomarino giallo dei pirati Heart.
Lei abbassò lo sguardo, in fondo aveva anche desiderato dirgli ciò che provava.
“E’ la verità. Ma posso assicurarti che io non….”, un gesto di lui la interruppe.
“Hai riposto alla mia domanda, non è necessario che tu mi dica altro. Riposati, passerò più tardi per darti un’occhiata”, sollevò la mano in gesto di saluto.
Quando fu sola Gwennie scoppiò in un pianto disperato, aveva forse perso per sempre anche la sua amicizia?
 
Calò la sera.
Gwennie stava meglio fisicamente ma era caduta in uno di profonda tristezza, aveva pensato tante volte a come gestire questo suo ingombrante sentimento e alla fine aveva deciso di tenerselo per se in modo da non mettere in una posizione difficile Law, ma soprattutto in modo da non rovinare il rapporto che aveva con lui.
Si sarebbe fatta bastare quelle poche battute che si scambiavano, a lei importava di più che lui vivesse felice e soddisfatto la sua vita come meglio avrebbe preferito, ma ora stava rischiando di perdere anche quello.
In quelle ore che aveva trascorso da sola, la ragazza aveva maledetto la sua boccaccia, rea di aver creato quella situazione inverosimile.
Sospirando per la millesima volta si alzò dal letto per andare in bagno afferrando la pallottola enorme di fazzolettini di carta usati che aveva inzuppato per tutto il pomeriggio ottenendo due occhi rossi e gonfi da far spavento.
Davanti al lavandino si gettò l’acqua fresca sul viso più volte, tornando con la memoria a quel momento rievocato dal gesto che aveva appena compiuto, qualche mese addietro a bordo della Going Rufy Senpai di Bartolomeo: quante cose erano cambiate!
Alzò la testa dopo essersi asciugata il volto con la salvietta pulita evitando forzatamente di guardarsi allo specchio nuovamente.
I capelli erano pietosi dopo la nottataccia che aveva trascorso ma al momento le era proibito qualunque sforzo fisico non strettamente necessario così quel giorno non era le era possibile fare uno shampoo: spazzolò la chioma raccogliendola in una coda alta facendo successivamente una treccia che sigillò usando un altro elastico.
Abbastanza soddisfatta tornò a letto, preparando la scatola dei fazzolettini vicino al comodino in modo sa poterli usare facilmente non appena la tristezza avesse bussato di nuovo alla sua porta, ma invece a bussare fu qualcun altro.
“Avanti…”, la voce stanca.
L’impareggiabile Bepo era sulla soglia, reggeva il vassoio con la sua cena, vedere l’orso che sentiva tanto amico un po’ più di tutti gli altri la fece commuovere leggermente ma riuscì a trattenersi.
“La cena, signorina. Jasper si raccomanda di mangiare tutto”, un piccolo inchino mente posava sulle ginocchia della paziente il pasto fumante.
Lei lo ringraziò mentre il navigatore si sedeva sulla seggiola che stava accanto al letto, quando le portava lui la cena desiderava sempre tenerle compagnia mentre mangiava.
“Signorina sei triste, cosa succede?”, aveva notato gli occhi arrossati intuendo che probabilmente doveva aver pianto.
Non era da lei deprimersi per un piccolo peggioramento.
Le lacrime che prima era riuscita a trattenere ora scesero abbondanti dagli occhi lucidi della ragazza, quella domanda aveva rotto il sottile autocontrollo che era riuscita ad imporsi, scusandosi con l’orso si asciugò gli occhi.
“Mi dispiace Bepo non dovevo piangere così….”, era peggio di una bambina.
Confuso, il visone la guardò provando tenerezza, le sembrava così fragile in quel letto bianco così grande.
“Non preoccuparti, posso alleviare la tua pena?”, doveva rialzarle in morale dicendo qualcosa di positivo, “sai il capitano non vorrebbe vederti così…”.
Lei alzò la testa interessata.
Bepo capì di aver toccato il tasto giusto.
“Per lui sei importante, non occorre che te lo dica io….”, continuò, “non avrebbe fatto tutto questo se non ci tenesse a te. Perciò non preoccuparti di niente ci siamo qui noi per aiutarti e proteggerti finché desidererai omaggiarci con la tua compagnia”.
Davvero era come diceva l’orso bianco?
Forse….forse prima della notte precedente, ma ora….
“Grazie Bepo, sei sempre il migliore”, gli diede un buffetto sulla guanciona pelosa, gli voleva davvero molto bene.
 
Bepo si avviò verso la cucina con il vassoio dove giacevano gli avanzi della cena della paziente che infatti non aveva mangiato molto.
Jasper appena lo vide lo tempestò di domande sul motivo che aveva spinto la ragazza a non consumare completamente il suo pasto, non trovando però risposte.
Law, ancora seduto a tavola come tutti gli altri, aveva assistito impassibile a tutta la scena ma dentro celava un urgano di emozioni.
Da tempo aveva capito di provare qualcosa per Gwennie ma era riuscito a reprimere tutto dicendosi che il suo interesse era assolutamente di scopo medico, in realtà non faceva altro che mentire a se stesso.
La freschezza della giovane lo aveva toccato nel profondo, risvegliando in lui sentimenti che credeva di aver perduto per sempre in mezzo alle macerie fumanti di Flevance e tra i fiocchi di neve insanguinati che erano caduti sull’isola di Minion, tredici anni prima.
Ma ecco che all’improvviso era arrivata lei.
Un conflitto interiore deteriorava il medico da diverso tempo: gli era concesso ti tornare ad amare qualcuno o il destino se lo sarebbe portato via di nuovo?
Sarebbe riuscito a proteggerla adeguatamente?
Lei avrebbe mantenuto quel sentimento o si sarebbe spento cozzando contro i lati affilati del carattere di Law che era stato modellato da tante sofferenze?
Avrebbe avuto il coraggio di rischiare sapendo quanto lancinante era il dolore che si provava per la scomparsa di una persona tanto cara?
Troppe domande senza una risposta.

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