Cap. 27

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In quelle giornate di inizio settembre, sentivo la nostalgia appesantirmi le spalle, e una leggera ansia attanagliarmi il respiro. L'acqua della piscina si era fatta più fredda, di notte uscivo con la felpa, percje in canottiera avrei avuto freddo, certe mattine il libeccio strattonava gli alberelli del paesino e faceva volare i fazzoletti della colazione, "Izuku, chiudi le persiane che sennò sbattono!" Urlava sempre mia madre nel panico.
"Traduci questa frase" diceva Todoroki con tono autoritario.
"Ma non mi ricordo cosa voleva dire degredior!" Esclamava Kirishima, annoiato.
"Cazzo ma sei mongoloide? Lo abbiamo appena cercato"
E continuavano così per ore, in quel tavolino sotto il viticcio, a tenere fermi i fogli, perché non volassero e a sfogliare il dizionario svogliati.
"Quest'anno boccio in fisica, me lo sento"
"L'hai detto anche l'anno scorso"
"Infatti mi ha dato il debito, quel cane"
Mentre ci immergevamo nei compiti estivi,quelli che non fai fino a che non è troppo tardi, il padre di Kirishima ci portava il te ai papaveri, che lui stesso faceva. Ai ragazzi non piaceva, dicevano che era amAro anche a metterci tre cucchiai di zucchero, ma io lo bevevo lo stesso, percje lo avevo sempre fatto, lo avevo sempre bevuto: per me sapeva di estate e vento fresco.
In quegli ultimi giorni di estate Katsuki passava a prendermi in moto ogni pomeriggio, saltavo dietro di lui e lo abbracciavo stretto, sentivo il suo odore di tabacco penetrarmi le narici e mi calcavo il casco, che mi stava largo, sulla nuca. Poi partiva. La destinazione era il paese accanto, spesso mi portava in città, oppure in un castello abbandonato sulla collina, che esploravamo, sfondAndoci di alcol d di sesso.
Quando davo la mano a Katsuki sembravo dimenticarmi che l'estate stesse finendo.

Mia madre l'aveva presa bene, la mia omosessualità. Quando mi aveva trovato addormentato su Katsuki c'era poco con cui potessi discolparmi, le avevo detto il vero quindi. Ne abbiamo parlato un pomeriggio intero, mi ha rassicurato che non c'è problema, che mi voleva bene lo stesso e che Katsuki era proprio un bel ragazzo, ma so che preferirebbe un figlio normale, un figlio cui piacesse la figa come ogni maschio che si rispetti. talvolta, quando passava una ragazza sulla spiaggia, mia madre la indicava e mi diceva "Che ne pensi? Non credi sia carina?"
"Si mamma, è carina"
"Parlaci allora"
"No mamma, davvero non mi interessa"
Ogni volta vedevo un po' di delusione velargli gli occhi, ma ci avrebbe fatto l'abitudine. Speravo.

"Passo domani verso le 16:00 a casa tua" diceva Katsuki al telefono
"Va bene, fammi uno squillo quando ci sei."

La bugia dei papaveri •Bakudeku•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora