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– Trillium, mertensia virginica e azalee rosa. Ok, c'è tutto, signora Lorton!

Seri prese le cassette di fiori e le impilò una per una nel portabagagli del suv, parcheggiato di fronte al negozio di piante che era anche la sua casa. – E non dimentichiamo la sua cypripedidum, – aggiunse.

La donna bionda di mezz'età che sostava davanti a lui si allungò per accogliere tra le mani grassocce una piccola orchidea in vaso. – Seri, sei unico! – disse. – Solo tu potevi farla riprendere. Mio marito continuava a guardarla morire, e io mi vergognavo a morte. L'avevamo trovata sul bordo di un sentiero, mentre facevamo l'escursione Rose River Falls... a dirtela tutta è scappato un bacio e subito dopo ci è caduto l'occhio su di lei. Se ne stava da sola, lì, tra un ciuffo di sassi, quasi a dirci che quel punto era un po' magico. Non so, sai, ci è sembrato di buon augurio.

Lui sorrise a labbra chiuse, gli occhi piegati in una linea dolce. – Che bel ricordo, grazie di averlo condiviso, signora.

– Sophia! Ti ho detto di chiamarmi Sophia, cos'è questo "signora qua" e "signora là"! – Con una risata argentina caricò la pianta sul sedile posteriore dell'auto. – Adesso è tornata come nuova. Sei un mago!

– Non c'è problema, – replicò il ragazzo in tono pratico, – ma deve prendersene cura, ok? Non si innaffia una pianta solo perché si nota che ha un problema, ok? Stia attenta alla zona di saturazione in fondo al vaso. E quando nessuno la vede, – ammiccò, – le parli, mi raccomando. Ha sentito la sua mancanza.

Sophia si chinò con fare complice: – A costo di essere presa per matta dal mio cane, lo farò!

Scoppiarono a ridere.

– Vorrei davvero sapere il tuo segreto con le piante!

– Non ci sono segreti, loro ti dicono sempre di cosa hanno bisogno. Basta saperle ascoltare.

– Eh, magari sapere parlare quel linguaggio! – Passò una mano leggera sulla piantina. – E queste radici, così sporgenti, non dovrei tagliarle?

– No, lasci pure che crescano. Ha visto le mie nella serra, vero? Sono così lunghe che le ho appese in alto...

– Sì, sono bellissime.

– Quindi, si ricordi: ambiente umido, luce continua non diretta e temperatura sui 20°. Non esageri con il concime, per questa specie basta una volta all'anno, lo metta nell'acqua del sottovaso in modo che si assorba lentamente, ma solo nel periodo di dormienza... e mai acqua fredda, mi raccomando. Sarebbe preferibile interrare il vaso di coltivazione, ma veda lei.

Sophia si mise sull'attenti, salutando alla militare. – Agli ordini, comandante. Mio Dio, – ridacchiò, – sei un pozzo di scienza, non mi stancherei mai di ascoltarti. Perché non vieni in facoltà a Harrisonburg? Ti ospiterei volentieri durante una delle mie lezioni di botanica.

Gli occhi di Seri spaziarono sui promontori boscosi che li circondavano, sovrastati da un cielo limpido di inizio marzo, e si fissarono sul grande campo a sinistra della casa, dove spiccava un autorevole albero dalla spettacolare chioma a fiori bianchi. – Faccio fatica ad allontanarmi da qui...

La donna annuì, seguendo lo sguardo di quegli occhi verde acqua che sembravano laghi montani increspati di neve. Sospirò, inalando le fragranze resinose disperse nell'aria. – Beh, non posso darti tutti i torti. Il parco montuoso nazionale di Shenandoah è una delle sette meraviglie del mio universo personale. Vivere in questo paradiso naturale deve essere speciale. Ma, davvero, una piccola scappata non puoi farla?

– Ci ho provato un paio di anni fa, – ammise lui, – in una scuola elementare... ed è stato un disastro. Avevo un bulbo di cipolla in mano e parlavo del terreno sciolto che ci vuole per coltivarla quando ho incrociato i visetti di quei bambini, gli sguardi così attenti... sono andato in iperventilazione e alla fine ho vomitato sulla cattedra.

La donna trattenne una risata irrispettosa.

– Poveri piccoli, – sorrise lui passandosi una mano dietro la nuca tra i capelli nocciola, – devo averli traumatizzati a vita. Non sono a mio agio quando mi trovo al centro dell'attenzione... e fuori di qui.

Sophia inclinò la testa, ammirando la bellezza angelica di quel giovane, che sembrava proprio una fragile creatura magica appena sorta dalla foresta. – Beh, come vedi, lo sei in ogni caso, – commentò, indicando le ultime auto di clienti che se ne andavano per la strada sterrata. – Anche se ci vogliono chilometri, le persone imboccano comunque la Skyline Drive e vengono a cercare la tua casa... – Fece un cenno al rustico alla loro destra, oltre il largo camminamento d'entrata disseminato di piante in vaso. Era un'abitazione in pietra, a un piano, immersa in una radura di quasi due ettari. – Hai solo ventidue anni, ragazzo, e stai reggendo un'attività commerciale di questo tipo tutto da solo. Tuo nonno ne sarebbe stato orgoglioso.

Lui annuì, improvvisamente commosso. La donna sorrise: – I miei studenti avrebbero davvero bisogno della tua esperienza.

– Beh, potrebbe sempre portarli qua...

La donna spalancò gli occhi. – Tipo gita istruttiva, intendi? Non ti darebbe fastidio?

Lui sollevò le spalle. – Per nulla, anzi. Vorrei proprio sviluppare questo tipo di attività in futuro. Ma non ho grandi cose da dire a dei futuri biologi... solo alcune nozioni sui tipi di terreno e il ph necessario per le coltivazioni, e se mi faranno domande di chimica io...

– È fatta, allora! Che idea fantastica! Ti chiamo per accordarci, ok?

Venne travolto da un abbraccio un po' scomposto e, prima che potesse replicare, Sophia Lorton salì in auto e se ne andò. 

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