Fortytwo

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Joey si guardò allo specchio, aveva un aspetto orrendo a causa degli sforzi della sera precedente. Si sciacquò il viso con poca attenzione e mugugnò di dolore quando passò la mano sul naso, ferito a causa del pugno di Pepe Iglesias. Aprì un armadietto e prese un cerotto per applicarlo sulla ferita. Gli faceva un sacco male, ma non era la prima volta che prendeva un colpo in pieno viso, poteva quasi dire di essersi abituato. La mano gli si incastrò tra i capelli castani, erano così in disordine che non sarebbe mai riuscito a dargli una sistemata, ormai da tempo aveva rinunciato al tentativo di domarli. Infilò le sneakers colorate e una maglietta corta, dato che gli piaceva si vedessero gli addominali, aveva faticato tanto per quei muscoli. Poi mise anche la sua adorata felpa-gilet e uscì di casa.

Si era dato appuntamento con Ofelia a metà strada tra le loro abitazioni, nel parco in cui si erano conosciuti da bambini. Lei era già lì, su una panchina, braccia conserte e la solita aria imbronciata di quando era costretta a svegliarsi presto. Si sedette anche lui e ricacciò dalla tasca il biglietto con la scritta disordinata, così da rileggere l'ennesima volta l'indirizzo.

Giungere a destinazione fu più semplice di quanto si aspettassero, ma una volta arrivati il pensiero che quel tizio li avesse presi in giro non poté non sfiorare le loro menti. Si ritrovarono infatti al negozio di ciambelle più famoso della città. I tavolini esterni erano pieni di turisti che riempivano di briciole le proprie sciarpe, invidiando coloro che erano riusciti a sedersi dentro il locale, circondati dal tipico aroma zuccheroso e al caldo.

Il vociare rumoroso di tutte quelle lingue diverse e il pensiero che fossero stati imbrogliati fece innervosire ancora di più la ragazza. Aveva già iniziato a borbottare di come si sarebbe vendicata se un giorno avesse incontrato di nuovo quel Rodon, di quanto erano stati ingenui e della sua voglia di tornare a dormire. Sembrava un vecchietto burbero. Joey, seppure fosse deluso, decise che a quel punto potevano almeno prendersi qualcosa da mangiare.

Dovettero aspettare ben venti minuti prima che arrivasse il loro turno e potessero cercare un posto per sedersi. Appena fecero tintinnare la campanella alla porta, qualcuno dalla parte opposta della piccola saletta attirò la loro attenzione. Molta gente si zittì per osservare chi avesse urlato, sovrastando in modo tanto fastidioso il loro parlottare.
«HELLO GUYS! Finalmente siete arrivati, è tutta la mattina che vi aspetto. Dai, ordinate qualcosa, vi abbiamo tenuto il posto!»

Abbiamo? I due si avvicinarono a Rodon, ancora imbarazzati perché alcuni clienti continuavano a fissarli, e videro accanto a lui un biondino palesemente a disagio che stringeva tra le mani pallide una tazza di caffè. Dietro degli spessi occhiali c'erano occhi azzurri e lucenti, e il resto del viso era coperto da una marea di lentiggini. A differenza della loro nuova conoscenza, che continuava a muovere la testa da una parte all'altra facendo oscillare i rasta ingarbugliati, era fermo e pacato.

Un cameriere si avvicinò, senza nascondere di essere molto seccato di dover servire di nuovo quel tavolo, su cui c'erano almeno cinque piattini sporchi di crema.
«Un altro croissant, signore?»
«Of course! Stavolta con il miele!»
L'altro ragazzo abbassò la testa come per nascondersi dentro il maglione, e disse con un sussurro che doveva ancora terminare la sua bevanda. Joey ordinò una ciambella guarnita di marshmallow, Ofelia una cioccolata calda.

Ci fu un silenzio imbarazzante in cui l'unico a sorridere ed essere a proprio agio era Rodon. La ragazza si schiarì la gola e decise che intanto poteva prendersi una piccola rivincita.
«Forse oltre ad un indirizzo avresti anche dovuto darci un orario, non credi?»
«E forse tu dovresti rilassarti un pochino, sweetheart, siamo comunque tutti qui»
Il nomignolo la infastidì parecchio, e a peggiorare la situazione ci si mise anche il suo amico, che le diede un per niente delicato calcio sotto al tavolo per farle capire di non essere scortese.

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