Cap. 28

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5 Settembre, 16:17
Katsuki era sempre un po' in ritardo. Arrivò un quarto d'ora dopo l'orario stabilito, si tolse il casco e gli diedi un bacio, prima sulla guancia poi sulle labbra. Stavo per scostarmi quando mi cinse la vita e tirò contro di lui, baciandomi più forte e appoggiandomi una mano sul fondoschiena. Tabacco ed erba, il suo odore.
Questa volta non prese la superstrada per la città, andò dalla parte opposta. Lo strinsi forte, dove mi stava portando?

Dopo meno di una decina di minuti accostò davanti a un muretto. Lo riconobbi subito, dietro di esso c'era il campo di papaveri. Incrociò il mio sguardo per un attimo e mi innamorai di nuovo come fosse stata  la prima volta che lo vedevo. Mi aiutò a scavalcare il muretto, dandomi una bella pacca sul sedere, poi mi passò le birre e mi seguì dall'altra parte.
Camminammo per diversi minuti. C'era un caldo torrido nonostante si trattasse delle ultime giornate di estate e il frinire delle cicale si era fatto ancora più intenso, quasi come quando, arrivato alla fine della corsa, dai uno sprint finale prima del traguardo, loro urlavano tutta l'aria che avevano nei loro piccoli polmoni consapevoli che l'estate stesse scivolando via e loro sarebbero diventate solo un ricordo. Che poi chissà se le cicale avevano davvero i polmoni. Probabilmente si, ma non me lo chiesi troppo, avevo altro a cui pensare. La mano di Kacchan era piuttosto tozza: aveva un palmo largo e le dita non erano particolarmente lunghe, sul dorso era coperto di calli e cicatrici e sotto le unghie si intravedeva la tempera secca che non era riuscito a lavare via. Stringevo quella mano e camminavo fra il grano, che pungeva gli stinchi nudi. Kacchan era silenzioso, mi guardava parlare e non trovava niente da aggiungere. In verità non mi stava neppure completamente ascoltando, in testa rimuginava solo su quanto fossero belle quelle lentiggini, come un lenzuolo sul volto del suo compagno.
Arrivammo sulla cima della collina impugnando decine di papaveri. Da sopra il crinale vedevamo il campo stagliarsi biondo di grano e rosso di fiori. Per un attimo, in quei colori, rividi Katsuki, le sue ciocche sbarazzine ma irte come frumento, e i papaveri come i suoi occhi.
E mentre contemplavo quella vista che tanto mi era nota percepivo una mano farsi strada nei miei boxer. La pancia di Kacchan aderiva alla mia schiena, aveva appoggiato il suo mento sulla mia spalla e mi tempestava il collo di baci umidi e affettuosi. Sentivo il suo sesso pigiarmi insistentemente sul sedere. "Izuku..." sussurrava fra un bacio e l'altro, con voce rotta da respiri profondi.
"Kacchan..."
con un movimento fluido mi sfilò le mutande, lasciandomi esposto al suo sguardo e ai morsi dei ragni di campagna. Dopo essersi seduto sul telo, lo zaino dietro alla testa per stare più comodo, mi fece cenno di avvicinarmi. Mi posizionai cavalcioni sul suo basso ventre. Era caldo. Katsuki sfiorò con dolcezza la mia lunghezza, godendo nel vedermi sussultare ad ogni sua carezza. Me lo prese in mano lentamente, spostandosi dalla base alla punta con particolare attenzione ai miei ansimi. Poi d'un tratto mi afferrò i polsi, tenendomeli bloccati dietro la schiena. "Kacchan...?" Gli chiesi con tono interrogativo vedendolo prendere una borsa a lui accanto. "Ho comprato qualcosina per te" mi sussurrò all'orecchio con voce cavernosa.
Sfilò da una tasca un oggettino che sarebbe potuto sembrare un confetto, ma sapevo fosse tutt'altro. Azionò il vibratore poggiandomelo sulla punta del pene e muovendolo lentamente.
Involontariamente mossi le anche verso la fonte del mio piacere, il piccolo vibratore mi provocava un brivido per tutta la schiena. Ansimavo. Gemevo. Grugnivo. Scuotevo le anche a tempo, spingendo il mio membro contro l'oggetto e cercando maggiore goduria, ma Kacchan lo aveva preso per i suoi scopi sadici, me lo muoveva leggero per tutta la lunghezza, provocandomi brividi e scosse di piacere, ma tuttavia senza soddisfarmi, si divertiva a stuzzicarmi, a punzecchiarmi, a provocarmi. Muovevo le gambe e il bacino come impazzito, ansimavo rumorosamente chiamando il nome del mio sadico amore nell'aria ferma e afosa. "Kacchan! Ah... ah... KacchAn!" Urlavo preda di convulsioni. Mi stava facendo impazzire con quell'aggeggio, era così piacevole e allo stesso tempo così doloroso, non ce la facevo più a sopportare, avevo bisogno di essere sbattuto, volevo che mi penetrasse con violenza, che mi stringesse il collo con quelle dita grosse e mi tirasse i capelli fino a farmi piangere. "Dio! Fottimi, Kacchan! Ah... Non resisto più, fammi tuo!" Urlavo in preda al piacere. Lui rideva. Aveva quel suo ghigno stampato sul viso: era consapevole di avermi in pugno, guardava il mio pene vibrare bagnato, le mie anche agitarsi eccitate e la mia bocca chiamare il suo nome gemendo. Ma ancora continuava a tormentare il mio pene, toccando punti piacevoli ma senza farmi godere troppo, lasciandomi in quel limbo in qui la goduria provocava scosse e fremiti al mio corpo bagnato, ma queste non erano sufficienti per farmi venire. "Ah... Ti prego non resisto più... ti prego dominami, Kacchan, fammi tuo..." urlavo gemendo, ormai senza ritegno.
"Ti piace farlo sadomaso amore?" Mi chiese con voce roca e bassa, il solito sorrisetto sul volto.
"Sì... sì..." gemetti ad occhi chiusi, la lingua fuori dalla bocca.
Kacchan quindi, dopo il mio ennesimo urlo di gioia E desiderio, fece scivolare il vibratore nel mio retto, fino all'altezza dello stomaco. Mi sfuggì un grido di goduria. Il biondo comandava l'oggetto dal suo cellulare, si divertiva ad alzare e ad abbassare la potenza, per vedermi divincolare e contorcere. "Scopami... scopami ti prego... Kacchan... ah..."
Mentre gemevo, lo sguardo rivolto al cielo, il biondo estrasse dalla borsa qualcos'altro. Si trattava di un paio di manette. Quando le vidi ebbi un fremito. "Sei stato un cattivo ragazzo" sussurrò nel mio orecchio il biondo, coprendo con la voce i miei respiri affannati "Fatti punire, dolcezza."
Mi legò le mani dietro la schiena, torturandomi i capezzoli turgidi e succhiandomeli con ardore. "Non ho ancora finito... ho tanti bei giochini per te" pronunciò con voce roca guardandomi con occhi di fuoco.
Ero io la preda ora.

Avevo mani e piedi legati, le prime dietro la schiena, esponendo così il mio addome scoperto. Nel mio ano si agitava quel vibratore così eccitante. Kacchan mi aveva legato una benda sugli occhi, stretto i capezzoli con due mollette che mi provocavano spasmi di piacere e, infine, legato un lungo guinzagliò al collo.
"Kacchan... ah... ahh!" Urlavo senza più ragione "Kacchan, sfonda il mio culo di spinte e fai di me ciò che desideri" urlavo in preda a spasmi di piacere e convulsioni di godimento. Per tutta risposta avevo sentito il biondo abbassarsi la zip dei pantaloni ed ergersi in piedi davanti a me. D'istinto aprii la bocca e srotolai la lingua, mostrandogli la gola morbida e ansimando notevolmente. Katsuki non attese due volte. Mi afferrò i capelli provocandomi un esclamazione di piacere e mi sbatté il pene in gola senza alcuna esitazione. Era grosso e ingombrante, il cazzo di Kacchan, e lui me lo spingeva contro l'ugola, con mosse decise e violente, teneva una mano dietro la mia testa che si avvicinava al bacino con energia e brutalità. Mi stava fottendo la gola con ardore e questo mi eccitava alla follia. Combinando spinte risolute del bacino con le mani che mi spingevano contro di lui arrivavo a prenderlo tutto in gola, gli toccavo la pancia con il naso e sentivo la sua cappella grossa sformarmi la bocca. Ad ogni spinta il biondo grugniva con piacere, emetteva versi mascolini e virili che mi eccitavano ancora di più. "in bocca! Ah... ah... Kacchan, in bocca!" Gemevo appena mi permetteva di prendere un respiro.
Solo dopo molti minuti di pompino sfrenato sentii il suo liquido caldo inondarmi le pareti della bocca, amaro ma dolce. Ingoiai ubbidiente. Kacchan si lasciò andare con un ultimo respiro profondo e eccitante.
"Amore-" non feci in tempo a finire la frase che il biondo mi riafferrò. Non potevo vederlo a causa della benda. Mi rigirò con violenza in modo che gli dessi le spalle, con una mano pigiava sui miei polsi legati, immobilizzandomeli contro la schiena, con l'altra mano mi tirava i capelli e con una gamba teneva le mie immobili. "Non credere che io abbia finito con te, puttanella." Mi sussurrò ad un orecchio.

La bugia dei papaveri •Bakudeku•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora