Bakura, capitano della marina

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Law era seduto su una poltroncina, ai suoi piedi un groviglio di bende insanguinate e cerotti usati, evidentemente aveva appena cambiato le fasciature.
Il cappello che lo contraddistingueva giaceva sulla scrivania.
Voluminose medicazioni gli coprivano l’occhio destro e parte della testa, guardò rapidamente la ragazza prima di chiederle cosa ci facesse lì.
Lei non parlò, era impietrita.
Quella fasciatura implicava necessariamente una ferita che coinvolgesse anche il suo occhio destro.
Lo avrebbe perso per colpa sua?
Le parole che avrebbe voluto dire si erano bloccate in gola, non si decidevano ad uscire e il risultato fu un silenzio irreale.
Law raccolse le bende sporche da terra e le gettò in un apposito sacchetto che sigillò con cura, poi si girò in modo che la parte fasciata del suo viso rimanesse nascosta.
“Ti chiedo di uscire, per favore”, il medico aveva parlato guardando fuori dal piccolo oblò della sua cabina, “non dovresti essere qui ma a letto a riposare.”
Pioveva ancora.
Gwennie non si mosse di un millimetro.
Fece una cosa però che non le piacque per niente ma che non riuscì in nessun modo a fermare: si mise a piangere, le lacrime cadevano abbondanti dai suoi occhi tristi e preoccupati formando delle gocce rotonde sul pavimento.
“Non capisci?”, alla fine trovò la voce, “sono preoccupata! Cosa ti è successo?”
Il tono disperato della ragazza colpì Law, “Mi sono distratto…..tutto qui. Non è nulla di grave, solo ferite superficiali, nessun danno permanente.”.
Bollettino medico perfetto, ma era la verità o solo una bugia per tenerla calma?
“Non rimarrai….”, Gwennie fece un gesto intorno all’occhio fasciato, non osava dire quella parola.
Il dottore sorrise in modo decisamente più evidente del solito, poi scosse la testa.
La giovane sembrò un palloncino che si stava sgonfiando, le energie che l’avevano mossa fin lì erano completamente esaurite, si afflosciò sul pavimento asciugandosi le lacrime con la manica della maglia.
Adesso le parole uscivano dalla sua bocca come un torrente senza controllo e nel frattempo continuava a piangere singhiozzando.
“Ho avuto una paura….sigh, credevo che ti avessero ucciso ma poi ho capito che non era così….quella sensazione….sigh sigh erano tutti così tetri di là….sigh ho creduto fossi ferito in modo grave….sigh…non stai mentendo vero? Guarirai, giusto?”, la manica della maglia era abbastanza zuppa.
Davanti a quella scena il medico non sapeva come reagire.
I suoi nakama si erano dimostrati sempre sinceramente affezionati a lui, ma quello che stava vivendo era senz’altro tutt’altra cosa.
Si avvicinò alla ragazza e l’aiutò ad alzarsi.
“Non preoccuparti, non ho mentito. Di là sono…..come hai detto?”, eccolo il sorriso sinistro, “Tetri perché stanotte, poco prima dell’attacco che abbiamo subito, tu avevi la febbre alta, mi spiego?”
Mentre Law le passava un braccio intorno alla vita per aiutarla a raggiungere il salottino, Gwennie ascoltava attentamente.
“Ti è salita la febbre poco dopo la sospensione del farmaco nr.1 il quale agiva in modo non utile per il nostro scopo. Il problema è stato il modo violento con il quale è salita. In quel momento siamo stati attaccati….”.
La stanchezza aveva reso le gambe della ragazza non molto dissimili dai tentacoli molli di un polpo, aiutarla a camminare era diventato impossibile, così Law la prese in braccio.
Era stato un gesto così rapido e naturale che ci volle un po’ perché Gwennie se ne rendesse conto, quando ci riuscì il mondo che la circondava sembrava dissolversi pian piano.
Senza pensarci posò la testa sulla spalla di lui perfettamente conscia del fatto che in quel momento il colore del suo viso doveva essere stato all’incirca rosso fuoco, ma la cosa non le importava, voleva assaporare quel momento più unico che raro.
Era meraviglioso sentirsi stretta le braccia forti di lui che la sorreggevano senza il minimo sforzo, si sentiva felice e protetta, non avrebbe potuto desiderare di meglio.
Raggiunto il salottino Law la depositò piano sul divano facendola tornare alla realtà.
La ciurma aveva assistito attonita alla scena guardando ora il loro capitano, ora la ragazza.
“Ragazzi, la paziente è un poco agitata. Si è fatta un’idea un po’ troppo tragica del piccolo evento di stanotte. Cercate di raccontarle tutto in modo che possa calmarsi. Io torno subito. Bepo, puoi venire un secondo?”.
La ciurma iniziò a raccontare dello scontro parlando tutti insieme.
 
“Aye capitano come stai?”, Bepo non aveva resistito, appena usciti dalla stanza aveva parlato.
Law si sedette stancamente su una sedia del tavolo da pranzo.
“Meglio, non preoccuparti….ma come è riuscita a saperlo? Vi avevo raccomandato di non parlare…..”.
“Direi istinto capitano. Appena sveglia ha iniziato a tempestarci di domande e ancora prima che le rispondessimo aveva già capito tutto. Abbiamo potuto solo assecondarla per evitare peggioramenti di salute.”, l’orso si era inchinato.
Il medico annuì.
Si capiva subito che Gwennie era un tipo molto intuitivo, ma evidentemente era proprio un suo talento.
Lentamente ricordò i fatti della notte precedente.
Dopo aver sospeso il farmaco alla paziente, Law si era recato nel salottino per discutere il da farsi con il resto della ciurma quando, ad un certo punto, Jean Bart era arrivato di corsa annunciando un allarme, “Capitano, c’è una nave della Marina esattamente dietro di noi e ci sta per raggiungere!”.
Tutti erano tornati ai loro posti nella saletta di comando, osservando i monitor ed interrogando i radar.
“Come ci hanno trovati? Siamo stati sempre prudenti!”, imprecava Penguin.
Passati pochi minuti Bepo aveva annunciato di essere passato a dare un’occhiata a Gwennie e di averla trovata in preda alla febbre alta.
Dopo qualche inutile manovra di depistamento, Law aveva deciso di emergere per affrontare il problema, doveva assolutamente cercare di evitare bombardamenti dato che la paziente aveva una crisi e doveva essere assistita.
L’enorme nave da ricognizione era proprio davanti a loro quando il sottomarino giallo era emerso dall’acqua, sul ponte di comando faceva capolino un uomo, il marine si era presentato dicendo di essere il Capitano Bakura.
Alto circa due metri e decisamente massicio, portava un paio di occhiali da vista rotondi e i capelli neri impomatati all’indietro, indossava un abito che gli cadeva a pennello, nero con un papillon dello stesso colore e sopra le spalle la giacca che dimostrava il suo grado nella marina.
“Buonasera signori, sono il capitano Bakura, lieto di conoscervi. Adesso non esitate ad arrendervi e io sarò con voi magnanimo.”, parlava lentamente, il suo tono di voce era soporifero.
Inutile dire che lo scontro era iniziato quasi subito.
“Avevo giusto voglia di divertirmi….”, il sorriso sinistro caratteristico di Law era comparso sul suo bel viso mentre creava una ROOM.
In pochi attimi aveva fatto a pezzi tutti i nemici i quali, spaventatissimi, si erano dati al panico più assoluto, notando i proprio arti sparpagliati per la nave.
Bakura però, anche se privo del busto e con solo un braccio a disposizione, aveva cercato di attaccare inutilmente Law.  
Il chirurgo non aveva avuto problemi a scansare l’assalto quando aveva visto ciò che il marine teneva in mano: una BI-999, ovvero la bomba intelligente.
Le bombe intelligenti erano ordigni esplosivi creati in modo da raggiungere autonomamente la zona più favorevole per la detonazione, penetrando nella zona nemica senza bisogno di qualcuno che ve la portasse.
Bakura aveva lasciato cadere la bomba ridendo, “Allora signori miei vi avverto che state per saltare in aria assieme al vostro sottomarino!”.
Il piccolo ordigno, simile ad un ragno ma fornito di diversi sensori e di un piccolo display per il conto alla rovescia, aveva zampettato velocemente verso la porta del sottomarino entrandovi in pochi secondi.
Il display segnava 40 secondi alla detonazione.
Gwennie era dentro e non poteva muoversi, con tutti i suoi nakama impegnati in battaglia, Law aveva preso una decisione rapida: chiusa la ROOM e ne aveva creata un'altra che inglobasse il sottomarino in modo da prelevare la bomba senza aver bisogno di cercarla.
Usando un barile di legno come scambio aveva effettuato lo SHAMBLES direttamente sulla nave della marina, Bakura aveva tentato di ordinare che venisse immediatamente disinnescata ma l’esplosione aveva preceduto ogni tentativo.
La poppa della nave si era ridotta in mille pezzi i quali però, avevano minacciato di ricadere addosso sia ai pirati Heart che al sottomarino così il capitano aveva creato un’altra ROOM scambiando i detriti dell’esplosione con le gocce di pioggia che aveva iniziato a cadere da poco sopra le loro teste.
In quel momento, mentre Law era impegnato a salvare i suoi nakama, Bakura era balzato davanti a lui usando il soru e, con il solo braccio che possedeva armato di pugnale era riuscito a lanciare un fendente verso la testa dell’avversario.
Il dottore aveva incassato il colpo senza battere ciglio, passando immediatamente al contrattacco mozzando definitivamente la testa del marine e afferrandola per i capelli, “Vedi Bakura il tuo abito costoso non potrà mai darti l’onore che non possiedi. Adesso sparisci dalla mia vista!”.
Aveva scagliato la testa lontano, in mezzo al mare, mentre i marines sopravvissuti raccoglievano letteralmente i loro pezzi e sparivano il prima possibile, arrangiandosi come era loro possibile fare.
I pirati Heart si erano riuniti attorno al loro capitano: la ferita di Law era abbastanza grave, partiva da sotto l’occhio ed arrivava fino all’attaccatura dei capelli, era profonda e sanguinava abbondantemente.
Medicarsi era stato complicato usando un occhio solo ma aveva fatto un ottimo lavoro, il taglio aveva reciso l’orbita non in profondità e la retina sembrava intatta, ma ciò non era sufficiente per garantire che l’occhio sarebbe potuto essere salvato.
Tornando al presente, Law pensò che ancora una volta il tempo avrebbe giocato un ruolo fondamentale.
“D’accordo Bepo… adesso io le ho detto che sto bene e non corro rischi di nessun tipo….quindi rassicuratela anche voi”, concluse.
L’orso bianco fece il suo solito inchino ed uscì.
Law posò la spada al tavolo da pranzo e rimase seduto a riflettere.
 
Il salottino era una babele di voci, parlavano quasi tutti insieme.
Gwennie cercava di ascoltare con attenzione ma le riusciva difficile farlo, i discorsi erano ognuno indipendente dall’altro e a volte non propriamente similari, le parve di sentire addirittura la parola drago.
“Ehm, se parlate insieme non capisco molto!”, rassegnandosi aveva alzato la mano destra.
Silenzio.
“Potete parlare uno alla volta?”, sorrise.
In meno di due secondi ricominciò il frastuono di diverse voci maschili che parlavano tutte assieme, rassegnata Gwennie sospirò a provò a capirci qualcosa.

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