14.

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Il tempo passava, il braccio guariva e il suo vivaio non era mai stato tanto florido. Seri andava a controllare nella cassetta postale ogni giorno, ma della notifica di sfratto non c'era traccia. Forse perché Beavers era ancora ricoverato in ospedale? O forse perché il padre di Logan aveva ricevuto la raccolta di firme e la richiesta dell'università, a supporto del suo progetto?

Dubitava che Logan avrebbe avuto il fegato di impicciarsi ancora in quella faccenda. Perciò non capiva bene cosa stesse accadendo, e pur apprezzando quel tempo in più che gli veniva regalato, e che permetteva al suo florida di riprendersi, soffriva di quel costante vivere sulla corda.

Dopo una decina di giorni dall'incidente, la berlina nero metallizzata del Ceo William Gettle fece ingresso nel sentiero di casa sua. Era una giornata limpida e fresca, colma degli aromi primaverili della foresta che si risvegliava. Un vento leggero scavava l'erba a mulinelli, creando giochi di forme che rimbalzavano con il volo delle prime intrepide farfalle.

Seri stava seduto su uno sgabello a ridipingere la recinzione in legno. Quel mattino era sceso in città per fare terapie; l'osteopata lo aveva massacrato, e lui aveva scoperto muscoli che non sapeva di avere, con nuovi interessanti dolori a essi associati.

Si sollevò in piedi a fatica e andò ad accogliere l'uomo che era sceso dalla vettura, il quale non era altri che la versione sessantenne di Logan. Biondo, alto e ben piazzato, occhi verdi e acquosi. Ma con un guizzo diverso nello sguardo, non incespicante e bambino come quello del figlio, ma sicuro e deciso, a tratti arrogante.

– Sono venuto a parlarti, ragazzo, – gli disse stringendogli la mano.

Seri lo invitò in casa, facendolo accomodare in soggiorno. Gli offrì qualcosa da bere ma lui non volle prendere niente e quando si sedette sul divanetto notò che continuava a fissargli il braccio. Sembrava molto a disagio.

– Ho saputo che... hai chiesto di parlarmi. Ti chiedo scusa per non averti contattato prima. Come stai, ragazzo?

Seri si umettò le labbra prima di rispondere. – A dire il vero, mi trovo spaesato, signore. Dall'ultimo incontro con il vicedirettore Beavers ho appreso che il mio progetto è stato bocciato. Pensavo lei lo appoggiasse. Vorrei sapere cosa le ha fatto cambiare idea.

L'uomo si schiarì la gola, fissandosi le mani. – Non ho ancora confermato nulla.

Seguì un lungo silenzio.

– E... lui come sta? – domandò Seri di getto.

Gettle si riscosse. – Ethan? Ah, è ancora in condizioni critiche. Non si è risvegliato. I medici sono cauti.

– È terribile, – commentò lui con una stretta al cuore.

– Il fratellino è piuttosto sconvolto dall'accaduto, – spiegò, – sai, è un ragazzino fragile. Non è facile per lui, vivere da solo in quella grande villa, con suo fratello bloccato in terapia intensiva...

– Ma i genitori...?

– Ah, la madre non si sa dove sia. E Thomas, il padre, e mio carissimo amico dai tempi del college, si trova all'estero per un'importante joint venture, non può rientrare prima di tre settimane.

– Nemmeno con suo figlio in quelle condizioni?

Gettle si schiarì la gola. – Si tiene costantemente informato con i medici. È... beh, lui ha molte responsabilità, sai.

– Capisco... – E cominciava davvero a capire perché Ethan Beavers fosse così spietato e cinico, se suo padre non si staccava dagli affari nemmeno in una situazione simile. – Ma allora il ragazzo con chi sta?

L'altro sollevò le spalle. – Con i domestici.

Seri si accigliò.

Gli occhi del CEO ebbero un lampo e si sollevarono su di lui, come se avesse avuto un'idea improvvisa. – Senti... non potresti fargli compagnia? Stare un poco con lui?

– Cosa? – sobbalzò.

– Beh, facevi volontariato con i bambini in ospedale una volta, giusto?

– Beh, ma questo è...

– Vive dietro la collina, puoi raggiungere la villa a piedi in quindici-venti minuti, – incalzò.

– Ma...

– Saresti un tutore perfetto. Potresti anche portarlo a vedere il tuo vivaio.

– Senta, io non...

William Gettle si avvicinò e gli catturò le mani in una stretta convulsa. – Se tu avessi denunciato mio figlio, lo avresti rovinato per sempre! – sbottò in un espiro livido.

Seri spalancò gli occhi, a corto di fiato.

– Gli hai lasciato il suo onore. "Ci" hai lasciato il nostro onore, – aggiunse con enfasi. – Credevo saresti venuto a ricattarmi, mettendo in banco il tuo progetto, ma non l'hai fatto. Ti avevo giudicato male, Seri. Conoscevo i tuoi genitori e pensavo che avessi avvicinato Logan solo per interesse, – scosse la testa. – Thomas Beavers è un fratello per me, e considero Ethan e Matthew come miei nipoti. Il piccolo sta avendo seri problemi in questo periodo, gli insegnanti mi dicono che ha comportamenti asociali, a volte autolesionisti. Con me e mia moglie sillaba appena due parole, e ancora meno con i domestici.

– Il fatto è che... non sono davvero la persona più adatta a questo tipo di...

– Ti prego solo di provarci, – interloquì lui accalorato. – Ti darò le chiavi di casa. Vallo a trovare, non ti chiedo altro. Se non andrà bene, pace. Non pretenderò nulla di più. Te lo prometto.

Seri strinse le labbra in una linea sottile. Risentì all'improvviso in bocca il sapore che aveva gustato nel bacio che aveva scambiato con Ethan e l'istante di dolcezza nei suoi occhi. "Vorrei rinverdire un poco il giardino e gli interni," aveva detto. E un'idea gli balenò in mente. – D'accordo, – disse, – ci proverò, ma non prometto nulla.

– Fantastico! – esclamò Gettle stritolandogli le mani. Si alzò in piedi e raccolse il soprabito in un braccio. – Ho ricevuto la relazione della professoressa Lorton e le firme della comunità. Rivaluterò il progetto. E non appena Ethan si rimetterà in salute, voglio che lavoriate insieme per concretizzarlo. La gestione di questa terra rimarrà agli Harwood. È deciso. Buona giornata, ragazzo.

Seri lo vide uscire, incapace di proferire parola. Guardò l'orologio a parete sopra il caminetto. In una manciata di minuti la sua vita era cambiata. Ma quel che più contava... il suo florida era salvo.

Il mio floridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora