21.

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Quando ebbe finito chiuse il cancello e rientrò in casa. Matthew si era seduto in uno dei due divanetti e stava leggendo un libro di poesie preso in prestito dalla sua libreria a parete, mentre terminava la sua fetta di torta.

Ethan si alzò dallo sgabello dell'isola in cucina, di fronte alla finestra che dava alla radura. Trasalì leggermente, come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa di nascosto. Si sistemò il pullover sui fianchi solidi e arrossì leggermente. – Mi dispiace, hai chiuso prima per noi?

Seri boccheggiò, incredulo nell'udire quelle parole gentili. Si strappò un sorriso e se lo appiccicò sul volto senza tanti complimenti. – Beh, non c'era molto lavoro comunque. Siete ospiti speciali, mi sembra il minimo, – aggiunse scambiando un'occhiata tenera con Matthew, che per un attimo aveva sollevato la testa dal suo libro.

– Grazie.

Di nuovo quella morbidezza nella voce, calore che andava a riflettersi in quei dolcissimi cristalli azzurri, soffici frammenti di cielo in cui perdersi... e abbandonarsi.

– Stai meglio adesso? – si sentì chiedere come un sonnambulo, la sua bocca si era mossa da sola.

– Sì. – Ethan sorrise.

E quel sorriso illuminò la stanza come l'esplosione di una supernova.

– Bene! – squittì Seri battendo le mani, in un applauso alla propria idiozia, incapace di contenere l'incendio interiore che lo stava devastando. – Cosa vogliamo fare? Matt, ti va di vedere il vivaio?

Il ragazzo accolse con entusiasmo quella proposta. Uscirono all'aperto e Seri cominciò a raccontare del suo lavoro di giardiniere, la storia di ogni pianta e i progressi di ciascuna. Il tempo passò veloce.

Quando Matthew scoprì l'esposizione di bonsai nella serra e apprese le particolari tecniche per crescerli e coltivarli, si piantò lì davanti senza più dare segni di interazione con il mondo, in mistica adorazione.

Lo lasciarono tranquillo, portandosi all'esterno, e fecero qualche passo per il campo. Il cielo era nuvoloso e presagiva pioggia. Un vento umido, carico di odori muschiati e floreali, li raggiunse scuotendo i loro capelli.

Ethan si scostò una ciocca dagli occhi. Camminava a passi calmi al suo fianco. La spalla di mezza spanna più alta. Aprì e chiuse la bocca, esitante, quindi si decise a dire: – Ieri sono tornato al lavoro, non ufficialmente ancora, ma giusto per riprendere il ritmo. Gettle mi ha chiesto di ripensarci sul tuo progetto e anch'io adesso mi rendo conto di avere preso una decisione affrettata. – Emise un sospiro ed emanò un sorriso dolce e malinconico allo stesso tempo. – Non vedo l'ora di collaborare con te. Ti chiedo scusa per il mio atteggiamento di prima. Sono stato imperdonabile.

Se quello era un sogno, non voleva essere svegliato! Ethan era così cambiato dall'incidente che sembrava essere un'altra persona. Seri notò che anche Matthew guardava il fratello con la stessa espressione cauta e diffidente. Era sempre timoroso nei suoi confronti, chiedeva il permesso per qualsiasi cosa, come se fosse abituato a essere bloccato di continuo. E quando Ethan lo incoraggiava, dimostrandogli invece che poteva comportarsi liberamente, lui sgranava gli occhi a dir poco allibito. Che quella brutta avventura lo avesse fatto rinsavire?

– Non c'è problema, Ethan, sono felice che adesso tu stia bene. Lasciamoci tutto alle spalle, ok?

Si fermarono proprio in quel momento. A una ventina di passi davanti a loro si ergeva il bellissimo cornus florida che da più di un secolo dominava la radura Harwood con la sua presenza. Stava perdendo molti fiori, anche le brattee stavano cadendo e creavano una coltre bianca a circondarlo, come una barriera di luce.

Seri lo osservò con un sorriso incerto. – Dovrebbero cominciare a spuntare le foglie verdi, – mormorò quasi a se stesso. – Spero che guarisca presto. Voglio un bene dell'anima a quest'albero.

Ethan annuì fissando la pianta con una strana serietà. – Lo sa. E ti ricambia.

Lui si volse a guardarlo, accigliato. – Cosa vuoi dir...?

– Non avevo capito che Matt stesse così male, – lo interruppe, abbassando il volto. – Sono stato cieco e sordo a troppe cose... per troppo tempo.

Il cuore di Seri sobbalzò. – Non lo sapevi?

Ethan scosse la testa. Lasciò poi vagare lo sguardo lungo la parete boscosa che li circondava e le ondulazioni montuose più oltre. Sembrava che i suoi occhi si cibassero di quel paesaggio come fosse stato nettare di ambrosia. Ed erano cristalli che non cercavano, non più adesso. Racchiudevano una pace profonda, radicata. Vasta quanto il cuore stesso della Terra.

– No, – replicò, – non sapevo molte cose prima... o forse non volevo vederle. I domestici mi hanno detto che da qualche giorno sta meglio... da quando ti ha conosciuto. Ieri ho parlato con gli insegnanti, pensavano che le sue difficoltà fossero dovute al trasferimento da Washington, ma hanno scoperto che un gruppetto di compagni lo bullizzava. Hanno preso provvedimenti e ora Matt è seguito da uno psicologo. – Sospirò a fondo. – Ho fatto davvero un pasticcio. C'è tanto da rimediare.

Seri si passò una mano sulla nuca, a disagio. – Vedrai che tutto si sistemerà.

Ethan si voltò a guardarlo con un sorriso appena accennato, velato di tristezza. – Sai, mio padre non ha mai accettato quello che sono: si vergogna di me. Non mi ha voluto in azienda e ha fatto in modo che nessuno del giro mi desse la possibilità di emergere. Ho lavorato e tenuto duro, vedendo gente meno preparata sfilarmi davanti e fare carriera, o rubarmi idee per primeggiare, fino a quando non mi sono accorto che con Matt stava facendo la stessa cosa, lo stava "mettendo da parte"... a causa della sua balbuzie. Siamo entrambi... difettosi, capisci? Ci vuole lontani dalla sua vita. Sono venuto qui per questo. Gli ho proposto di tenere Matt a vivere con me, pensavo avrei avuto difficoltà a convincerlo, ma lui non ha fatto una piega, ha subito acconsentito. Non ha lottato per mio fratello neanche per un secondo.

– Mi dispiace tanto, Ethan, – espirò Seri sinceramente addolorato. – Deve essere stata molto dura.

– Non quanto lo è stata per Matt, – ribatté lui, – non mi sono reso conto che con lui mi stavo comportando esattamente come mio padre. Ero infastidito dalla sua fragilità, volevo che reagisse, che la smettesse di soffrirci sopra. E l'ho trattato con la stessa durezza dalla quale avevo cercato di proteggerlo.

Seri aveva immaginato una storia simile, ma sentirla raccontare da Ethan, in prima persona, in quella sconcertante intimità, era a dir poco emozionante. Non poté impedirsi di posargli una mano sul braccio. – Sai a volte penso che dovremmo proprio essere dei "giardinieri" gli uni per gli altri: lavorare assecondando la Natura altrui e non contro di essa. – Gli sorrise, incrociando il suo sguardo riconoscente. – Non essere troppo severo con te stesso. Tutti commettiamo errori.

La sua mano venne raggiunta e avvolta da dita forti e gentili. Una goccia di pioggia gli colpì la fronte facendolo sussultare, mentre la calda voce di Ethan diceva: – Tu sei l'unico errore che non rimpiango di avere fatto. 

Il mio floridaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora