Sweet Dreams

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Accompagnato Beifong al pronto soccorso i tre ritornarono sui propri passi, pronti ad affrontare la sfida della freccia impregnata del male di DIO. Sapevano che sarebbe stato difficile, ma non erano affatto preparati a ciò che avrebbero trovato.

Theodor si risvegliò con la faccia nella sabbia, qualche granello gli era persino entrato in bocca

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Theodor si risvegliò con la faccia nella sabbia, qualche granello gli era persino entrato in bocca. Provò a sbattere più volte le palpebre nella speranza di mettere a fuoco, ma riuscì a malapena a distinguere i suoi occhiali poco più in là. Li raccolse, ansioso di vedere dove fosse stato spedito questa volta, e se gli altri fossero con lui in quella spiaggia.

Girò su se stesso un paio di volte, per poi rimanere a fissare l'orizzonte con la testa inclinata, cercando di capire cosa diamine stesse succedendo: la montagna alle sue spalle era un miscuglio di onde, mentre il mare poco avanti pareva una distesa di cemento.
«È un sogno» fu la prima cosa che constatò, riconoscendo quel particolare effetto di luce soffusa che caratterizzava le fantasie notturne del suo inconscio.

Provò a dirigersi verso il mare solido chiedendosi se, in certe circostanze, avrebbe comunque potuto affermare di star camminando sull'acqua. Ma, quando ci provò, sprofondò in aria cadendo in un cielo di bollicine, che gli frizzarono tutte intorno per poi farlo cadere in un campo di grano. Quel caos non gli piacque per niente.

Le spighe, di un giallo più scuro di quello dei suoi ricci, gli ondeggiavano all'altezza delle ginocchia. L'apparente calma dell'ambiente, soleggiato e tranquillo, con il frinire delle cicale in sottofondo, lo spinse a camminare verso l'unica figura che riusciva a scorgere nella campagna. Eppure, nonostante quella restasse ferma, si faceva sempre più piccola e lontana. Stava camminando all'indietro?

L'iniziale agitazione di non avere perfettamente il controllo della situazione si trasformò in puro panico quando realizzò che, in realtà, era il mondo a scorrere sotto i suoi piedi, e nella direzione opposta di dove voleva andare. Quello non era un sogno, era un incubo! Tutte le certezze stavano vacillando, non aveva idea di come l'ambiente avrebbe reagito alle sue azioni, non poteva analizzare nulla di ciò che lo circondava, si sentiva spaesato e ignorante. Il maglioncino, già pieno di sabbia, iniziò a prudergli ancora di più a causa del sudore, l'aria afosa gli parve pesante come non mai, e per poco non inciampò nel grano. Ma quello, era vero grano? Era un campo? Il Sole era il Sole? Lui era lui?

Non era come quando pensava alle milioni di cose che l'uomo deve ancora scoprire, ai segreti celati dallo spazio, alle specie di animali sconosciute... In quel luogo niente aveva più senso, nemmeno tutte le conoscenze da lui acquisite sulla fisica, la matematica, la scienza potevano essere applicate. Le leggi della vera vita erano state annullate. Era perso. E cadde in un climax ascendente di paure e ansie dovuto al fatto che non capiva più nulla.

Qualcosa gli sbatté dietro la schiena. Si voltò a guardare, temendo di trovare dei corpi la cui accelerazione non fosse direttamente proporzionale alla massa e trovando, invece, una delle sue Stanze. All'interno vide se stesso.

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